martedì 20 febbraio 2018

“Bellissime pagine che scivolano negli occhi”

Massimiliano BardottiI dettagli minori, FaraEditore 2018

recensione di Vincenzo D'Alessio



Il libretto di Massimiliano Bardotti dal titolo I dettagli minori, pubblicato dalle Edizioni Fara di Rimini quest’anno, potrebbe essere utilizzato da un buon maestro di teatro ed essere messo in scena.
Certo come è accaduto per molte opere di teatro, vedi il libretto scritto da Cesare Sterbini dal quale è stato ricavato il famoso Barbiere di Siviglia musicato prima da Paisiello e poi da Rossini, solo gli addetti ai lavori si avventurano alla scoperta dell’autore originario del libretto.
Il nostro autore si è cimentato con undici personaggi, originali, spiando da dietro il sipario la loro sorte, le loro emozioni, l’intervento divino, avvicinandosi molto al maestro Luigi Pirandello dell’opera Sei personaggi in cerca d’autore.
Musicale è la penna che li ritrae quasi guardandoli in uno specchio dal quale emergono i tratti somatici dei prescelti ma anche le miriadi di persone che sfilano sul palcoscenico dell’esistenza intorno a loro.
Giulia è la prescelta. Colei che dialoga con il lettore lasciandogli cogliere tutto il canovaccio della storia, partendo dalla quotidiana impresa della spesa al supermercato (ritorna il mito della Ragazza Carla del poeta Elio Pagliarani, cassiera) giungla di: “(…) Ingannevole biancore accecante / luminosa apparenza delle cose” (pag. 24).
Proprio in questo punto della storica/poetica/ il dettaglio minimo ha i connotati della globalizzazione che continua a distruggere i miti, i meno abbienti, gli eroi del quotidiano. In questo personaggio s’incarna l’essenza del Medioevo (“Il medioevo elettronico”, pag. 38), di ritorno che stiamo consapevolmente vivendo, la sconfitta di quelli che in altri scritti compaiono come i “Vinti” del XXI secolo:

“Qui è tutto in malora. / La donna che piange alla cassa / avrà settant’anni / ha questo sconforto sul volto. / L’abito nero che indossa / dà un senso al supermercato / alla sua luminescenza. / Con modi gentili le fanno violenza. / Le tolgono il cibo davanti ai suoi occhi / i soldi non bastano per quello che ha preso.” (pag. 26).

Il dramma che si consuma da secoli giunge con il suo potente messaggio di disperazione sulle tavole del palcoscenico ideato da Bardotti.
Una scena degna dei più bei film del Neorealismo o della profonda satira dell’indimenticabile Totò.
Invece è la realtà cogente dalla quale la maggior parte si tiene alla larga e che solo i nuovi poveri stanno vivendo insieme ai residenti: gli immigrati.
Quante volte rileggeremo queste pagine autentiche di realtà trasfuse in storia/poesia che l’autore ci pone davanti agli occhi e scopriremo nuovi elementi.
L’ingordigia dei ricchi acuisce lo stato di povertà di quella parte sociale che in tempi non molto distanti da oggi riusciva a far studiare i propri figli e raccoglieva i risparmi per destinarli all’acquisto di una casa: oggi solo disperati sogni: “La folla che attende davanti al supermercato. / È l’apocalisse, Signore. / Orde di predatori senza prede. / Vittime d’ingordigia” (pag. 24).
Il personaggio Giulia invoca spesso l’intervento divino. Lo vorrebbe realizzato nella figura del parroco, purtroppo debole uomo come tanti: “(…) Ci vuole il coraggio degli Angeli per dire addio alle più care creature. Ci vuole la forza di Dio per abbandonarsi all’oblio” (pag. 33).
Bellissime pagine che scivolano negli occhi come se lo spettacolo si verificasse realmente mentre leggiamo. In alcuni punti si coglie la vena poetica che appartiene all’autore della tragedia: “(…) La strada è mezza vuota / ci cammino imbaccuccata / oggi il freddo è nelle vene / tira un vento che fa male” (pag. 15).
La dedica che apre il lavoro recita: ai fantasmi. In realtà è il momento magico della liberazione dalle forze arcane che tengono in vita i personaggi sulla scena e accenna al diario spirituale di un personaggio con il titolo: “Il Dio delle piccole cose” (pag. 51).
La ricca prefazione a quest’opera affidata a Serse Cardellini accende la ribalta invitando il lettore ad attingere alla Storia per eccellenza, sovente dimenticata negli stessi libri di scuola, indicando la genesi dei personaggi attraverso il nome.
Il quesito insoluto, file rouge, che prepara lo spettatore all’avvicendarsi nel Tempo delle esistenze dei personaggi e delle nostre è la domanda: perché siamo nati?
Massimiliano Bardotti lo enuncia attraverso il dialogo interiore di Giulia, la protagonista: “Non ho memoria della nascita. / Ne parlò mia madre un giorno / pioggia fina. / L’ascoltavo cantare quell’impresa / addosso sudore primordiale” (pag. 15).
L’acqua ritorna protagonista dalla nascita al fine vita, consapevoli della nostra debolezza umana recitiamo la nostra parte.

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