mercoledì 31 gennaio 2018

Fiocchi di neve ed eterni ritorni

Intervista di Aurora Zamagni a Giovanna Iorio, autrice di Succede nei paesi e La neve è altrove

                         costellazione assenza


Nel libro Succede nei paesi ripercorri molte delle situazioni legate alla tua infanzia, a quel mondo dai colori a pastello che, col tempo, si tinge di nostalgia. Qual è stata la necessità che ti ha portata a scrivere questa raccolta?

Li ho chiamati gli “eterni ritorni” i miei brevi soggiorni nel paese dove sono cresciuta. Ogni volta che ritorno provo sensazioni contrastanti: tristezza, gioia, impazienza, voglia di restare per sempre, voglia di scappare. Credo che queste emozioni siano evidenti nella raccolta Succede nei paesi. La prima pagina del libro si apre con un ossimoro:
Succede nei paesi che non succede niente. Ma non il niente delle città, un niente differente. 
È il nulla denso di eventi che mi affascina. L'attenzione quotidiana alle piccole cose. Il tempo rallenta, accelera, si accende e si spegne. Non riuscirei a pensare a un paese senza un campanile. Credo che i rintocchi della campana siano il sottofondo sonoro di Succede nei paesi.

Nello stesso libro sono presenti riferimenti scherzosi con i quali prendi in giro la vita di paese e questi coesistono con sprazzi di malinconia, alla fine qual è l’atmosfera prevalente per te? 


Ridere insieme e piangere insieme sono due cose che ho imparato dalla vita in paese. La solitudine nei paesi esiste in assenza di eventi straordinari, felici o tragici, grazie ai quali avvicinarsi. La città è un esempio di solitudine che parte dal non avere la possibilità di piangere e ridere insieme. In Succede nei paesi cerco di trasmettere queste sensazioni grazie alle quali un paese si trasforma in una vera comunità. Interagire, anche se per prendersi in giro, è un aspetto interessante che a volte salva dalla solitudine.

Riesci a ricordare il momento in cui hai capito che la scrittura era la tua strada? 


Avevo un giardino molto bello. I miei genitori lo avevano comprato quando avevo sette o otto anni. Nel giardino avevamo alberi da frutta, pomodori, piante rigogliose, un pozzo e anche un vecchio giardiniere che, affezionato alla terra, aveva accettato di restare per aver cura delle piante. Le prime poesie, i primi racconti li ho scritti in quel bellissimo giardino. E il vecchio giardiniere, che non mi rivolgeva quasi mai la parola, un giorno mi chiese cosa stessi scrivendo. E allora gli lessi una piccola storia, non la ricordo bene, forse parlava del bambino del circo che avevo incontrato a scuola. Comunque lui posò la zappa e si venne a sedere vicino a me. Quando finii di leggere rimase seduto ancora un po' in silenzio e poi finalmente disse: “Ti ringrazio”. Si rialzò e si rimise a lavorare. Mi sembrò una cosa meravigliosa che un adulto, un uomo che tutti temevano perché burbero e di poche parole, mi ringraziasse per la mia storia. Da quel giorno mi diceva sempre: “Quando la scrivi un'altra storia?”. Devo dire che sapere che qualcuno aspetta le mie storie è ancora molto importante. Scrivo per comunicare il mio mondo agli altri. 

Nel libro La neve è altrove vediamo le pagine della tua poesia tradotte in ben sei lingue, perché hai scelto questo metodo per rendere universale il messaggio poetico? 


Ho sempre provato grande interesse e curiosità per la neve. La neve appare nella poesia di tanti autori che amo e dai quali ho imparato l'amore per le parole. L'esagono è la forma di tutti i fiocchi di neve. Ogni fiocco di neve è unico e irripetibile, proprio come ogni essere vivente, e anche come ogni idioma che usiamo per comunicare gli uni con gli altri. Tradurre le poesie in sei lingue è una rappresentazione delle sei piccole piume che formano il fiocco di neve. Inoltre, ogni lingua aggiunge qualcosa all'originale, proprio come l'evento della neve. Strato dopo strato il senso misterioso della neve si manifesta nel mondo.

Qual è la speranza che affidi alle tue poesie? Cosa si può ottenere, ai giorni nostri, dalla scrittura poetica? 


Io spero che le mie poesie possano conservare anche solo un barlume della luce che le ha ispirate. Io sono innamorata delle luce e la mia poesia nasce da visioni di luce. La poesia sta alla vita come la luna alla terra. È una scheggia che si è staccata dal nostro tempo umano, riflette una luce eterna; cresce nell'oscurità, a volte anche alla luce del sole. Infine si fa piena. All'improvviso tramonta, sparisce. E la vita è la sua marea.

1 commento:

Unknown ha detto...

Che bellezza! Ho letto prima di cominciare il mio ormai noiosissimo giorno di lavoro. Sicuramente la cosa più bella che mi succederà oggi! Baci da dove la neve non cade più... Alfredo