lunedì 27 febbraio 2017

News da Adele Desideri

Gentili lettori, segnalo quanto segue:

*Recensione di Giuseppe Marchetti al romanzo di Adele Desideri La figlia della memoria (Moretti&Vitali 2016, prefazione di Davide Rondoni, nota critica di Franco Loi), ne la Gazzetta di Parma, 17 febbraio 2017. 



*La poesia 31 ottobre, Merzò (tratta da Stelle a Merzò, Moretti&Vitali 2013, postfazione di Paolo Lagazzi), tradotta in francese dagli studenti del Master 1-2 Traduction Littéraire et Édition Critique de l'Université Lumière Lyon II, a cura della docente Sandra Bindel, è stata pubblicata in Lichen Revue de poésie, n° 11, février 2017,
http://lichen-poesie.blogspot.it/p/adele-desideri.html , febbraio 2017

*Cinquanta foglie. Tanka giapponesi e italiani in dialogo. A cura di Paolo Lagazzi, traduzioni di Yasuko Matsumoto, Ikuko Sagiyama e Yasuko Tatsumura, tavole di Satoshi Hirose e Daniela Tomerini. (Moretti&Vitali 2016).

Recensione di Ugo Piscopo, ne il Quotidiano del Sud, rubrica La domenica de il Quotidiano, Cultura&Spettacoli, 29 gennaio 2017, pag. 13. 






*Recensione a Carlos Sánchez, Continuerò a cantare, Lìbrati, 2015, in Capoverso, rivista di scritture poetiche, n. 32, luglio-dicembre 2016, Edizioni Alimena – Orizzonti Meridionali, 2016. 



Carlos Sánchez, Continuerò a cantare, Lìbrati, 2015, pag. 133, euro 12

Continuerò a cantare - la più recente raccolta poetica di Carlos Sánchez, come già le precedenti, scritta dall’autore in versione italiana e spagnola - dà voce a un malinconico inno alla vita, e della vita riconosce le fatiche del corpo, gli spasmi delle emozioni, gli afflati dello spirito.
Con un dettato sinuoso - il cui ritmo ricorda quello lento, semplice e complesso al tempo stesso, delle maree - Sánchez affronta i temi critici dell’esistenza, e ne rivela il senso per mezzo di metafore singolari. I versi si snodano docili lungo la pagina, mentre i suoni, i significati, le parole penetrano - quasi dessero forma ad un mantra - nell’animo del lettore.
Sánchez è nato a Buenos Aires nel 1942, è cittadino italiano da molti anni. È stato consulente ed esperto in comunicazione sociale per differenti organismi delle Nazioni Unite e della cooperazione internazionale. Nei suoi libri, i riferimenti alla storia e alla politica sono consistenti.
A volte appaiono tramite la messa in scena di una fotografia (grande passione, e mestiere amato, per Sánchez, la fotografia) che - nei colori ormai sbiaditi e negli orli slabbrati della carta - riconduce alla memoria esperienze, incontri, preziosi dialoghi: “Caro Jurij Gagarin/ quel 12 aprile del 1961/ io festeggiai il tuo nome/ e nella tua foto di motociclista/ - abbastanza ingiallita -/ sento quella vibrazione/ un po’ atea/ di ammirazione/ di immensità.//”.
Altre volte, invece, la riflessione sulle intemperie sociali - mosse dall’ingiustizia e dalla corruzione dilaganti - genera una partitura segnata da morbide cadenze e tonalità soffuse d’amarezza: “No, oggi non canto/ mi pesa la cieca tecnocrazia italiana/ mi morde la giustizialista Argentina/ il fratricidio siriano/ presenziato dalle Nazioni Unite/ mi fa a pezzi l’olocausto di Gaza./ So bene che è solo/ un pezzo piccolo di mondo./ (…)/No, oggi non canto.//”.
Il mal di vivere epocale, infatti, corrode il poeta. Egli è inevitabilmente portato a percepirsi “diverso” rispetto alle miriadi di persone che - incapaci di accorgersi in quale trappola esistenziale il consumismo globalizzato e tecnocratico li ha ingabbiati - credono di essere ricchi e soddisfatti, molto trendy, ma si rifugiano, in realtà, in un vuoto, ingannevole presenzialismo, indotto - nei modi e nelle scansioni orarie - da oscure forze finanziarie internazionali: “Vivo in un mondo folle/ dove la mia pazzia/ passa inosservata/ tra tante pazzie./ Nel manicomio/ le ideologie sono morte/ dicono i dottori/ i laboratori farmaceutici/ producono tranquillanti/ per curare qualsiasi barlume/ di libertà./ Così si calma il sistema/ si democratizza la rassegnazione./ Gli dèi seduti/ in una nuvola immensa/ non si danno pace/ e cercano senza consolazione/ di scoprire/ dove sia stato l’errore.//”.
Sánchez, inoltre, conosce bene la sofferta bipolarità del sentirsi gettati nel mondo, la contraddizione dell’essere carne e spirito, l’antinomia della memoria individuale e collettiva. La lacerazione interiore, insomma, che scuote i cuori davvero sensibili e può soffocare l’esistenza, oppure renderle merito: se “il passato è/ una maledetta droga./”, talvolta è necessario “(…) ammutolire i sentimenti.//”, per potere affrontare ancora le albe - dopo i tramonti. E se alcuni affetti sono perduti, ne resta indelebile la traccia; non ne è svanito il ricordo, con il suo carico di crepuscolare emotività: “Una corda senza nodo/ (…)/ una carezza senza mano/ una resurrezione senza morte./ Così gli amici nuotano/ nel mio bicchiere di vino.//”.
Nemmeno la morte li ha annullati: “con la tua morte Clide/ e altre morti/ che si sono succedute/ fumando una sigaretta/ ti scrivo.//”.
La consolazione della scrittura è una certezza, ma non esime l’autore dalle proprie responsabilità, anche spicciole. Nelle faccende di tutti i giorni, seriali e fastidiose, si cela, per l’artista, una possibile - non duratura - via salvifica di fuga: “La vita che ho scelto/ passeggia per la casa/ accarezza le foto e i libri./ Ogni tanto una piuma nera/ cade sul terrazzo/ sui fiori./ Che voli che voli.//”.
Perché Sánchez è un uomo, un padre, un nonno, un cittadino simile a tanti altri - con una marcia, però, in più, quella della poesia: “Un buon calzolaio/ protegge i suoi attrezzi/ e tratta con saggezza i cuoi/ un buon panettiere/ prepara i suoi ingredienti/ e mette il forno a temperatura/ un buon poeta/ lavora le sue parole/ (…)/ Paga la bolletta della luce/ il telefono/ traffica in cucina/”.
Sánchez è come il vino: gli anni che passano lo rendono sempre più virtuoso. La sua saggezza sa attendere, sa vedere oltre, sa intuire nella disillusione la perla rara, nel dolore il tesoro da non sciupare, nella gioia la pregiata conchiglia, nascosta troppo a lungo nei marini abissi: “La mia gioventù/ è migliorata molto con gli anni/ (…)/ Ogni tanto mi trattengo e guardo/ ho imparato a guardare.//”.
Il sentimento del divino, può essere - forse - una lente di ingrandimento valida per comprendere l’animo dell’uomo: “Un dio vendicatore/ mi accompagna dall’infanzia/ mi vede dove altri non mi vedono/ dove io non mi guardo/ non so a cosa gli serva spiarmi/ se dopo non risponde/ (…)/ Non sarà/ che alla fine/ lui avrà il mio volto?//”.
Eppure, l’enigma dell’infinito, dell’assoluto, del trascendente si manifesta solo nell’effimera e prodigiosa “(…) scoperta dell’istante/ che completa la balbuzie del (…) canto.//”.
Per continuare, comunque, a vivere. Per continuare, appunto, a cantare

Adele Desideri




*Segnalo il corposo volume di Letizia Lanza, Donne e società. Genealogia di genere ai tempi della serenissima, Aracne, 2014.
Ricco di testimonianze antiche e moderne, articolato in due parti e con un intermezzo sullo sguardo maschile, il volume offre, tra luci e ombre, una panoramica ampia e aggiornata della presenza femminile nei lunghi secoli della Serenissima Repubblica.
La prima parte propone uno spaccato della società lagunare nella varietà dei suoi aspetti, continuamente attraversata da donne di ogni età, estrazione, tipologia; la seconda presenta un’affollata galleria di ritratti in cui rifulgono le più autorevoli protagoniste della cultura, dell’arte, della giocondità salottiera.
Un testo fondamentale sulla caleidoscopica venezianità muliebre, dalle lontane origini agli ultimi bagliori del Settecento.


*Link della registrazione della presentazione di Stelle a Merzò di Adele Desideri (Moretti&Vitali 2013, postfazione di Paolo Lagazzi, quarta di copertina di Tomaso Kemeny, disegno di copertina di Daniela Tomerini)
Relatori Paolo Lagazzi, Tomaso Kemeny, Francesco Napoli, Alberto Sinigaglia, Accompagnamento musicale del maestro Emanuele Pegorari
13 novembre 2013, Sala del Grechetto, Palazzo Sormani, via Francesco Sforza 7, Milano
In
https://www.youtube.com/watch?v=lhAS-dabVbo <https://www.youtube.com/watch?v=lhAS-dabVbo> , a cura di Giovanni D’Ammassa


*Infine, last but non list, La Gravidanza della Terra. Antologia di poesia rurale, a cura di Daniela Marcheschi, Olio Officina, 2017
La Gravidanza della Terra è stata allestita con l’intento di riportare sulla campagna l’attenzione dei poeti italiani ed europei: il lettore troverà qui anche versi di autori croati, francesi, portoghesi, rumeni, svedesi e svizzeri. Questa antologia ha cioè inteso proporre loro l’idea di rifare in qualche modo i conti con ciò che, nel Ventunesimo secolo, può essere e significare la vita rurale (…). Mutano i tempi, e i fenomeni sociali ed economici di industrializzazione e post-industrializzazione – nella loro sostanza multiforme e nelle loro conseguenze – si presentano ora in maniera assai più articolata, inconsueta. Ciò vale anche per altri fenomeni e aspetti che, per meri pregiudizi ideologici o pigrizia, sono stati sovente relegati all’ambito di residuo del passato. Ma a torto: è un fatto che oggi il settore agricolo sia in grado di trainare di nuovo l’economia. Ciò impone un ripensamento critico su differenti piani: sociologico, economico, storico o culturale in senso lato. Una simile riflessione la si deve pretendere anche in poesia, che non può ritenersi un giardino chiuso, uno spazio ripiegato esclusivamente su un soggettivismo esasperato, sulle limitate ragioni di un io ipertrofico, pertanto immune dalle lacerazioni o dagli interrogativi dell’esistenza comune e della cultura (…). Abbiamo cercato di stare il più possibile lontani dalle tentazioni dell’idillio, dal richiamo della campagna come rifugio, quasi astorico, per una borghesia che si sente comunque superiore ai contadini o alle classi ancora legate alla terra. Come se oggi la campagna fosse ancora quella di secoli fa, pochissimo o nulla meccanizzata, non industrializzata, quindi sospesa in una dimensione priva di consistenza. Abbiamo tentato di evitare le nostalgie arcadiche, connesse a una vecchia concezione della Storia reputata un Assoluto, con le maiuscole appunto, quindi astrattamente: una Storia che accerchia o annienta la Natura, allo stesso modo considerata un Assoluto (…). Questo non significa sottovalutare le gravi questioni connesse ad esempio alla produzione dei beni alimentai, fatti oggetto di un attacco economicistico senza pari; connesse all’ecologia, all’urgenza di salvaguardare le acque, l’aria, la campagna – il pianeta intero, come casa prima e una dell’essere umano (…). Non a caso La Gravidanza della Terra è un’antologia a tema, la prima del genere rurale in Italia e, forse, non solo. Ampliare il ventaglio degli autori e delle poesie rappresentate ha inteso essere un modo per cedere meglio le molte sfaccettature di una realtà problematica tutta da inventare, scoprire e ricreare. La condivisione di un invito a rimboccarci le maniche e tornare a coltivare la terra fertile delle idee poetiche. Fra tanti, ci sarà sicuramente qualcuno che, nel tracciate il solco, nell’arareil campo, riuscirà appunto a fare cultura nell’accezione originaria della parola: e, così, nuova poesia. (Dalla prefazione di Daniela Marcheschi)

*E poi, ancora, presentazione de La figlia della memoria (Moretti&Vitali 2016, prefazione di Davide Rondoni, nota critica di Franco Loi), presso l’ISIS Andrea Ponti, Piazza Giovine Italia 3, Gallarate, 6 aprile 2017, ore 20.30, a cura di Annitta Di Minneo



Nicola
Barbagia, dicembre 2006

“Il ceppo è il mio maestro. Mi suggerisce
l’ora della potatura, quando la pianta
ancora dorme. A marzo le prime
gemme, ad aprile i grappoli.
A giugno, gli impollinati fioriscono.

È l’allegagione - conosco il mio tempo”.

Gravidanza del contadino - la sua terra.
 
(Adele Desideri, dalla raccolta inedita L’eremo dei pensieri sospesi)


Adele Desideri

sabato 25 febbraio 2017

La festa dei ciliegi

di Subhaga Gaetano Failla
                                                                                                            Al radioso Jiro Taniguchi
nei quartieri lontani

https://it.pinterest.com/benpaquay/jiro-taniguchi/


Soltanto uno zefiro, un alito, e i fiori dei ciliegi, ovunque, volano nell’aria azzurrina. Un passo lento, all’alba, non fa rumore sul sentiero. È il viandante incantato. Il mondo ruota piano piano, una fantasmagoria, e i lunghi capelli ondeggiano appena. I fiori bianchi lasciano scie dorate, fugaci, e profumo di nettare. Il viandante fa un sospiro e il corpo diviene ancora più leggero. La festa dei ciliegi ha scelto un giorno meraviglioso, limpido e pieno di fruscii, musiche che carezzano. Il viandante bisbiglia dentro di sé a-ah! e, come nella storia a fumetti, incontra ai piedi d’un ciliegio una ragazza conosciuta in qualche suo passato. La ragazza dice, parlando dalle pagine di Jiro:  “Sono andata lontano… Mi sono trasferita prima che i fiori di ciliegio sbocciassero. Perciò ho pensato di tornare a rivederli almeno quest’anno.” 
Poi si distende supina, come in un letto che vive, sulla terra morbida di petali, e aggiunge con voce assonnata: “Quand’ero piccola facevo spesso così… e finivo per addormentarmi.” 
Le sue palpebre adesso sono abbassate, la bocca socchiusa, le braccia adagiate, leggermente aperte lungo i fianchi. La testa dai bei capelli corvini sfiora in basso la pelle dell’albero. Oltre i grandi rami, si vede il cielo.

mercoledì 22 febbraio 2017

DI FIATO, D'AMORE E VENTO: il thriller che vi farà innamorare

Edizioni Cinquemarzo è lieta di annunciare
la pubblicazione di Di fiato, d’amore e vento,
un romanzo di Pasquale Capraro



Ferruccio, blogger e socio di una piccola emittente televisiva, vuole sapere cosa si nasconde dietro la morte misteriosa del grande scrittore da lui intervistato e scoprire il contenuto del suo ultimo lavoro incompiuto. Grazie alla collaborazione di un’amica giornalista, scopre l’esistenza di una società segreta risalente a un’antica setta egizia. Inconsapevolmente, la donna sarà il filo conduttore della vicenda e la chiave di accesso per svelare un antico mistero risalente al rito funebre di un faraone della diciottesima dinastia. Ma il destino, si sa, è imprevedibile, come l’amore…

martedì 21 febbraio 2017

Pasolini, Merini, Colonna, Oberti: nuove pillole di Enrica, poeta naif

di Enrica Musio
 
Nel libro Le ceneri di Gramsci scritto da Pier Paolo Pasolini (edito da Garzanti) troviamo dei poemi raccolti dal 1957 anno terribile per la cultura di sinistra, visto attraverso la condanna di Stalin al XX Congresso del partito Comunista, e la drammatica invasione dell’Ungheria. Un libro intriso di discussioni critiche; com’era anche la importante personalità di Pier Paolo Pasolini, oltre che a essere uno scrittore, era un valido regista cinematografico (ricordiamoci di Ragazzi di Vita, Uccellacci e Uccellini, Il Vangelo secondo Matteo). Nel libro troviamo la divaricazione del mondo, tra il mondo intellettuale borghese e il mondo del popolo; e si risolve dal punto estetico e poetico, di differenza potenziale, com’era la creatività pasoliniana, una fiamma di purezza.
Ricordiamo ancora Pier Paolo Pasolini trovato morto ammazzato al Lido di Ostia negli anni
'70, a cui seguirono gli anni di Piombo, le stragi di Ustica, dell’Italicus, del 2 agosto a Bologna (dove perì anche Flavia Casadei di anni 18), le stragi di mafia con la morte di Peppino Impastato, del gen. Dalla Chiesa, di Falcone e Borsellino… e poi Tangentopoli. Un buon libro che ora le nuove generazioni devon leggere, perché la vecchia politica di sinistra non è mai morta: bisogna lottare per i propri ideali, e mai vincere con il potere e il denaro.


Nel libro di poesie scritto da Alda Merini Vuoto d’amore (edito da Einaudi) troviamo testi poetici dove lei stessa ci parla con lucidità benché dentro di lei esistano i fantasmi della pazzia e della follia, di una realtà allucinata che lei ha vinto con fatica, attraverso l’universo della memoria. Un buon libro. 


https://www.faraeditore.it/html/filoversi/ani+ma.html
Nel libro di poesie scritto da Marco Colonna Ani+ma (edito da Fara), troviamo poesie di ritorni di speranza, di presenza, di sofferenza… con la voce sobria, sensibile, attenta dell’autore, carica di passione e di empatia poetica. Versi da assaporare intimamente che richiamano al mistero, al fare i conti con la morte, con il male intorno a noi, attraverso l’abbraccio metafisico. Un buon libro.





https://www.faraeditore.it/html/narrabilando/tempocastagno.htmlIl libro scritto da Franca Oberti Il tempo del castagno (edito da Fara), offre racconti suggestivi, dai temi familiari, gli antichi ricordordi della fanciullezza, le emozioni tenere, un forte desiderio al raccontare il passato, che diventa vitale; qualcosa da tramandare e lasciare ai posteri, storie da rivivere in quanto  storie vere, ma anche mitiche leggende. Un libro che aiuta a riflettere, a crescere, a maturare. Un buon libro.

venerdì 17 febbraio 2017

mercoledì 8 febbraio 2017

Celestina: È possibile abbattere il dolore?

Adalgisa Zanotto, Celestina, FaraEditore 2016


recensione di Vincenzo D’Alessio


https://www.faraeditore.it/html/narrabilando/celestina.html
La raccolta pubblicata dall’Editore Fara di Rimini, opera giunta in finale nel Concorso Faraexcelsior 2016, di Adalgisa Zanotto che reca il titolo Celestina, comprende ben dodici racconti: alcuni già premiati e pubblicati dallo stesso Editore e un inedito dal titolo “Un sole di baci”.
Il motivo conduttore che si stabilisce come trama della scrittura è la possibilità, in questa condivisa esistenza, di abbattere il dolore  e raggiungere il senso pieno della libertà/serenità.

I racconti somigliano molto a delle fiabe, poiché i protagonisti sono sempre esseri umani, realizzate in auree sospese, senza il peso degli oggetti. Il fine ultimo perseguito dall’autrice è raggiungere attraverso i protagonisti la gioia: non quella effimera del possesso quanto quella della completa negazione dell’Io in favore del dare senza chiedere nulla in cambio. Si legga a tal proposito il racconto “La sciarpa rossa” (pag. 28) nel passaggio che segue: “(…) Sono convinto che quelle schegge di parole bisbigliate continueranno ad esistere, per significare esattamente ciò che significano. Come un povero che non ha mangiato da tre giorni e i suoi abiti sono stracciati e così egli apparve davanti al re; ha forse bisogno di dire cosa desidera?”
Il percorso narrativo poggia su esperienze personali maturate nelle attività nelle quali Zanotto è impegnata e qualche pagina di caldo intimo diario.

Sono questi racconti per adulti, per adolescenti, non per bambini, anche se il bambino che è dentro di noi resta turbato dalle sofferenze inferte agli esseri umani dal destino o dall’egoismo dei propri simili (familiari inclusi). Si scopra il racconto dal quale la raccolta prende il titolo: “Celestina” (pag. 47): “(…) Invidiava Leone, il gatto bigio che girava in contrada, perché non si dava cruccio di dimenticare, si risolveva nel presente. Lei invece stava sotto il gran carico del passato, un macigno dover ricordare tutto. S’impegnava sia a dimenticare al momento giusto che a ricordare al tempo giusto, perché ha sempre creduto che nella vita ci vuole l’oblio, come per il suo orto ci vuole non solo la luce, ma anche l’oscurità.”
Lettura, questa, alla quale bisogna concedere attimi di tregua, giuste sospensioni, per assaporare appieno il valore morale, organico, originale, del narrato.

Concordo con l’editore Ramberti quando scrive nella quarta di copertina sul volume: “(…) La penna di Adalgisa Zanotto è fluida, saggia, sa vedere oltre e riscaldare i nostri cuori spesso così provati e sofferenti da cercare rifugio in “soluzioni” effimere o nell’indifferenza. Qui invece, anche nelle situazioni più difficili, ci vengono rivelate quelle fonti nascoste di umanità e fratellanza latenti in ciascuno di noi e capaci di aprire inaspettati cammini di salvezza. ”

Il nome ricorrente in questi racconti è Lucia. Come a indicare al lettore di guardare con gli occhi del cuore, quelli giusti, per iniziare ogni vita. Si avverte nella scrittura la presenza ricorrente della similitudine, indice che la poesia non è nuova nelle mani dell’autrice v. Goccia: “Come si chiama il giorno quando non ci sono /  Chi sono quando guardo il presente dal passato /  Riconosco l’istante miracoloso del presente /  Prigioniera del tempo /  Ho bisogno di una goccia ogni giorno /  La cercherò, piano, nella vita attorno / Sono acqua che scorre. Irraggiungibile” (pag. 54).

martedì 7 febbraio 2017

Possente

Alex Celli, Chicken Breast
recensione di Giovanni Antonini


“Io sono un ballerino” urlava “io sono un ballerino” esclamava “io sono un ballerino”. C’era una volta un cinquantenne che amava ballare, ma che ormai era diventato troppo vecchio e quindi aveva perso la felicità. La sua vita era diventata una continua sbronza, perché si sentiva una nullità. Una volta sapeva ballare, ed era il migliore, poi passa il tempo e i muscoli non sono più gli stessi e così diventa un perdente, un fallito. Ma all’improvviso, una sera, il destino decide di intervenire: un supereroe, con il mantello, la cresta, la maschera, un super Pollo, anzi scusate, un Super Petto di Pollo. Un pazzo, un matto, un idiota (forse sono stato un po’ cattivo), travestito da pollo, che rende la sua esistenza una lotta alla giustizia. (Attenzione vi chiedo di continuare a leggere perché ci sarà una sorpresa, non è una scemenza). Un ragazzo di 22 anni, che ama i fumetti, ama i supereroi, che crede nella giustizia sociale, nei diritti che tutti possiedono, che va oltre la mediocrità di una vita falsa, di una vita basata solo su finzioni, menzogne. Crede in un cambiamento, crede nella possibilità che gli è stata data di fare qualcosa. Non si ferma alla malattia della società, perché sa che la vita deve essere vissuta in pieno. Non puoi fermarti, essere un oggetto, hai il bisogno di vivere, di essere il protagonista. Ecco appunto Alex, Chicken Breast, Petto di Pollo, capisce la missione della vita e per questo è ritenuto pazzo dagli altri; è pazzo perché dverso, perché non si ferma come gli altri alla vita passiva. Ora torniamo al ballerino. Chicken Breast lo ridimensiona, gli fa capire che l’importante non è il giudizio degli altri, che non ci si può bloccare al pensiero di un giudizio esterno. Non ha senso fermarsi prima di fare; non puoi non fare per paura; devi avere il coraggio di essere quel che sei, andare contro alla moda, vivere appieno la tua vita. Ecco che il ballerino decise, dopo aver parlato con Chicken Breast, di provare a fare un provino per un lavoro, un provino dove c’erano i migliori ballerini del momento. Per conquistare il posto di lavoro doveva affrontare ragazzi molto più giovani di lui, doveva battersi, vincere.



Alex è un po’ pazzo, nettamente. È un ragazzo però che crede veramente in quello che fa e solo per questo deve essere applaudito e riconosciuto. Alex decide di cambiare vita, di non fare più il normale lavoro, ma sceglie di essere qualcuno. “È immensamente triste una giovinezza senza la passione per le altezze” diceva Alberto Marvelli, un ragazzo vissuto a Rimini durante la guerra. Credo che Alex si rifaccia proprio a questo ideale: vivere per gli altri, essere qualcuno che possa aiutare gli altri, combattere per gli altri.  




Un libro fantastico, meraviglioso, semplice, ma nella sua semplicità eterno, profondo, un libro che leggi e dal quale rimani sbalordito. Un libro che ti fa riflettere, che ti ferma e ti fa pensare, un libro che ti rende partecipe della tua vita, un gran bel libro!


giovedì 2 febbraio 2017

Letture da Hong Kong: “Non esiste niente di più terribile ed estenuante della felicità”

http://narrabilando.blogspot.hk/2016/12/celestina-la-riscoperta-dei-sentimenti.html
Celestina di Adalgisa Zanotto






Recensione/commento di Gianni Criveller


Celestina, di Adalgisa Zanotto
Fara, Rimini 2016


La raccolta di Adalgisa Zanotto di 12 racconti brevi è stata finalista al concorso Faraexcelsior 2016. Le narrazioni non hanno un tema comune; sono quasi sempre in prima persona, anche se non appaiono, esplicitamente, come racconti autobiografici.

Il racconto che mi ha più colpito ed emozionato è intitolato La fotografia. Una vecchia fotografia della mamma, trovata per caso, suscita un crescendo di pensieri e domande. La mamma assume una dimensione nuova. Smette i panni di semplice madre, e ritorna ad essere una donna, una ragazza, un’innamorata che ha una vita sua, prima e indipendente dalla figlia. Sono emozioni minime, ma sincere, commoventi, convincenti.

Mi ci sono ritrovato: anni fa ho scritto un libro su mio padre (e mia madre). Nel lavoro di ricerca ho trovato antiche fotografie a cui ho fatto tante domande. In casa di parenti mi sono imbattuto in due piccole foto di una ragazza molto bella. “Chi è”? “Ma è tua madre!”, mi hanno risposto stupiti. A casa nostra quelle foto non erano mai arrivate. E neanche mamma non le aveva mai viste, ma si ricordava, ora che le vedeva dopo quasi 70 anni, di quando erano state scattate e da chi. Conosco, insomma, la cascata di emozioni suscitate da una foto antica che irrompe a distanza di molti anni.

La foto ritrovata dalla scrittrice Zanotto non è una fotografia qualsiasi; e non ritrae un giorno qualsiasi. “Il colore seppia della stampa è sbiadito, ma è chiaro lo sguardo gentile di mamma, pare trattenere una gran gioia... In questa foto lascia intuire un garbo mondano, una sprezzatura squisita, una grazia inafferrabile…”. Quella foto pare contenere un piccolo segreto, che nell’emozione curiosa della figlia diventa un piccolo mistero. Narra di un viaggio a Venezia tenuto, di proposito, nascosto: “perché il papà ha conservato gelosamente per sé questa foto?”. Forse la mamma era riuscita a sottrarsi, per una volta, ai severi divieti di casa sua. Si tratta di una coraggiosa fuga di due giovani fidanzati?  Una foto fa rivivere una persona, una intera vita, dandole una prospettiva nuova. “Ho avuto un soprassalto nel vederla come se fosse viva e mi ricordasse che una persona muore se passa il tempo a coltivare solo sé stessa.” La mamma ha donato la vita per gli altri; per se stessa ha riservato, forse, solo una gita clandestina a Venezia. È lì ha sperimentato un momento di vera felicità. “Lei voleva essere felice, sebbene sapesse che non esiste niente di più terribile ed estenuante della felicità.” È questa una frase davvero impressionante, coraggiosa e anche un po’ inquietante. Una perla che merita da sola un premio.    

I racconti di questo libretto toccano temi del nostro tempo, come quello della disabilità e della malattia; dell’anzianità; delle giovani donne che lasciano la loro terra per servire come badanti nelle case italiane; della tragica morte di molte donne, uomini e bambini nel Mediterraneo. In La sciarpa rossa Selam appartiene “a quelli esclusi a priori, a quelli che partecipavano alla corsa della vita perdenti già prima della gara”. Ma non c’è né moralismo né politica. C’è piuttosto la restituzione, in stile manzoniano oserei dire, di dignità alle vicende degli umili. Le loro epopee minori di cui sono gli eroi senza menzione e senza gloria, sono descritte con uno stile piano, diretto, verosimile e partecipativo.

C’è una grande cura dei dettagli, delle piccole cose, che se osservate con attenzione affettiva dicono moltissimo. Angela, una giovane moldava, “si gira come per proteggere gelosamente quel pianto e s’avvicina alla finestra che dà sulla campagna”. Quanta dignità in questa commozione discreta. Mi ha fatto pensare alle domeniche che trascorro, qui a Hong Kong da cui scrivo queste righe, in compagnia di giovani donne filippine. Hanno lasciato figli, fidanzati e mariti, genitori e fratelli per guadagnare, nell’anonimato di questa metropoli, un difficile e amaro riscatto economico. So per certo che quelle giovani donne, costrette ad una vita d’esilio proprio nei loro anni più belli, sono migliori dei loro ricchi e spesso insensibili datori di lavoro.

Ritrovo sensazioni simili leggendo il racconto intitolato Celestina, che dà titolo alla raccolta. Lo stato d’animo affranto di lei è descritto con un efficace linguaggio corporale: “Un velo di tristezza le avvolgeva gli occhi, le spalle, il cuore, poi giù le gambe e persino i piedi. Sì, sentiva i piedi tristi e sempre freddi.” Che bella e densa di riflessione l’osservazione che Celestina “doveva accettare di dimenticare per poter proseguire il viaggio della vita”.

Ci sono storie di amicizia, l’amicizia forte che mitiga e cura le solitudini della vita. Mi sono molto piaciuti i riferimenti alla natura, alle stagioni, al lavoro dei contadini. Cose che ho sperimentato in prima persona da bambino. Conosco quel mondo che ormai non c’è più. I racconti di Adalgisa hanno uno sfondo malinconico, ma mai melodrammatico. Si mantengono aderenti alla vita, al tono dei suoi piccoli protagonisti, e trasmettono speranza. Solo in un paio d’occasioni l’autrice di distacca dalla linea d’oro della semplicità e della piana verosimiglianza, mettendo in bocca ai suoi protagonisti dialoghi fin troppo elaborati e dunque meno veri. E anche la trasparente citazione di Etty Hillesum mi sembra un po’ fuori contesto (pagina 55). 

Desidero concludere con un’altra piccola perla circa la felicità, un tema evidentemente caro, che l’autrice svolge con tratti originali: “Una vita di felicità è quanto ho sempre desiderato. Ma dove l’ho conosciuta per desiderala così tanto? Dove l’ho vista per esserne così attratta? Ora raccolgo le sue briciole. Me le consegna chi mi sta vicino.” 



Simone Weil: http://sundayex.catholic.org.hk/node/3897
Etty Hillesum: http://sundayex.catholic.org.hk/node/1819
Blog letterari
https://samgha.me/category/speciali/i-libri-parlano-con-piu-persone/
http://beyondthirtynine.com/category/all-posts/beyond-thirty-nine-sections/gianni-
http://www.mondoemissione.it/author/gianni-criveller/
Website
http://www.giannicriveller.com


Ex voto: tra arte e devozione







L’apparenza, si sa, a volte inganna.
Quando ci troviamo di fronte agli ex voto, ad esempio, è quasi irresistibile per noi la tentazione di considerarli un’espressione ingenua e spontanea di fede e devozione.
Se, tuttavia, ci fermassimo qualche istante in più ad osservarli potremmo forse cogliere alcune particolarità che, come fossero indizi, rimandano alla complessa ed articolata natura del fenomeno votivo.
Una gita giornaliera al santuario di Montespineto, a Serravalle Scrivia, potrà rivelarsi illuminante a tal proposito.
Nelle sale adibite a museo sono collocati numerosi ex voto realizzati in svariati materiali e differenti tecniche (carta, legno, lamiera, tessuto, plastica, ceramica).
In alcuni casi si tratta infatti di ex voto dipinti, in altri di ricami, in altri di fotografie, in altri ancora di oggetti donati dai fedeli come ringraziamento per una guarigione miracolosa o una disgrazia sventata.
La consapevolezza che qualsiasi oggetto possa essere, potenzialmente, un ex voto costituisce il primo passo per esplorare la storia antichissima di questa particolare categoria di manufatti che gli uomini hanno donato alle divinità fin dall’antichità.
Con la diffusione del Cristianesimo le medesime offerte che venivano presentate agli dei greci o romani furono poste dinnanzi agli altari dedicati ai santi o alla Vergine: un “passaggio di consegne” che non mancò di suscitare timore di derive superstiziose da parte della Chiesa Cattolica (soprattutto in relazione agli ex voto oggettuali ed anatomici) e che fu oggetto di discussione anche durante il periodo della Controriforma.
Nonostante queste perplessità, gli ex voto sopravvissero e continuarono ad essere realizzati e donati fino ai giorni nostri.
Essi costituiscono una testimonianza fondamentale dell’evoluzione non solo delle forme di devozione ma anche della nostra cultura.
Negli ex voto dipinti possiamo osservare infatti i cambiamenti avvenuti nella collettività, nei rapporti tra le classi sociali, nella scienza medica e nei sistemi di trasporto, senza dimenticare le numerose informazioni che possiamo trarre sulla nascita e sullo sviluppo di nuove professioni o sulla mancanza di sicurezza sul luogo di lavoro (causa di innumerevoli incidenti).
Ciò che non si deve tuttavia dimenticare è che dietro ad ogni immagine votiva, e più in generale ad ogni ex voto, si cela una lunga tradizione, un codice figurativo ben preciso a cui si dovevano attenere gli artisti specializzati in questo settore, una ricca simbologia andatasi formando nel corso dei secoli e, naturalmente, una profonda e sentita devozione che accomuna fedeli di qualsiasi provenienza ed estrazione sociale.