lunedì 30 gennaio 2017

Prospettive diverse

Tullio Bugari, La tenda rossa viaggio nell’altrove
recensione di Giovanni Antonini




La storia sta alla base della vita. Non si può pensare all’oggi senza aver chiaro da dove veniamo. Sempre più spesso si sente parlare della storia come testimonianza del passato, come verità da ascoltare, da seguire, per far sì che l’uomo non commetta più le orribili gesta remote, affinché invece possa riproporre ciò che è stato amato e considerato giusto. Un passato come fondamento del presente, un passato come istruttore di vita, un passato come condottiero di verità. Un passato dal quale anche i bambini devono trovare gli spunti, capire il senso, sempre e comunque guardando dalla loro prospettiva. Una prospettiva diversa, più “bassa”, che vede con occhi speciali il mondo. La chiave di volta per avvicinare il bambino alla scoperta del passato è stuzzicarlo, trovare qualcosa per la quale lui sia disposto a mettersi in gioco. Tullio Bugari con il suo racconto riesce in questo intento. Riesce a far scoprire il passato a suo figlio. Ci riesce grazie alle sue abilità creative, fantasiose, innovative. Ha il potere di intrappolare il lettore nel suo racconto così come ha fatto con il suo bambino. Ha spiegato la scoperta del Polo Nord da parte degli italiani con il dirigibile Italia attraverso una favola nella quale però non mancano in alcun modo riferimenti reali, storici. Robinson è un bambino che si ritrova immerso nell’avventura dell’italiano Umberto Nobile, accompagnato dall’esploratore norvegese Roald Amundsen e dal finanziere statunitense Lincoln Ellsworth, avventura del 1928 sul dirigibile Italia, che si schiantò durante il viaggio di ritorno sulla banchisa polare. E a causa di questo terribile incidente per la prima volta partì una missione internazionale di soccorso. In questa storia si immerge una scuola elementare: i bambini si ritrovano protagonisti del soccorso dei naufraghi del dirigibile Italia. Storia nella storia; storia fantastica nella storia vera. Tullio Bugari riesce a creare un racconto di immensa creatività, unicità e coesione tra la realtà e la fantasia. Basandosi su questo modello si può insegnare ai bambini e ai ragazzi la Storia senza dover essere noiosi, immergendoli nel loro habitat, quello delle favole, dei racconti, così da renderli partecipi di un mondo ancora troppo grande per loro.
Ritengo che nella storia raccontata da Tullio Bugari sia presente anche un’altra verità: non solamente i grandi insegnano ai piccoli, ma anche i piccoli insegnano ai grandi. L’ombelico è un esempio puntuale. Certamente viene raccontata in modo giocoso la vicenda del periscopio, ma al suo interno è presente una straordinaria verità. Robin Williams insegnava ai suoi studenti nel film L’attimo fuggente di fermarsi un attimo, guardare il mondo da un’altra prospettiva, non limitarsi a vedere solo dal proprio punto di vista. Robinson fa lo stesso: insegna al suo Direttore a guardare da un punto di vista più basso, dall’altezza di un bambino, così da poter vedere la realtà in modo diverso. Grazie a questo racconto, ogni lettore bambino capirà la Storia, si meraviglierà e rimarrà catturato dagli avvincenti colpi di scena. Mentre, contemporaneamente, ogni lettore adulto verrà spinto a riflettere su molti aspetti della vita umana e soprattutto sulla grandiosa potenza della vista e sull’importanza della prospettiva. Un libro completo, un libro per tutti…



giovedì 26 gennaio 2017

Il ministro DARIO FRANCESCHINI interviene al TourismA 2017

26 gennaio 2017

Il ministro DARIO FRANCESCHINI interviene al TourismA 2017 sabato
18 febbraio ore 11:00 nel grande auditorium del Palacongressi di Firenze
per la consegna a PIERO ANGELA del Premio speciale “R. Francovich”
dedicato alla comunicazione scientifica.
Alla cerimonia che vede protagonista il popolare conduttore televisivo
è presente GIULIANO VOLPE, presidente del Consiglio Superiore dei Beni
Culturali e della Società Archeologi Medievisti Italiani che promuove
il prestigioso riconoscimento. Il Premio ordinario viene invece
assegnato alle Catacombe di Napoli e all’Area archeologica di Santa
Maria di Siponto come migliori siti d’interesse medievale.
Vedi: www.tourisma.it/955-2

Inaugurazione di “tourismA 2017” giovedì 16 febbraio ore 20:45 nel
Salone de’ Cinquecento di Palazzo Vecchio.
Intervengono: il sindaco DARIO NARDELLA, il soprintendente ANDREA
PESSINA, il direttore PIERO PRUNETI. Una lectio magistralis su
“Firenze ai tempi di Dante” viene tenuta da FRANCO CARDINI che
nell’occasione riceve il Premio speciale “R. Francovich” per la
divulgazione del medioevo.
Vedi: http://www.tourisma.it/programma-2017

Per tutta la durata di “tourismA 2017” sarà visitabile la copia in
scala 1:1 della camera funeraria di TUTANKHAMON, mentre venerdì mattina
si terrà il convegno “Omaggio a Tutantakhamon” con la
partecipazione di ZAHI HAWASS.
Vedi: www.tourisma.it/omaggio-a-tutankhamon

Trenta convegni e sette laboratori didattici animano i tre giorni di
“tourismA 2017”, insieme a quasi cento stand e spazi espositivi di
enti turistici e culturali.
CONSULTARE PROGRAMMA AGGIORNATO con date e orari.
Vedi: www.tourisma.it/programma-2017

Chi deve soggiornare a Firenze nei giorni di “tourismA 2017” può
consultare la lista degli HOTEL CONVENZIONATI.
Vedi: www.tourisma.it/hotel-convenzionati

Ingresso sempre libero e gratuito
Info: 055.5062302
www.tourisma.it
info@tourisma.it
Organizzazione e Segretria organizzativa:
Archeologia Viva Via Bolognese 165, 50139 Firenze
Tel: +39 055 5062302

UNA LUCE OLTRE L'ORIZZONTE





Le parole si rispecchiano nella vita. Ogni significato va interpretato, e questo è, per me, l’aspetto più interessante e meraviglioso dell’esistenza umana. Ad ogni parola si può dare un senso speciale, un valore che forse altri non avrebbero nemmeno immaginato. Questo è il potere della lettura, questo è il potere dato a tutti noi, mentre leggiamo, immaginiamo, meditiamo, riflettiamo. Francesco Di Sibio lascia spazio alla creatività di ciascun suo lettore:  ; (punto e virgola); un titolo originale, diverso dal solito, che provoca una domanda all’interno del lettore: Perché? Forse era questo l’intento di Francesco Di Sibio, trasmettere dubbio, incertezze, affinché lo spettatore, incuriosito, si spinga all’interno dei vari racconti e trovi la risposta alla sua domanda iniziale. Sono convinto che nella mente dell’autore sia presente il vero significato del punto e virgola,  ma contemporaneamente ogni lettore ha la libertà di stabilire un suo proprio significato. È questa la potenza della letteratura, è questo il potere della cultura. ; è un libro con uno stile semplice, lineare, che accompagna il lettore, che lo raccoglie per strada e lo porta a Frigento, paese irpino dove sono ambientati tutti i racconti: storie di persone comuni, senza alcun tipo di specialità, solamente, anzi, essenzialmente persone. Un padre di famiglia che per vivere e nutrire i figli, fin da quando era giovane coltivò il suo talento artistico, il suo essere una cabarettista. Grazie alla sua grande abilità è riconosciuto da tutti come il migliore, entrando addirittura in uno studio televisivo, ma la vita è, e rimarrà per sempre, un mistero, un mistero affascinante, prezioso, alle volte anche amarognolo… Francesco Di Sibio dona al suo lettore sette racconti, che da alcuni potrebbero essere anche chiamati favole; favole quotidiane, favole di vita, favole di umanità! Anche l’umanità di un uccellino è strabiliante, perché dove c’è un pensiero, una riflessione lì è presente la vita. Un uccellino si ritrova a vestire i panni del protagonista e il lettore viene immerso nel mondo di questo volatile senza che neanche se ne accorga. Una signora che insieme a suo marito cerca disperatamente per tutto il mondo un vino, il vino bevuto da suo padre, un vino che solo una volta avevano assaggiato ma del quale era loro rimasta una traccia indelebile. E così chi legge si ritrova a cercare insieme alla coppia il vino, cercando con loro ogni indizio, suggerimento per arrivare alla meta. Questo è il potere della letteratura: il rimanere immersi in prima persona nel racconto, sentendosi dei personaggi che si muovono all’interno della storia, accompagnando i protagonisti creati dalla mano di Francesco Di Sibio. Ora, grazie a ; questo è possibile, basta aprire la prima pagina ed entrare…

Il Minosse di Rosamaria Rita Lombardo al TourismA 2017, nel catalogo di Arbor Sapientiae


Firenze 17-19 febbraio 2017

http://www.faraeditore.it/nefesh/dimorare.html
 
Il grande appuntamento di TourismA 2017 si avvicina, mentre il programma si arricchisce di sempre nuove proposte. Sono ormai ventisei i momenti congressuali, incentrati su una grande varietà di temi che vanno dalla PREISTORIA D’ITALIA all’età di Dante, passando per l’antico EGITTO, ETRUSCHI, GRECI, ROMANI, LONGOBARDI, CIVILTÀ ANATOLICHE, POPOLI PRECOLOMBIANI… E poi ARCHEOSOCIAL, DIGITAL STORYTELLING, la Sicilia fra SICULI e MONTALBANO, la NUMISMATICA. Consigliamo di consultare l'intero PROGRAMMA AGGIORNATO.

E venerdì 17 febbraio pomeriggio un evento eccezionale: PIERO ANGELA interverrà nel grande auditorium del Palacongressi in apertura del XIII INCONTRO NAZIONALE DI ARCHEOLOGIA VIVA per incontrare il pubblico di TourismA 2017 e ritirare il Premio speciale “R Francovich” attribuitogli dalla Società degli Archeologi Medievisti Italiani.

Saranno attivi ben sette LABORATORI DIDATTICI e si potrà visitare la CAMERA FUNERARIA DI TUTANKHAMON perfettamente ricostruita. Al convegno IL FARAONE E L’EGITTO interverrà ZAHI HAWASS. La sconfitta dei Romani a Teutoburgo sarà ricordata da VALERIO MASSIMO MANFREDI mentre MILJENKO DOMIJAN ripercorrerà l’incredibile vicenda del “Bronzo di Lussino”. TourismA 2017 si concluderà con ALBERTO ANGELA che ci proporrà la storia leonardesca della “Gioconda”.

Ad arricchire le proposte del TURISMO ARCHEOLOGICO e dei VIAGGI DI CULTURA di particolare interesse, oltre a quelle italiane, sono le presenze espositive estere di EGITTO, CROAZIA, GIORDANIA e CIPRO che finora hanno aderito a TourismA 2017. Partecipa al concorso DIGITAL STORYTELLING CONTEST e vinci TourismA 2017. 

Ingresso sempre libero e gratuito
Per soggiornare a Firenze consigliamo di prenotare per tempo presso i nostri HOTEL CONVENZIONATI 
https://www.tourisma.it
https://www.facebook.com/tourisma2017
https://twitter.com/tourismA17

Organizzazione e Segretria organizzativa:

Archeologia Viva Via Bolognese 165, 50139 Firenze
Tel: +39 055 5062302 | info@tourisma.it | www.tourisma.it

mercoledì 25 gennaio 2017

MORIVAMO DI FREDDO: dopo il digitale, arriva il cartaceo


La Durango Edizioni è lieta di annunciare
la pubblicazione in versione cartacea,
per la collana R.I.D., di
Morivamo di freddo,
un romanzo di Rosalia Messina




Mauro e Sandra, Guido e Loredana. Quattro amici, due coppie.
Attraverso due tragedie e con il passare del tempo scopriranno che nessuno di loro conosceva davvero gli altri. Enrico, il figlio di Mauro e Sandra, si è costruito una vita al riparo da scosse emotive. Gli attacchi di panico e la necessità di prendersene cura metteranno a dura prova le sue solide protezioni.
Rosalia Messina racconta le vicissitudini del dolore lungo due generazioni sotto il cielo color ardesia di Catania.

8° CORCORSO LETTERARIO "CITTÀ DI GROTTAMARE" scadenza 31 gennaio 2017


vi invitiamo a partecipare a



Art. 1 – Il concorso letterario è aperto a tutti gli autori italiani e stranieri che, alla scadenza del presente bando, abbiano compiuto il 18° anno di età, e si articola nelle seguenti sezioni:
Sez. APoesia inedita in lingua italiana a tema libero;
Sez. BPoesia inedita in vernacolo a tema libero.
Sez. C–Racconto/Saggio breve inedito a tema libero.
Sez. D–Libro edito di poesia, narrativa, saggio.
(Pubblicato dal gennaio 2010 al 31 gennaio 2017)

Art. 2 – Ogni autore può inviare una o più poesie (fino a un massimo di cinque) per le sezioni A e B, ed uno o più racconti/saggi (fino a un massimo di quattro) per la sezione C. Per la Sez. D-LIBRO EDITO potrà partecipare con massimo 4 libri.

Le poesie saranno preferibilmente non eccedenti 50 versi. I racconti e i saggi non devono superare i 5 FOGLI CON SPAZIATURA NORMALE E CARATTERE 12 TIMES NEW ROMAN. Le poesie dialettali devono essere accompagnate dalla traduzione italiana. Le poesie in lingua, in dialetto e i racconti/saggi brevi, dovranno essere inviati in numero di cinque copie anonime senza alcun segno di riconoscimento, all’indirizzo di cui al successivo art.4.
Per quanto riguarda il LIBRO EDITO: si dovranno inviare TRE copie dello stesso.

Art. 3 – Assieme alle copie delle sue opere, il concorrente dovrà inserire una busta chiusa, contenente, oltre i titoli delle opere inviate al concorso, i dati dell’Autore: nome, cognome, indirizzo, telefono fisso, cellulare, indirizzo e-mail e un eventuale breve curriculum. Inoltre, nella stessa busta deve essere inserita una dichiarazione dell’Autore che le opere sono inedite (PER LE SEZIONI: A-B-C) e di propria creatività.
Si può partecipare a tutte le suddette sezioni.


Art. 4 – I partecipanti devono far pervenire le proprie opere esclusivamente tramite posta al seguente
indirizzo: Associazione “Pelasgo 968”http://www.pelasgo968.it/http://www.pelasgo968.it/ – Via Romagna, 10 – 63066 GROTTAMMARE (AP) entro e non
oltre il giorno: 31 gennaio 2017.
Per informazioni potete visitare il sito web:
www.pelasgo968.it, oppure contattare il responsabile del concorso, Dr. Giuseppe Gabrielli, al n.
393.0022768, o inviare una mail all’indirizzo di posta elettronica:
Ogni autore è responsabile dell’originalità delle opere inviate e del loro contenuto.

il regolamento prosegue sul questo sito

PREMIO PIEMONTE LETTERATURA - Scadenza 2 febbraio 2017


vi invitiamo a partecipare a 
Premio Piemonte Letteratura - XXIV Edizione



ARTICOLO 1 – FINALITA’. Il Centro Studi Cultura e Società promuove la XXIV Edizione del concorso letterario nazionale Premio Piemonte Letteratura. Il concorso persegue gli obiettivi di promuovere e valorizzare la poesia e la narrativa di qualità e di rafforzare il senso di appartenenza al proprio territorio, pur nella pluralità delle espressioni culturali.

ARTICOLO 2 – TERMINE DI SCADENZA. Le opere vanno inviate al Centro Studi Cultura e Società, attenendosi alle modalità definite nei successivi articoli, entro il 2  febbraio 2017. In ogni caso fa fede la data del timbro postale per le spedizioni effettuate con posta ordinaria e della mail per quelle inviate con posta elettronica. Le opere inviate non saranno restituite.

ARTICOLO 3 – SEZIONI DEL PREMIO. Le sezioni del Premio sono le seguenti:
A) Poesia a Tema Libero; B) Narrativa breve a Tema Libero; C) Poesia su Identità e Territorio; D) Narrativa breve su Identità e Territorio; E) Tesi di Laurea; F) Poesia Studenti del Piemonte su Identità e Territorio

ARTICOLO 4 – SEZIONI POESIA E NARRATIVA BREVE (A; B; C; D)
La partecipazione è libera, senza limiti di età. Si può partecipare anche a tutte le sezioni.
La quota di partecipazione è progressiva rispetto al numero di opere. Ammonta a 10 euro per una sola opera, a cui vanno aggiunti 5 euro per ogni ulteriore opera fino a massimo consentito di sette opere complessive, sia edite che inedite, di cui non più di tre in una stessa sezione
A)Poesia a Tema Libero. Nessun vincolo di contenuto. Libertà di stile e di metrica. Massimo 50 versi ogni poesia. Testi in lingua italiana
B)Narrativa breve a Tema Libero. Nessun vincolo di contenuto. Libertà di stile e di tecnica espressiva. Rientrano in questa sezione: Racconto, Fiaba, Dialogo; Lettera, Pagine di Diario ed ogni altra forma di narrazione. Massimo 10000 (diecimila) battute (compresi spazi) ogni testo.
C)Poesia su Identità e Territorio. Il contenuto è a tema ed è riferito ai valori ed alle emozioni riconducibili al senso di appartenenza ad un territorio, ad una comunità, ad un paese, sia esso quello in cui si vive o quello di origine. Libertà di stile e di metrica. Massimo 50 versi ogni poesia. I testi, oltre che in lingua italiana, possono essere presentati in un dialetto italiano ed in qualsiasi lingua, purché con traduzione. Per tali testi è richiesta la spedizione elettronica
D)Narrativa breve su Identità e Territorio. Il contenuto è a tema ed è riferito ai valori ed alle emozioni riconducibili al senso di appartenenza ad un territorio, ad una comunità, ad un paese, sia esso quello in cui si vive o quello di origine.. Libertà di stile e di tecnica espressiva. Rientrano in questa sezione: Racconto, Fiaba, Dialogo; Lettera, Pagine di Diario ed ogni altra forma di narrazione. Massimo 10000 (diecimila) battute (compresi gli spazi) ogni testo.

il regolamento continua nel sito del Centro Studi Cultura e Società

CONCORSO CITTÀ DI PONTREMOLI - Scadenza 30 gennaio 2017


vi invitiamo a partecipare al







Sezione Poesia Edita: si partecipa inviando un volume di poesia edito negli ultimi 10 anni, in tre copie, di cui una con nome, cognome, indirizzo, recapito telefonico ed eventuale e-mail.
Sezione Poesia Inedita: si partecipa inviando max 5 poesie inedite, in quattro copie, di cui una con nome, cognome, indirizzo, recapito telefonico ed eventuale e-mail.

Sezione Narrativa Edita: si partecipa inviando un volume di narrativa (romanzo, saggio, raccolta di racconti, narrativa per ragazzi) edito negli ultimi 10 anni, in tre copie, di cui una con nome, cognome, indirizzo, recapito telefonico ed eventuale e-mail.

Sezione Narrativa Inedita: si partecipa inviando un testo inedito (romanzo, saggio, raccolta di racconti, narrativa per ragazzi), in quattro copie, di cui una con nome, cognome, indirizzo, recapito telefonico ed eventuale e-mail.











CONCORSO LETTERARIO NAZIONALE NAVIGLIO MARTESANA - Scadenza 20/01/2017



vi presentiamo la 7° edizione del







Le composizioni saranno dattiloscritte su fogli A4, in 3 copie, delle quali una soltanto dovrà essere corredata di nome, cognome, indirizzo, numeri telefonici, e-mail. Su ciascuna copia i concorrenti devono specificare, in alto a destra, la sigla relativa al tema cui concorrono (es. A1 per il 1° tema - poesie). Si può concorrere per più temi. l Il concorso è gratuito. A sostegno dei rapporti postali con i concorrenti è gradito l’invio di francobolli a mezzo posta a:

Circolo Letterario Naviglio Martesana, Via Grandi 10 - 20060 Cassina de’ Pecchi (MI).

La celebrazione delle premiazioni del Concorso Letterario Nazionale Naviglio Martesana e del “Programma “Sottotraccia” avverrà domenica 28 maggio 2017 dalle ore 9,00 alle 12,00, presso il "Piccolo Teatro della Martesana” a Cassina de' Pecchi - Viale Trieste 3/g (di fronte Biblioteca) - MM2 linea verde (direzione Gessate).

Per ciascun tema verranno premiati i primi 3 classificati. Inoltre il primo classificato di ogni tema riceverà un cofanetto regalo comprendente una notte in hotel o agriturismo, colazione e cena per due persone a scelta tra 655 località di tutta Italia. Uno dei cofanetti sarà offerto dall’Agenzia “Silvana Travel” di Cassina de’ Pecchi. Altri concorrenti, scelti per il loro valore tra le centinaia di testi inviati al concorso, saranno inseriti nell’Antologia. I risultati del Collegio Giudicante, insindacabili, verranno comunicati ai vincitori.

Gli elaborati non saranno restituiti; alcuni verranno utilizzati per la realizzazione dell’antologia “Le parole, testimonianza nel tempo” che verrà distribuita gratuitamente nelle scuole ai docenti di italiano per il Programma “Sottotraccia” finalizzato a far emergere le capacità creative degli alunni delle classi IVa e Va della scuola primaria e delle classi delle scuole secondarie di primo grado (medie inferiori). Gli elaborati premiati o prescelti per l’Antologia devono essere spediti dagli autori o comunque con il loro nominativo all’indirizzo Email: premionaviglio@baiasrl.com Ove non sia possibile l’utilizzo della Email si prega di darne sollecita comunicazione.

La partecipazione al concorso implica l’accettazione del presente regolamento. In base alla legge sulla privacy n.196/2003. Il concorso garantisce la riservatezza dei dati degli autori che saranno utilizzati solo al fine di permettere lo svolgimento dello stesso e la realizzazione della antologia.

IL COLLEGIO GIUDICANTE: Serena Siniscalco, presidente di giuria Elisa Balconi, psicoterapeuta Fabiano Braccini, poeta Piero Cigada, professore Antonio De Santanna, scrittore Rodolfo Vettorello, professore Direttore Creativo: Aldo Carrier Ragazzi, giornalista Presidente ad memoriam: Poeta Professor Sirio Guerrieri

lunedì 23 gennaio 2017

Una serie di sguardi



Sandro Serreri, La porta socchiusa, racconti
di Giovanni Antonini*

Il buio è sintomo di non conoscenza, e perciò l’uomo ha paura del buio. Ma contemporaneamente è presente nell’uomo un desiderio di provare, di sperimentare, di sapere: è l’istinto dell’uomo e in alcun modo può essere represso. Sandro Serreri nel suo libro La porta socchiusa, con grande disinvoltura ha scelto di giocare con questo comportamento umano, di creare suspense, di lasciare volontariamente reticenze durante il racconto al fine di  provocare qualcosa nel lettore, suscitare una volontà di sapere, creare curiosità nel suo animo. Riga dopo riga scopri un dettaglio, un indizio maggiore, trovi un altro pezzo del puzzle della storia e provi attentamente a pensare al dopo, a ciò che può succedere… peccato che rimani sempre spiazzato, non puoi assolutamente immaginare il continuo del racconto e soprattutto, mai e poi mai, riuscirai a scoprire il finale, che ti lascerà perplesso, sbalordito, senza più alcuna sicurezza. Un continuo giocare con le parole, con le reazioni dei personaggi, e in particolare con le emozioni, gli stati d’animo. Protagonisti che riflettono, che cercano di trovare un senso nella loro vita, provando a superare ogni problema che possa stagliarsi nella loro esistenza: “Tra l’altro io avevo bisogno del giorno come il giorno aveva bisogno di me, nel senso che c’era in questo incontro e nella sua fusione un reciproco scambio di sangue e ossigeno senza i quali nessuna vita è possibile e vera.”
È proprio uno scrittore il protagonista della storia “Caffè per due” (dal quale è tratto il brano precedente) che per me è il racconto più elusivo e avvolgente, rispecchiando in pieno l’affascinante stile dell’autore. Racconti che nella loro brevità riescono a colmare esaustivamente il tuo interesse, non limitandosi solamente a trattenerti per il tempo della lettura, ma riuscendo a spingerti oltre, portandoti a riflettere su alcune esperienze quotidiane. Serreri riesce ad indagare la psicologia del personaggio anche se il racconto è in prima persona. Ha notevole padronanza di linguaggio e riesce con semplicità a immergere la storia nei tuoi pensieri, nelle tue immaginazioni. Ora serve solamente la tua volontà, prendere il libro in mano e gettarti in una piacevole lettura, dalla quale rimarrai sorpreso e felicemente spiazzato!




*Giovanni Antonini frequenta il quarto anno al Liceo classico “Giulio Cesare” di Rimini. Ha svolto uno stage presso FaraEditore nell'ambito del percorso Alternanza Scuola Lavoro. Ama leggere racconti, avventure, saggi di critica. È innamorato del calcio e degli sport in genere! La lettura lo rilassa e crede fortemente nell’aspetto educativo della cultura.

sabato 21 gennaio 2017

Ordinare i frammenti di Giacomo Ruggeri sull'Osservatore Romano del 22-1-17


ripreso da ilsismografo.blogspot.it

Italia
Nella pedagogia di Ignazio di Loyola. Discernimento applicato alla vita L'Osservatore Romano
 
Padre Federico Lombardi è tra i vincitori del premio Buone Notizie Civitas Casertana — ideato dall’Unione cattolica stampa italiana e realizzato in collaborazione con il blog Buonenotizie del «Corriere della Sera» — che viene consegnato il 21 gennaio nella biblioteca del seminario di Caserta. Pubblichiamo stralci della prefazione che il gesuita ha scritto al volume appena uscito di don Giacomo Ruggeri, Ordinare i frammenti. Discernimento e cura personalis: la pedagogia di sant’Ignazio di Loyola (Rimini, Edizioni Fara, 2016, pagine 318, euro 18). (Federico Lombardi) Aiutare l’incontro di ogni persona umana con il suo Creatore, perché Egli possa lavorare in lei ed essa possa rispondergli e trovare il senso e la pienezza della sua vita. Questo cerca Ignazio e questo propone a chi lo segue e si ispira alla sua visione, sia come religioso gesuita, sia come persona che lo riconosca come guida del suo impegno apostolico o educativo. Nella prima parte del suo lavoro don Giacomo Ruggeri offre una presentazione davvero ben fatta di come questa visione originaria si esprime nella proposta più fondamentale di Ignazio — gli Esercizi Spirituali — e poi nelle altre sue opere, ma anche di come essa diventa ben presto motore dinamico e principio unificatore dello sviluppo di una pedagogia e di un’opera educativa che segnerà in profondità la storia d’Europa e si diffonderà anche in altri continenti. La famosa Ratio Studiorum, il documento in cui si esprime e su cui si basa la “pedagogia dei gesuiti” non si può infatti comprendere se non alla luce del principio della cura personalis, dell’attenzione a ogni studente, alla sua personale crescita integrale, umana e spirituale.
Dice giustamente don Ruggeri che «la cura della singola persona è cuore della pedagogia ignaziana», una pedagogia che «guarda più alla persona che deve crescere, che ai contenuti da trasmettere». L’impegno educativo dei gesuiti è continuato e continua fino a oggi, accompagnato sempre dalla riflessione sulle sue caratteristiche ispiratrici, a cui essi si vogliono mantenere fedeli pur traducendole in forme nuove adatte ai tempi, ritenendo che siano particolarmente appropriate per formare persone capaci di orientarsi e vivere in un tempo dinamico e complesso come il nostro. Anche di questo troviamo una presentazione sintetica, ma fedele e animata dall’apprezzamento e dalla simpatia dell’Autore, molto sensibile alla necessità di «porre la persona nella condizione di saper riconoscere la strada per “mettere ordine nella propria vita”, nella frammentarietà dei propri vissuti».
I gesuiti si sentiranno lusingati dall’attenzione di don Ruggeri per le loro diverse attività, alla ricerca di come anche oggi esse siano caratterizzate da questo principio, non solo nel campo del servizio spirituale e della scuola, ma anche della formazione dei seminaristi, del servizio con i poveri, i migranti, gli emarginati. L’Autore diventa così attrezzato con una serie di modelli concreti di applicazione della cura personalis in diverse attività e situazioni, verso persone di età e condizioni diverse, e acquista anche una prospettiva con cui può cercare di allargare lo sguardo per misurarsi con alcuni campi ulteriori della vita della Chiesa e dell’apostolato. Egli pensa giustamente che la cura personalis si ponga come «sfida per l’agire ecclesiale», passando «da categoria tipica di un ordine religioso a criterio pastorale e pedagogico valido anche per un ambiente diocesano, per un’educazione personalizzata in ambiti educativo-formativi quali le parrocchie, le associazioni laicali, l’oratorio».
Giustamente don Ruggeri si rende ben conto e mette in rilievo quanto la cura personalis sia di fatto un aspetto fondamentale della prospettiva di Papa Francesco, non a caso trattandosi di un papa gesuita: «L’insistenza del Papa a essere una Chiesa “ospedale da campo”, a vivere ed esercitare un cristianesimo di prossimità, di uscita e di periferia, trova senso proprio nella pedagogia-spiritualità ignaziana e nella specificità della cura personalis». Questo è un aspetto su cui ci permettiamo di insistere e che può essere certo ulteriormente sviluppato. A esempio con riferimento alla formazione e al ministero sacerdotale, in una recente conversazione con i gesuiti polacchi il Papa diceva espressamente ai suoi confratelli religiosi: «Vi chiedo di lavorare con i seminaristi. Soprattutto date loro quello che noi abbiamo ricevuto dagli Esercizi: la saggezza del discernimento. Bisogna formare i futuri sacerdoti non a idee generali e astratte, che sono chiare e distinte, ma a questo fine discernimento degli spiriti, perché possano davvero aiutare le persone nella loro vita concreta». Non è certo difficile cogliere la connessione profonda fra la cura personalis e l’accompagnamento spirituale e il discernimento applicato alla vita, e se solo pensiamo, a esempio, all’importanza che accompagnamento e discernimento assumono nel servizio alla famiglia nella prospettiva impegnativa e innovatrice dell’esortazione postsinodale Amoris laetitia, comprendiamo il perché e l’urgenza di queste parole del Papa.
L'Osservatore Romano, 21-22 gennaio 2017

Antichi mestieri nel tempo

Alla maestra Agata G. e ai suoi scolari della Classe IV “Plesso Cappuccini”
di Vincenzo D’Alessio

 
Il popoloso rione dove sono nato era una meraviglia architettonica del periodo Longobardo (circa X secolo): caseggiati alti fino a dodici metri senza nessuna finestra nelle facciate esterne che racchiudevano i vicoli; archi d’ingresso realizzati con travertino locale, robusti e ampi da passarci un carro, rinforzati all’interno, con due anelli di pietra dove si innestava un grosso palo di castagno per chiudere le porte in legno: gli ingressi erano due disposti agli opposti del cortile.
Il vano di accesso aveva la volta piana, realizzata con grandi travi in legno e assi in legno, che completavano quello che dal di sopra era il pavimento delle stanze. Il buio passaggio in terra battuta del vano si apriva in un cortile ampissimo anch’esso in terreno battuto aperto al cielo. Intorno le facciate delle case si aprivano su due o tre livelli abitativi: alla base erano realizzate quasi sempre le stalle per gli animali domestici o depositi per la legna e le provviste per l’Inverno, che da noi dura anche cinque mesi; finestre, scale in pietre, fumaioli per i forni al primo livello e sui tetti per i focolari; strutture in legno ricoprivano i luoghi di passaggio dando vita a luminose verande dove stendere la biancheria ad asciugare; piccole terrazze sui primi livelli dove stendere lana e sostare durante d’Estate, dove mettere ad essiccare “pacchisecche” (pomodori spaccati a metà), “granurignolo” (granturco), fichi, mele, etc., tutte provviste per l’Inverno.
Lungo gli stretti vicoli, sempre pieni delle voci dei miei coetanei che correvano con un vecchio cerchio di una botte spingendolo con un bastone, specialmente nei punti dove c’erano i collegamenti rialzati che univano diverse case, erano disposti dei sedili in pietra locale resi lisci dal tempo dove sedevano le nostre nonne, nella bella stagione a filare la lana, fare calze e maglie con i ferri, per l’Inverno.
Avevo allora sei anni, ero un ragazzino vispo e allegro e mi piaceva correre, correre, nel girotondo tra i vicoli e i muri degli orti che fiancheggiavano le alte mura delle abitazioni sentire il vento sul viso. Spesso insieme agli altri amici salivamo su quei muri convinti di essere sugli spalti di un castello e improvvisare scene di guerra con spade di legno e vecchi coperchi delle pentole come scudi.
C’era un vecchietto piuttosto malmesso, imbottito di abiti con un cappotto lacero fino ai piedi, che portava anche d’estate, il quale reggeva sulle spalle una bisaccia azzurra dove raccoglieva le offerte e nella mano destra reggeva una chitarra dalla quale ricavava una semplice melodia, non ricordo con quali accordi ché allora non li conoscevo, accompagnando la sua voce roca che intonava ‘i riasili*.
Seduto su quelle pietre, con gesti semplicissimi e umili, la testa reclina, recitava questo strano canto che finiva sempre con le parole Requiem Aeterna…
Mia nonna e le altre donne del rione alla fine del canto rientravano in casa e ne uscivano con un po’ di pane, qualche fetta di lardo salato, un po’ di vino che il vecchio metteva in un’unica bottiglia che teneva nella bisaccia, un piatto di pasta e ceci o fagioli che consumava all’istante se era necessario oppure sistemava in una consunta gavetta militare d’alluminio che portava con sé.
Un giorno volli accompagnarlo e mi accorsi che era quasi cieco perché mentre camminava si appoggiava ai muri di cinta degli orti. Portavo la bisaccia e una sola di quelle volte mi permise di portare la sua chitarra: era consunta e le corde quasi logore.
Chiesi a mia nonna cosa significasse il canto che quel vecchietto curvo sotto il peso degli anni che appariva di tanto in tanto nei vicoli e la cui voce si disperdeva nelle assolate giornate di luglio. Mia nonna si sedette accanto a me e seria, come non la vedevo quasi mai mi disse: “Figlio mio, spero che tu non conosca mai il dolore delle madri che hanno perso i figli al fronte, né quello della povera gente morta sotto le bombe degli Americani. Lui canta per tutte le anime dei morti, giovani e meno giovani, che ogni famiglia ha e che aspettano si essere rinfrescate nel fuoco del Purgatorio.”
Ci trasferimmo nelle case popolari, avevo dodici anni.
Per motivi scolastici, per la nuova posizione abitativa, frequentavo meno il rione dove ero nato.
Un giorno chiesi a mia nonna notizie del vecchietto suonatore per il quale intanto avevo anche scritto una poesia. Mia nonna mi rispose che non lo vedeva da diverso tempo, forse era venuto a mancare dalla scena dei vivi per raggiungere quelle anime del Purgatorio per le quali aveva tanto pregato Dio che concedesse loro l’Eterno Riposo.
Negli anni a venire, prima che il terrificante terremoto del 23 novembre 1980 distruggesse quasi completamente il mio rione, che fu poi demolito dalle ruspe, d’estate nelle brevi passeggiate nei vicoli ancora intatti il venticello dolce prima di mezzogiorno portava nella mia anima il canto semplice di quell’uomo.

venerdì 20 gennaio 2017

Il tempo del castagno su ArteInsieme.net di Renzo Montagnoli

http://www.faraeditore.it/html/narrabilando/tempocastagno.html
recensione pubblicata su
www.arteinsieme.net/renzo


di Franca Oberti
Introduzione di Stefano Martello
Fara Editore
Narrativa racconti
Pagg. 80
ISBN 978 97441 91 5
Prezzo Euro 10,00


Mai dimenticare


Mi viene da sorridere se penso che, quando ero giovane, i vecchi erano soliti dire che con la mia generazione tutto era cambiato, e ovviamente in peggio. C’era in me un’incredulità che mi impediva di comprendere, c’era invece quel desiderio di gettarmi a capofitto nel futuro, cancellando il passato. E invece ora, a distanza di tanti anni, pure io incanutito mi rendo conto che quell’affermazione era veritiera e che nell’arco di poco tempo una civiltà millenaria, quella contadina, era scomparsa. Fissare i ricordi, non tanto per se stessi, ma per chi verrà dopo di noi è l’unico modo per fare un empirico giudizio della nostra vita, ma riportare le memorie raccolte dai nonni quando si era piccoli è molto di più, è concatenare delle epoche, è verificare ciò che c’era di buono e ciò che c’era di insano. Ci ha provato Franca Oberti con questa raccolta di racconti, Il tempo del castagno, che prende il titolo da uno di essi, per la precisione l’ultimo.
L’autore, legato per tradizione familiare all’attività agricola, in forza degli squarci che gli si aprono nella memoria propone delle prose brevi in cui il respiro di un tempo andato e che mai ritornerà è forte, tale da far comprendere che se la vita condotta dai suoi avi a coltivar la terra non era di certo paradisiaca, non era tuttavia da sminuire o denigrare. Il lavoro manuale era preminente, il tenore di vita, per lo più, era tale da garantire i pasti, se pur magri e poco vari, insomma quando non era proprio miseria, era ciò che oggi definiremmo una povertà diffusa, assai più marcata del concetto che adesso abbiamo di povertà. Eppure, a quei tempi, a quelli della civiltà contadina probabilmente si viveva meglio di oggi, perché non rientravano nel paniere della ricchezza quei mezzi materiali per cui ogni giorno lottiamo, ma erano bensì presenti i valori, le canoniche basi che in quest’epoca frenetica in cui viviamo sono spariti completamente, sostituiti da un unico scopo per il quale valga la pena di vivere: la continua ricerca del denaro per soddisfare bisogni che accortamente ci vengono inculcati.
La scrittura dell’Oberti è semplice, priva di fronzoli, così che si ricava l’impressione che i racconti siano uguali a quelli ascoltati da bambina dalla bocca del nonno o della nonna. E in questa letteratura orale, di cui da molto tempo non si nota più nemmeno l’assenza, è piacevole, pagina dopo pagina, immaginare di stare ad ascoltare davanti a un camino con un bel fuoco , su cui, in un paiolo, viene rimestata la farina gialla per quello che era un alimento diffusissimo: la polenta.
Così si sogna, si sogna a occhi aperti, e non si può non condividere quanto a pagina 12 scrive l’autore: “……/ A guardare bene sono sempre stati loro, i contadini, che ci hanno insegnato la sopravvivenza: insegnavano alle nuove generazioni come tramandare la vita, in ogni sua forma”
E’ vero, tanto che, scomparsa questa civiltà, oggi siamo come alberi a cui hanno tagliato le radici e, senza memoria del passato, continuiamo a correre verso un futuro nebuloso, incapaci di saper vivere il presente.
Da leggere.


Franca Oberti è nata a Genova, ma vive in Brianza da più di trent’anni. Dopo un periodo lavorativo vario e dopo aver fatto la mamma, ha conseguito il diploma di Operatrice Bio-Naturale presso l’A.MI. University di Milano, specialità Pranopratica e Counselor. Oltre a svolgere diverse attività di volontariato ed aver ricoperto cariche amministrative nel pubblico, scrive poesie e racconti, pubblica articoli di saggistica su varie testate locali e riviste di ispirazione cattolica. Ha vinto numerosi premi letterari, è inserita in diverse antologie, è stata presidente e membro di giuria in concorsi letterari. Ha pubblicato tre raccolte di poesie, quattro antologie natalizie, tre volumi di saggistica e un libro di cucina curativa. Ama le tradizioni e la vita semplice che condivide con la sua famiglia da quarant’anni.
Tiene conferenze su temi vari inerenti la medicina complementare. Web: www.facebook.com/franca.oberti.dbn

Renzo Montagnoli

giovedì 19 gennaio 2017

Su La Sicilia reportage sull'ultima dimora del re Minosse

Agrigento, Monte Guastanella e il re Minosse

18/01/2017 - 19:44

L'ipotesi sul monte come ultima dimora del mitico re Minosse tra leggenda e tradizione orale.

Al link trovate anche il suggestivo video in situ di Roberta Barone con intervista a Rosa Maria Rita Lombardohttp://www.lasicilia.it/news/cultura/56345/agrigento-monte-guastanella-e-il-re-minosse.html



Monte Guastanella - sepolcri


 
Minosse, mitico re di Creta, figlio di Zeus e di Europa. La sua figura rispecchia lo splendore dell’antica civiltà e talassocrazia cretese. Per molti studiosi, il nome Minosse indicherebbe in origine, come quello di faraone in Egitto, il titolo dei dinasti di Creta e non un nome personale. Secondo il mito M. fu l’autore della costituzione cretese, con leggi che, si diceva, gli erano suggerite da Zeus stesso.
Minosse nell’inseguire in Sicilia Dedalo, fuggito dal Labirinto dopo che il Minotauro era stato ucciso da Teseo, aiutato da Arianna, morì per mano del re Cocalo e delle figlie di lui. Secondo una tarda leggenda, assediò e prese Megara grazie al tradimento di Scilla, innamoratasi di lui. Sacerdote e legislatore, M. ebbe nell’Ade, per la sua giustizia, ufficio di giudice dei morti insieme con Radamanto ed Eaco.
Da questa leggenda traggono ispirazioni le ricerche dell'archeologa palermitana Rosamaria Rita Lombardo. L'archeologa, sulla scorta degli esiti dell' esame ,da lei condotto , sui dati forniti al riguardo dalle fonti classiche(Erodoto,Aristotele,Diodoro Siculo,Eraclide Lembo,Strabone,etc.) , corroborati da quelli emergenti dall'indagine autoptica , topografica,toponomastica e idrografica da lei effettuata sul territorio ,crede fermamente che la tomba di Minosse sia nella montagna di Guastanella (Monte in provincia di Agrigento, Sicilia), essendo siciliana ricorda bene le leggende sulla montagna e una tradizione orale che fa pensare proprio al re mitico.
"Il re Mini-Minosse è sepolto nella montagna di Guastanella. E' tutto pieno d'oro e quando lo scoprono egli diventa un capro d'oro e uno degli scopritori dovrà sacrificare la propria vita".
Un lungo lavoro alla ricerca di prove a dimostrazione della tesi dell'archeologa che Minosse sia seppellito a monte Guastanella(antica Camico), si conclude con un opera firmata Rosamaria Rita Lombardo "L'ultima dimora del Re. Una millenaria narrazione siciliana “svela” la tomba di Minosse" (Fara Editore) , finalizzata a calamitare attenzione sul sito nonché caldeggiare e promuovere in loco una seria campagna di scavi le cui risultanze possano suffragare o meno la bontà dell'ipotesi avanzata sul sito.

Per ulteriori approfondimenti sull'insediamento in oggetto e indicazioni per poter visitare il sito , si segnalano i seguenti contributi:
http://narrabilando.blogspot.it/2016/07/riannodando-i-fili-della-storia-e.html?m=1
http://www.pressreader.com/italy/libero/20160106/281981786570853/TextView
http://narrabilando.blogspot.it/2015/10/eccezionale-reportage-fotografico-sul.html?m=1
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martedì 17 gennaio 2017

Un corpo a corpo con la Sapienza che perdona


Ardea Montebelli, Lo spazio e la luce

nota di lettura di Anna Maria Tamburini

Come potere esprimere in breve la sensazione che suscita questa riflessione in versi? Non si possono spendere infatti troppe parole per restituire una nota di lettura minimamente adeguata a fronte di un testo così essenziale e pulito qual è Lo spazio e la luce. Scevro da ogni artificio retorico, ma prezioso nel nitore della selezione lessicale, il testo Lo spazio e la luce scaturisce da un corpo a corpo con il libro biblico di Sapienza nel tempo di grazia dell'anno giubilare, Anno Santo della Misericordia che si è appena concluso con il gesto di chiusura delle porte sante per affermare, del resto, che nessuna porta si chiude. 
Il tempo della luce è tempo del perdono e il libro di Sapienza lo richiama con alcune argomentazioni di rara saggezza: «hai compassione di tutti perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento» (Sap 11,23). Soprattutto nella terza parte di questa pericope biblica, che è quella da cui l'autrice cita, è l'esperienza di un popolo consapevole della propria elezione, nel conforto di una familiarità con il proprio Custode, che, insieme al riconoscimento delle proprie colpe, fa dire ancora al saggio israelita: «La tua forza è principio di giustizia, e il tuo dominio universale ti rende tollerante verso tutti. Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza e ci governi con molta indulgenza. In tal modo hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini. Inoltre hai reso i tuoi figli pieni di dolce speranza, perché tu concedi dopo i peccati la possibilità di pentirsi» (Sap 12,16-19).
Così questo libro greco che è il più recente dei testi veterotestamentari e che ci è tramandato come opera di Salomone, il più saggio dei re di Israele, colui che ha chiesto a Dio la sapienza nel governare, profetizza l'universale giustizia dell'amore. E tenendo fede alla modalità del confronto con la parola della Sacra Scrittura, riportato come testo a fronte, che è divenuta la modalità peculiare della poesia di Ardea Montebelli, questo dialogare in forma di preghiera con il libro di Sapienza raccoglie le considerazioni più acute del testo biblico al tempo stesso in cui esprime quelle più necessarie per il proprio personale vissuto come per il nostro tempo:  Plasmi i nostri progetti / scavalchi frammenti di esistenza / ad ogni passaggio / insegui e consoli / il lamento della terra. 
Tutto muta nella scena di questo mondo, tutto ci è donato e sottratto, anche gli affetti più cari. Anche a questo allude la poesia in soli due versi: Quanto è più caro / muta all’invito folle / che dirige il nostro vivere / al termine del viaggio.
Il folle viaggio dell'Ulisse dantesco rischia di essere infatti il viaggio di ognuno. Solo in forma di preghiera può mettersi a nudo l'anima, riconoscere la propria povertà, la propria mancanza, la propria creaturalità… Solo in forma di preghiera può svolgersi persino un vero dialogo – in questo caso con la parola di Sapienza ma al tempo stesso – in una profondità capace di autentico ascolto – con il creato tutto con cui l'uomo è strutturalmente solidale – capace di riconoscere che il lamento dell'uomo è lamento della terra stessa perché il nostro male intacca e contamina tutto “l'ambiente umano” e quindi il creato tutto.
Eppure il male che ci affligge / nella quotidiana cura / conduce a Te / inconsapevolmente.
Non occorre pensare alle grandi vicende o alle grandi colpe nella storia dell'umanità per credere che c'è bisogno di salvezza intesa in primo luogo come perdono: è nella quotidianità che in primo luogo va continuamente tenuta a riferimento la rotta. Al quotidiano richiama con insistenza il testo. L'immagine del viaggio non è più nemmeno metafora, ma più che metafora, giacché un mistero / scuote e provoca / le impronte inconfondibili / dei passi. Ogni nostro passo, giorno per giorno, contato, unico, irrevocabile: passi “inconfondibili”  come le impronte digitali; ma di passi compiuti si parla nel testo, non solo della unicità di ogni creatura. E quindi della storia si dice… personale e collettiva. Dunque solo la speranza di un perdono può meritare il tempo del vivere, solo una familiarità con un Tu che ha a cuore la vita – Tu,  indulgente con tutte le cose, perché tue, Signore, amante della vita (Sap 11, 26). 
Abbiamo bisogno di superare le cadute.  Ne avvertiamo l'urgenza: ci interpella l’abbraccio / del tuo cuore innamorato /recupera la voce / ogni vivente. Così si fa spazio la preghiera, l'invocazione del perdono… e la speranza.
«Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato, perché, messa da parte ogni malizia, credano in te, Signore» (Sap 12,2). Così la preghiera si fa attesa, grande attesa, e supplica: Un poco ancora / e un preludio di luce / plasmerà l’universo intero.
La speranza messianica si dilata in senso escatologico, ma come da una vicinanza: Mi attendi? / Lo stupore in un attimo / si allarga. //  Il perdono /è come una grande festa. / Facendomi obbediente / mi adagio / e Ti chiedo /il senso della vita.
Una fiduciosa lieta consegna.