martedì 29 novembre 2016

Una narrazione che si fa teatro della vita

su Francesco Di Sibio: Punto e virgola, FaraEditore 2016 

recensione di Vincenzo D'Alessio


http://www.faraeditore.it/html/narrabilando/puntoevirgola.htmlL’insieme dei racconti che hanno portato Francesco Di Sibio alla meta di vincitore della VI Edizione del Concorso Nazionale “Faraexcelsior” sezione Narrativa, sono delle favole ambientate nel mondo quasi reale della cittadina di Frigento, in Irpinia.
Il luogo, fresco durante l’Estate, sorge sulla dorsale collinare a quasi mille metri di quota, non lontano dall’antico percorso della via Appia, dove scorrono i fiumi Calore e Fredane, e a poca distanza dalla Valle d’Ansanto con l’antico santuario Osco sannita della Mefite: citato dal poeta Virgilio nel Canto VII dell’Eneide come porta degli Inferi.
Un panorama suggestivo e ricchissimo di presenze archeologiche che ha conosciuto, come tutti i luoghi di questa parte della Campania, una forte emigrazione.
Lo stesso Autore dei racconti è figlio di questa imprescindibile transumanza: nato a Pontedera, da genitori irpini, negli anni Settanta è tornato nei luoghi natali dove vive attualmente.
I racconti aprono al lettore un mondo di eventi che in apparenza sembrano avere come sfondo la cittadina irpina, in verità è solo lo specchio nel quale si riflette la voce narrante del “bibliotecario” protagonista del settimo racconto, a pag. 56, dal titolo: “Leggere fa bene”.
Il reale, già vissuto e in parte memorizzato, viene utilizzato nelle trame come l’Autore stesso ci indica: “Le storie non raccontavano la loro storia in modo diretto, ma rappresentavano sempre una metafora non difficile da sciogliere” (pag. 58).
Sono racconti/affabulati, quasi sempre con un finale etico esplicito, molto legato ai sentimenti vissuti dall’Autore e condivisi con il lettore chiamato a guardare in questo specchio magico dove i personaggi: emigrati di ritorno, concittadini ripresi nella quotidianità, animali partecipi delle vicende umane, figli che vivono la distanza dal luogo d’origine, storia personale trasfigurata nell’armonia della Cultura, formano il variegato mondo delle comparse sul palcoscenico del teatro di Frigento.
Il luogo, grazie a questa operazione multiforme della parola narrante, oltrepassa lo spazio e il tempo e si propone come sfondo del teatro della vita: “(…) La musica riempiva il cielo stellato di metà agosto e le parole di tanti romanzieri spingevano a non considerare il viaggio solo il movimento verso il luogo del proprio lavoro, come per troppo tempo si era creduto” (pag. 60).
In questa saga dei racconti dell’anima di Francesco Di Sibio si affacciano, nei luoghi dai toponimi antichi di Frigento, i nomi universali di Melville, Bruce Chatwin, Luis Sepùlveda, Alessandro Baricco, Michele Serra e Gabriele Romagnoli, le musiche del Meraviglioso mondo di Amelie di Yan Tiersen, pronti ad invogliare le pagine di questi racconti a prendere posto nella magia della memoria collettiva.
Bene ha interpretato il critico Stefano Martello nella prefazione a questo libro il senso ludico che lo compone: “(…) La parola chiave di questo libro è semplicità. Nel linguaggio come nelle trame. Ma andiamo con ordine. Di questi tempi, infatti, non è semplice essere semplici.(…) Sette storie antistoriche, quasi fantascientifiche. Sette storie inusuali. Un intento assolutamente seducente. Assolutamente necessario” (pagg. 9-11).
La cittadina di Frigento, che ha dato i natali anche ad un altro fervido scrittore contemporaneo, il giudice Gennaro Iannarone, coglie questa bellissima occasione per proseguire l’intento che “il bibliotecario” ha desiderato nella serenità del luogo e dei suoi tramonti inverosimili: “(…) Teneva ancora ben distinto il piano dell’invenzione narrativa dalla vita reale, però tutto ciò non gli evitava di perdersi in quelle pagine con una contentezza dimostrata da un largo sorriso…” (pag. 56).

Come farfalle diventermo immensità 4: bando (scade 10-2-17)


Antologia edizione 2016, cover di Alessandra Placucci

http://www.comune.forli.fc.it/servizi/notizie/notizie_homepage.aspx
http://www.davideeguidoinsiemefctrust.it/
http://www.corriereromagna.it/sezioni/147/forli


Art. 1 Fara Editore e il Davide e Guido Insieme Fibrosi Cistica Trust Onlus bandiscono la IV edizione del concorso poetico Come farfalle diventeremo immensità: ricordando Katia Zattoni e Guido Passini. Due le sezioni liberamente ispirate al tema Il coraggio del bene da intendersi come ciascun autore desidera (lotta alla malattia, impegno per la giustizia, il coraggio di stare dalla parte di chi soffre, di spendersi per gli altri, ecc.) sempre avendo in mente l'agire positivo e propositivo di Guido e Katia.
sez. A – Poesia inedita (da una a tre poesie inedite per un massimo complessivo di non oltre 100 versi), la sezione è aperta anche ai minori che dovranno fare firmare la scheda di participazione a un genitore/tutore (v. scheda qui sotto);
sez. B – Racconto breve o prosa poetica che non superi una pagina, ovvero i 2000 caratteri spazi inclusi, anche questa sezione è aperta ai minori.
Si può partecipare solo a una sezione.


Art. 2 Le opere dovranno essere inviate via mail entro il 10 febbraio 2017 via mail a info@faraeditore.it in unico file di testo (doc, rtf o simili, no pdf). Per partecipare al concorso è necessario compilare e firmare la scheda liberatoria in calce al presente bando (con dati anagrafici, indirizzo tradizionale, e-mail, recapiti telefonici): essa può essere scansionata o anche semplicemente fotografata in modo nitido con il cellulare e allegata come immagine via mail, oppure inviata per fax allo 0541-22249).
 
Art. 3 Le opere inviate devono essere originali, in lingua italiana (o con traduzione in italiano) e inedite su carta: possono essere inviate opere pubblicate in rete purché l'autore dichiari che quanto inviato è sempre frutto della sua personale inventiva e di sua libera e gratuita disponibilità.

Art. 4 La partecipazione è gratuita.

Art. 5 Il partecipante dovrà allegare o inserire nel messaggio di posta elettronica una sua breve e simpatica autopresentazione in poche righe e possibilmente una foto in formato jpg.

Art. 6 Premi. Il Premio prevede 3 vincitori per ogni sezione che riceveranno una riproduzione autenticata di un dipinto di Alessandra Placucci e/o altri premi offerti dal Comune di Forlì, oltre a 3 copie omaggio dell'Antologia Il coraggio del bene offerte da Fara Editore. Per gli altri autori selezionati il premio consiste nell'inserimento dei loro testi nell'Antologia. Tutti gli autori pubblicati beneficeranno dello sconto speciale del 40% (+ spese di spedizione) sulle copie che volessero acquistare. La premiazione ufficiale (verrà inviata mail in tempo utile) avrà luogo a Forlì per la festa del 25 aprile 2017, in tale occasione saranno consegnati anche gli attestati di partecipazione ai poeti e narratori selezionati dalla Giuria.

Art. 7 Il giudizio verrà operato insindacabilmente dai giurati: Cristina Lega, Enrico Medri, Federica Fantini, Francesca Abbiati, Filippo Amadei, Gaetano Foggetti, Jennifer Ruffilli, Thomas Casadei, Stefania Zanetti, Vincenzo Capodiferro. I risultati saranno comunicati ai partecipanti via posta elettronica (v. Art. 9).

Art. 8 Qualora si ritenesse non soddisfacente la quantità e/o la qualità delle opere pervenute, la pubblicazione premio potrà non aver luogo.

Art. 9 I risultati verranno comunicati ai partecipanti e nel web presumibilmente entro la metà di aprile 2017 e saranno pubblicizzati dal Corriere Romagna, dal Comune di Forlì, nei blog narrabilando e farapoesia, nella pagina Fariani e kermesse, nel sito www.davideeguidoinsiemefctrust.it e altrove.

Art. 10 La partecipazione al Concorso implica l'accettazione di tutte le norme indicate nel presente bando.

Art. 11 Ai sensi della legge 196/2003 i partecipanti al Concorso consentono a Fara Editore, al Corriere Romagna e agli altri Enti che collaborano al presente Concorso, il trattamento dei dati personali e delle loro opere secondo quanto previsto dal presente Bando. Resta inteso che potranno in ogni momento richiedere di essere cancellati dalla nostra banca dati.

SCHEDA DI PARTECIPAZIONE (da compilare, firmare, scansionare o fotografare in modo nitido ed inviare come allegato via mail a info@faraeditore.it contestualmente all'invio delle poesie o del racconto, oppure inviare via fax allo 0541-22249, o spedire come semplice Prioritaria, no raccomandata, a Fara Editore, via Covignano 165-B- 47923 Rimini)

Il /La sottoscritto/a __________________________________

nat__ a ______________________________ il _________
di nazionalità _________________________
residente a ________________________________
prov. ____ CAP _________
in via/piazza (cancellare la dizione inutile)
____________________________ n°_____
di professione __________________________
tel./cell. ___________________________________
e-mail _____________________________________
codice fiscale _____________________________________

CHIEDE di partecipare alla IV edizione del PREMIO LETTERARIO COME FARFALLE DIVENTEREMO IMMENSITÀ 2017 accettando le norme del relativo Bando con l'opera/e
per la Sezione (specificare se A. o B.) ____

Titolo________________________________________;

Titolo________________________________________;

Titolo________________________________________;


 
DICHIARA sotto la propria responsabilità di essere l'autore dei suddetti elaborati e che essi sono di sua libera e gratuita disponibilità e che non ledono in alcun modo i diritti di terzi.

AUTORIZZA al trattamento dei dati personali per i fine del detto Premio e all'inserimento gratuito dei suoi testi (se selezionati dalla Giuria) sul Corriere Romagna e nell'Antologia del Premio con gli eventuali adattamenti grafico-editoriali che si riterranno necessari. Ogni autore selezionato per la pubblicazione resta titolare dei diritti relativi ai suoi testi e può quindi liberamente disporne come meglio crede. 


Letto e sottoscritto

in (città) ………………………………………….,
in data …………………………………

Firma dell'autore*

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* controfirmata da un genitore o tutore se minorenne
________________________________

venerdì 25 novembre 2016

La zona d'ombra della buona letteratura

su Adele Desideri, La figlia della memoria, Moretti&Vitali, 2016, pagg. 168, € 15,00 

recensione di Beatrice Mencarini 
(v. anche la recensione di Antonio Spagnuolo)

C'è una zona d'ombra che solo la buona letteratura riesce ad esplorare senza perdersi e senza cedere alla tensione dell'eccesso.
La buona letteratura sa camminare in equilibrio sullo stretto sentiero che divide la luce dall'ombra, sa danzare con leggerezza sul precipizio, sa muoversi elegantemente in punta di piedi sul ciglio del baratro.
La buona letteratura sa guardare l'abisso e dell'abisso sa cosa salvare e riportare alla luce.
Il romanzo di Adele Desideri La figlia della memoria (Bergamo, Moretti &Vitali Editori, 2016, pp. 165, prefazione di Davide Rondoni) si muove proprio su questo terreno, angusto e pericoloso, sottile come un filo di lama.
È la stessa citazione che apre il romanzo «Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori» che ci ricorda l'abisso, il mondo oscuro e materico da cui proveniamo: la palude dell'indifferenziato, il regno mostruoso e divino dell'infanzia, il senso di sporcizia che porta con sé la corporalità, la stanza buia con l'odore di naftalina che striscia perturbante tra i ricordi della protagonista Andreina.
La storia di Andreina – la bimba triste – la storia intima, perturbante, a tratti tinta di morbosità e patologia, si insinua nelle viscere del lettore e il romanzo diventa esperienza non solo intellettuale ma carnale. Un romanzo molto femminile, una qualità di scrittura che non ha perduto il rapporto con la carne e che, anzi, dalla carne parte per raggiungere altri orizzonti.
I rimandi, dal freudismo al mondo biblico, non sono mai forzati: tutt'altro, il libro mostra come la teoria possa realmente incarnarsi in esperienza. Il tema della colpa, che nasce nella letteratura con l'adultera dei Vangeli, trova qui un'altra grande incarnazione in Andreina.
Un romanzo dedicato a Mnemosyne, alla memoria, non può essere un romanzo lineare, non può conoscere progressione o futuro e non può condividere la nostra concezione del tempo occidentale. E difatti la Desideri, ce ne accorgiamo ben presto, non vuole condurci da nessuna parte ma vuole soltanto perderci in un romanzo circolare, una storia che tende all'indietro, un romanzo che scava e che cerca. Un libro che si muove tra saga familiare, romanzo di formazione al femminile, romanzo psicologico: etichette che rimangono troppo rigide per definire quella che rimane una lettura di qualità che avvince il lettore soprattutto grazie al potere della scrittura.
La prosa della Desideri, soffusa di lirismo, accompagna il lettore una pagina dopo l'altra, avvincendolo al romanzo. Il dono della narrazione non manca di certo a questa scrittrice che, con pochi tratti, ha dato vita a una serie ben nutrita di personaggi forti e carismatici che emergono e prendono vita pagina dopo pagina. E così la madre, con “i seni debordanti dalle trine”, la sorella Tude “scaltra e teatrale”, la terapeuta “tragicamente freudiana” (o alternativamente “boia psicanalitico in gonnella”) e lo zio Zeno, lo zio sordo che scrive lettere senza punteggiatura alla sorella morta. A fare da sfondo alle vicende intime e famigliari di Andreina c'è l'Italia del Dopoguerra, un'Italia che cresce e che cambia insieme alla protagonista, un'Italia in bilico tra gli strascichi del Fascismo e le ribellioni del Sessantotto, un'Italia ancora divisa tra mondo rurale e l'espansione delle grandi città, Torino e Milano.
Il mondo rurale, rappresentato dalla campagna toscana dove Andreina passa le sue vacanze estive assieme ai cugini, viene pavesianamente rappresentato come una sorta di paradiso perduto, un mondo fatto di piccole cose che incarnano l'essenza stessa della felicità e della spensieratezza infantile; a cui si contrappone puntualmente la vita in città, luogo dello studio, del lavoro, dell'isolamento e dell'angoscia. Il dialetto toscano compare diffusamente nel testo come bagaglio di un passato non solo linguistico ma emotivo, relazionale. Alcune pagine del romanzo sono dedicate proprio alla ricostruzione di quel “lessico famigliare” che ha punteggiato la vita di Andreina: anche il linguaggio è parte essenziale e costituiva della propria storia e dunque merita di essere scavato, ricordato, riportato alla luce. Molto interessante anche l'analisi che il romanzo propone sul dialetto toscano: un veicolo per entrare in relazione emotiva con l'altro ed accorciare le distanze superando gli ostacoli.
L'aspetto emotivo del linguaggio e della narrazione è sicuramente ciò che questo romanzo porta con
sé e che lascia generosamente in dono al lettore. Un aspetto davvero importante del linguaggio che oggi, probabilmente, stiamo dimenticando.

giovedì 24 novembre 2016

Gli studenti di Montoro sui poeti meridionali

Vincenzo DAlessio alla kermesse avellanita


Quest’anno io e i miei compagni abbiamo avuto il privilegio di svolgere due lezioni sui poeti meridionali, condotte dal poeta irpino Vincenzo D’Alessio, ospite d’eccezione per due venerdì nella nostra classe 3a D. Gli incontri sono stati organizzati dalle nostre professoresse
Monica Caputo e Valeria Villari e si sono tenuti il 28 ottobre e il 4 novembre, logicamente con il beneplacito della nostra preside Domenica Raffaella Cirasuolo.
Vincenzo D’Alessio è un poeta nato a Solofra nel 1950 che ora vive a Montoro. Laureato in materie letterarie all’Università di Salerno, è il fondatore del premio nazionale biennale di poesia “Città di Solofra” e del Gruppo culturale Francesco Guarini.
Egli è autore di molte raccolte di poesie dedicate per lo più all’ambiente contadino meridionale. La sua prima raccolta di poesia, La valigia del meridionale, infatti, parla della dura vita dei contadini del sud, costretti, per il passato, ad emigrare al nord in cerca di lavoro. Il loro cuore però rimaneva legato indissolubilmente ai luoghi di origine che portavano con sé sotto forma di zolla di terra.
Il dramma contadino è stato trattato da molti poeti del sud, oggi ancora sconosciuti al grande pubblico, perché non inseriti nelle antologie scolastiche e quindi ignorati dagli studenti. Per questo il nostro poeta D’Alessio combatte una battaglia singolare, quella di far nascere in noi studenti il desiderio di conoscere la nostra identità, le nostre origini, la nostra cultura attraverso le opere dei poeti del nostro amato Sud.
Nelle due lezioni tenute nella nostra classe, la mitica 3a D, egli ci ha fatto avvicinare all’opera di due grandi poeti meridionali: Salvatore Quasimodo e Rocco Scotellaro. Logicamente le nostre insegnanti ci avevano adeguatamente preparato sull’argomento cosicché abbiamo potuto partecipare ai due incontri con attenzione e motivato interesse.
Di entrambi gli autori abbiamo letto poesie significative e toccanti. In particolare, di Quasimodo, autore trattato prevalentemente nella prima lezione, abbiamo analizzato Alle fronde dei salici. D’Alessio ha chiamato me e un’altra mia compagna di classe, Myriam Giaquinto, per farci declamare ad alta voce i versi di questa magnifica poesia e ci ha fatto capire quanto sia importante utilizzare la giusta dizione e intonazione per cogliere a pieno il significato delle parole usate dall’autore nella sua composizione.
Quasimodo è stato un poeta meridionale, precisamente siciliano, premio nobel per la letteratura che ad un certo punto della sua vita ha compreso che la poesia doveva avere una funzione “civile” e “morale” cioè doveva farsi interprete dell’uomo e del suo desiderio di pace e serenità contro l’oppressione causata dalle ingiustizie e dalla guerra. Questa esigenza di far uscire la poesia dal suo isolamento idilliaco, nasce in Quasimodo dall’esperienza sconvolgente della seconda guerra mondiale e dell’oppressione nazifascista, di cui parla appunto la poesia affrontata.
A fine giornata alla Dirigente, alle professoresse e agli studenti, la Casa Editrice FARA di Rimini ha fatto pervenire dei volumi in dono incitandoci a leggere e ad appassionarci alla poesia e all’arte in generale.


La seconda lezione è stata incentrata soprattutto sul poeta Rocco Scotellaro, nato a Tricarico, in Basilicata, nel 1923. La sua vita fu dedicata alla poesia e alla politica tanto che a soli 23 anni era già sindaco del suo Paese. D’Alessio ci ricorda che Scotellaro fu uno dei poeti che ha sostenuto e lottato per il Meridione parlando nelle sue opere del dramma dei contadini che intendeva far conoscere in tutt’Italia. Purtroppo la sua vita si è spezzata precocemente a causa di un infarto avuto alla giovane età di 30 anni. Ma in così poco tempo egli si era occupato soprattutto dei problemi dei contadini nelle campagne di un Mezzogiorno dimenticato e periferico della Basilicata dei primi anni del Novecento.
Anche in questo secondo incontro abbiamo recitato ad alta voce alcune bellissime poesie di Scotellaro, come PACE CON I MIEI MORTI, I PADRI DELLA TERRA SE CI SENTONO CANTARE, SEMPRE NUOVA È L’ALBA, CAPOSTORNO, LA LUNA PIENA.
Purtroppo ancora oggi, la grande opera di Scotellaro rimane quasi del tutto ignorata dalla cultura ufficiale per questo siamo particolarmente grati al nostro conterraneo poeta D’Alessio che ci ha dato occasione di conoscerlo ed apprezzarlo.
Ciò che ci ha maggiormente colpito durante queste lezioni, oltre agli argomenti trattati, è stata l’enfasi e la passione che egli trasmetteva durante le sue spiegazioni. Si percepiva in modo tangibile il suo amore per questi poeti e per la poesia in generale e traspariva tutta la sua grande cultura.
Il momento più bello ed entusiasmante c’è stato quando abbiamo cantato la canzone di Adriano Celentano Il ragazzo della via Gluck, accompagnati dagli accordi della chitarra suonata dallo stesso d’Alessio. Una canzone, canticchiata tante volte senza capirne il senso è diventata nella nostra mente piena di profondi significati e di legami con la storia del nostro Paese. Chi poteva spiegarcela meglio di un vero poeta? Egli con le sue parole, la passione e l’entusiasmo con cui ci parlava, ha saputo trasportarci in un mondo parallelo dove esisteva solo poesia. 


Speriamo di avere ancora altre opportunità per approfondire una tematica così importante e coinvolgente per noi giovani studenti del Sud Italia.
Dimenticavo: gli incontri sono stati immortalati con una bella foto di gruppo, pubblicata sulla pagina web della casa editrice Fara, con la quale il poeta collabora.

lunedì 21 novembre 2016

La sfida al Fato "sorprende" il destino


recensione di Subhaga Gaetano Failla


I personaggi del romanzo Appunti di meccanica celeste, come in un dipinto affollato da multiforme umanità e molteplici incarnazioni di angeli custodi e guide daimoniche,  vengono condotti verso il compimento dei propri destini da trapezisti, giocolieri e altri potenti funamboli esistenziali, riuniti nella vita comunitaria e nomade d’un circo, capitato per “caso e necessità” nella dimensione archetipica di Girifalco. Sette abitanti del paese calabrese dove è nato lo stesso autore, sette emozionanti personaggi, uomini e donne di svariate età, scopriranno attraverso l’incontro con i circensi una netta biforcazione del loro sentiero.
Girifalco, luogo mitico e reale che apre una crepa nello stereotipo del fatalismo meridionale, nasconde accidentalmente l’armonia d’una pitagorica musica di sfere celesti, e oltre il frastuono  della quotidianità ne svela la melodia. Nel dissolversi dell’illusorio caos sognato dai dormienti  appare l’immanenza cosmica, sorprendente perfino nella tracotanza della divergenza, dell’hybris che sfida il Fato, forse per affermare paradossalmente che la sfida stessa è parte integrante del destino.
Domenico Dara  accompagna il lettore in questo suo ulteriore itinerario, nel percorso di una antropologia letteraria che abbraccia con identico pathos esseri umani, galassie e polvere di terra, e ricerca ancora, con rinnovata passione e impeto lirico, la sua chiave di interpretazione del “codice dell’anima”, in un aleggiare fraterno dell’opera di James Hillman.  
La lingua utilizzata, come nel suo precedente romanzo d’esordio Breve trattato sulle coincidenze, è seducente e duttile, plasmata adesso in un impasto lessicale fatto di arcaismi dialettali e al contempo di modernismi connessi a registri scientifici, e di slanci poetici tra astrofisica, mitologia e filosofia delle origini.
I personaggi di Appunti di meccanica celeste commuovono e rimangono impressi, trovando un proprio spazio esclusivo nelle trame della nostra memoria.
Dara si riconferma felicemente autore tellurico e vertiginoso, e scrittore nostalgico, d’una insolita nostalgia: il suo dolore, la sua algia, è lunare e  rarefatto, e il suo nostos, il ritorno, ha come destinazione e destino l’intero universo.

domenica 20 novembre 2016

Marzia Biondi e il suo “Soffi di vita”

 Marzia Biondi è nata a Forlì (FC) il 23 agosto del 1963. Nel 2006 si è laureata in Scienze dell'Educazione, nel 2007 ha conseguito un Master per "Manager della Formazione", dal 2011 è laureanda in Scienza della Cultura-Mediazione Interculturale. Dal 1987 è impiegata presso un'azienda. È volontaria in Albania e nella clown-terapia Ass. V.I.P. onlus Forlì (Viviamo In Positivo) e consigliere presso l'Associazione Psicologi per i Popoli Emilia Romagna. Alcuni suoi testi sono presenti in antologie poetiche nazionali. Ogni istante (Il Filo,2011) è la sua prima raccolta poetica, Soffi di vita (Risguardi edizioni, 2016) la seconda.

Conosco Marzia Biondi da un paio d’anni circa. Figura interessante nel panorama poetico emiliano-romagnolo, unisce un grande amore per la poesia a quello per la fede di cui parla come di “un regalo ricevuto, guida e maestra di vita, insieme alla poesia, suo strumento”. La sua poetica si snoda dunque in queste direzioni parallele, dove l’ascolto di cui è capace non solo la sua persona tutta ma, anche, la sua dimensione poetica, ci viene restituito nei versi della sua ultima raccolta attraverso la narrazione di un tempo poetico fatto di grandi e piccoli accadimenti, sottolineato da gioie e dolori, da affanni e stupori laddove tutto accade sotto l’egida dell’amore che implementa il senso dell’accadere stesso.

Soffi di vita


Già dalla prefazione al libro, a cura di Davide Rondoni, è facile intendere come i testi di Marzia Biondi siano paragonabili all’esternarsi di momenti di effusione dove le immagini tendono a ravvivare il pensiero nella direzione di una vitalità – da qui il titolo Soffi di vita – che contiene al suo interno tutta l’essenza dell’essere.
Dal rapporto con la natura che traluce attraverso i sensi stessi, si inserisce di diritto anche il rapporto con la vita, dove le parti in causa, i protagonisti, gli uomini, hanno tra le mani una sorta di copione - il loro percorso, quello che possono costruirsi con il libero arbitrio -  e intendono così recitare tanti ruoli sociali quanti la vita stessa gliene attribuisce. Non c’è incompatibilità tra i vari ruoli perché si tende a conciliarli, a miscelarli nel tempo che, per l’autrice, diventa “il tempo della poesia”. Un tempo fatto di esperienze, di incontri, di emozioni vissute nella gamma più disparata delle emozioni. Marzia Biondi, in un alternarsi di poesia e prosa poetica, ci rende conto così di quella che per lei è l’esperienza della poesia, tra chiaroscuri di parole e silenzi, laddove i doni, l’amicizia, il calore, il colore (alcuni testi sono anche scritti con l’inchiostro azzurro, rosa) sono elementi di una visione che mette l’uomo e il suo valore al centro del percorso, anche nel caos che emerge, ad esempio, nel testo cecità dove le possibilità di concentrarsi o di fuggire dalla morsa disumana che lo attanaglia, vengono superate dal desiderio di conoscenza e di incontro che emerge sommessamente dall’ultimo verso: il sorriso eloquente da labbra timide e perfette.
Ora, in una fase antropologica dove nessuno ha ben chiaro cosa succeda veramente – come afferma il critico Gianfranco Lauretano – dove il racconto della storia si sta perdendo, l’autrice  - all’interno del libro - ringrazia cosa è successo intorno a lei e dichiara di scrivere proprio perché è successo qualcosa. Il titolo del resto, solo apparentemente semplice, - cos’è un soffio? – ci rimanda a ciò che sta al confine tra il perdersi e la sostanza, come se tutti noi fossimo un po’ dentro e un po’ fuori il soffio della vita. Marzia Biondi, nella schizofrenia tipica del poeta – dove non tutto quello che viene scritto è pensato, non tutto è reale ma anche un po’ folle – ci dona dei versi che spandono energia per la vita stessa, dei versi sostanziati di immagini per fermare ciò che accade, poiché questo è il compito della poesia.

Alcuni testi da: Soffi di vita

Cecità

cammini per strada
carrozzine-sportine prolungamenti di mani sterili e intorpidite
da tante cose ti devi districare

fra piedi caotici, click ed i-pad in funzioni differite
rombi stonati e grida inascoltate
tante cose devi scansare

si ode senza sentire, le pupille vedono senza guardare un volto,
la profondità di un occhio
il sorriso eloquente da labbra timide e perfette

*****

Imperfetti

mute intense savie di sensi
con esse siamo umani
imperfetti nel donarle

disumani diveniamo quando
in armi esse trasformiamo
e cuori e menti lasciamo sgomenti

più nulla rimane né di esse né dell’umano
se non l’urlo silente di
una mano che ti cerca lontano

*****
Arrivederci (in un attimo)

ricordi, saggezza, fluire della vita, attimo sfuggente
dal ritorno dell’onda fermato

dai cuori assaporato

nell’oceano incandescente e dissetante
è di nuovo andato

arrivederci!

*****

(senza titolo)

la brezza salata
di luce calda e avvolgente
giunga sull’onda della vita

baciata dal mare


Bologna, 20 novembre 2016


Cinzia Demi