venerdì 31 ottobre 2014

E' cino, la gran bòta, la s-ciuptèda di Miro Gori alla Casa dell'Upupa 8 nov

Sabato 8 novembre 2014 alle ore 17.00 
Miro Gori presenta con Cesare Ronconi e Lorella Barlaam
la sua ultima raccolta 


alla Casa dell'Upupa
via Roverella, 16
47020 – Sorrivoli Roncofreddo (FC)

invito di Adele Briani Fioravanti
 










mercoledì 29 ottobre 2014

Sulla mostra di Ardea Montebelli Più grande del mare

di Alessandro Ramberti



http://www.asianews.it/notizie-it/Le-mappe-di-Matteo-Ricci-non-mettono-la-Cina-al-centro-del-mondo-17450.html
Il grande missionario gesuita Matteo Ricci (Macerata 6 ottobre 1552 – Pechino 11 maggio 1610), è un personalità straordinariamente affascinante, di vasta cultura e profonda spiritualità. Dal punto di vista cristiano può essere considerato un novello Paolo: se quest'ultimo riuscì a penetrare il mondo greco-romano, Ricci, con una lunga (1852-1601) ascesa a Pechino irta di innumerevoli difficoltà, fu il primo missionario/sapiente ad essere ammesso al corte del Celeste Impero. Ascoltando alla kermesse avellanita Gianni Criveller (nella foto con una mappa realizzata da Ricci), uno dei massimi conoscitori del maceratese, Ardea Montebelli ha creato la mostra Più grande del mare  in cui si è immersa con tutta sé stessa: attraverso intense poesie, suggestive fotografie in bianco e nero all'infrarosso di paesaggi sospesi nel tempo, icastiche citazioni di brani delle lettere ricciane e di opere di grandi pensatori cinesi (Confucio, Laozi) intervallate da caratteri cinesi scritti di suo pugno, il visitatore viene trasportato in un “altro” mondo. 
Un modo imprescindibile per avvicinarsi alla cultura cinese è quello di apprenderne la lingua e la scrittura. In particolare quest'ultima racchiude una saggezza millenaria che è già in sé una visione e una interpretazione della realtà. La calligrafia, di cui Ardea è una cultrice, esprime poi i sentimenti più profondi, l'anima di chi traccia i caratteri: è quasi una donazione di energia. Consideriamo ad esemio il carattere qui sotto, si pronuncia hǎi  e significa “mare”:




Anche se non si è esperti di calligrafia cinese, se ne può subito percepire la dinamicità, la forza propulsiva ed espansiva… è forse uno dei caratteri che può esprimere meglio l'afflato missionario di Ricci, che percorrendo mari e oceani al tempo assai pericolosi (moltissimi missionari sono morti durante la navigazione), ha poi “navigato” il non meno insidioso e difficile mare della Cina, un mare al contempo pieno di meraviglie naturali e artistiche. 
Su suggerimento del suo superiore, padre Alessandro Valignano, Ricci adottò il metodo “soave” di predicare il Vangelo, facendosi cinese con i cinesi, accomodandosi ai loro usi e costumi, prima vestendosi da monaco buddista e poi da letterato confuciano, trovando negli scritti di Confucio non poche somiglianze con i comandamenti e i precetti di umanità e benevolenza contenuti nella Bibbia. 
Non a caso Ardea pone all'inizio del percorso questa citazione paolina: “Siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari” (1 Ts 2,7-8). 
La prima poesia inizia con questi versi:

Avverti solo la vita che nasce
sulle immobili acque
nulla si perde
del rito e della danza.
(…)

Poche ma densissime immagini ci aprono già al senso di questo viaggio in compagnia di Ardea e Matteo: il movimento segue una Via 道 (dào) che ha un senso, una direzione, una bellezza che vengono dall'alto. 
Nella seconda poesia troviamo scritto:

(…)
Ciò che manca
a fatica sazia l’attesa
di una verità
che mi scruti 

(…)

E successivamente appaiono i caratteri 天主 tiānzhŭ (Signore del Cielo) scelti da Ricci per indicare il Dio cristiano.
La terza poesia (abbinata a una citazione in cui Matteo afferma che dopo anni di studio è in grado di predicare e confessare) recita:

Mi persuadono
l'odore della pioggia
la fatica e l'amore
strappati alla terra.

Nella quarta abbiamo una dichiarazione implicitamente paolina, Ricci (ormai a Pechino, come si evince dal passo citato da una lettera del 1608) è conscio che la sua opera di evangelizzazione può considerarsi avviata: “… essere qui è molto: / sembra che tutte le cose / stendano ora le ali.”

Segue un altro carattere che indica il Legno, uno dei 5 elementi costitituvi dell'universo per i cinesi (gli altri, che con la loro generativa bellezza, intervallano il successivo percorso della mostra, sono Fuoco, Terra, Metallo e Acqua; tutti i caratteri, come abbiamo detto, sono calligrafati da Ardea)








Questo carattere esprime stabilità e vitalità ed è seguito da una poesia in cui troviamo scritto: “… e osservo sul ciglio del mare / come tutto si trasforma…”.

Seguono il carattere 火 (huǒ, fuoco) e una poesia che termina con questi versi: “… dopo questo viaggio / avrò riposo / ai piedi dell'altare.”

La splendida fotografia di una piccola cascata a balze precede dei versi in cui Matteo tramite Ardea afferma: “Vorrei essere anch'io  / il seme nascoto / che si posa / fra i monti.”

Poi l'elemento 土 (tŭ, terra) seguito da una poesia che si apre con questa quartina: “Ogni attimo / di questa terra / è un solco chiaro / che sfida la distanza.”




L'elemento 金 (jin, metallo) precede la poesia che inizia con: “Quale forza / esprime la lucentezza / del giorno.”


Infine il carattere/elemento 水 (shuĭ, acqua) introduce l'ultima poesia, che citiamo integralmente:


La differenza
non sta nel togliere
qualcosa agli avvenimenti,
ma nell'aggiungere alcune diversità.
È un'attesa.



Questa rapida e parziale presentazione della mostra Più grande del mare, non può renderne che in minima parte il coinvolgente richiamo, dove il fascino di una cultura millenaria si unisce alla stupenda interpretazione poetica, fotografica e calligrafica di Ardea Montebelli. L'Autrice riminese ha saputo calarsi con grande empatia nei panni di un gesuita che meriterebbe di essere maggiormente conosciuto in Italia, non solo per il suo valore indiscusso di saggio e scienziato, ma soprattutto per la testimonianza evangelica che quattro secoli fa ha piantato stabilmente in un mondo lontanissimo e ostile il seme dell'annuncio cristiano che sta portando frutti ai nostri giorni. Un mondo che nonostante le diffidenze e le persecuzioni, Matteo Ricci ha saputo amare e da cui è stato  ed è amato. Del missionario è in corso la causa di beatificazione

sabato 25 ottobre 2014

La casa editrice Fara di Rimini per i giovani

di Vincenzo D'Alessio & G.C. F. Guarini



Oggi, venticinque ottobre, si è svolta la giornata di premiazione della quarta edizione delle borse di studio intitolate al sindaco della città di Solofra (AV) “Aniello DE CHIARA” (1942-2001) organizzata dall’Associazione no profit “Per Lello” (come lo chiamano amichevolmente le persone che lo amano) in favore dei giovani studenti degli Istituti Scolastici Statali della città. Le prime edizioni furono realizzate in favore dei giovani dell’Istituto Tecnico Commerciale “Gregorio Ronca”, successivamente per i giovani dell’Istituto Comprensivo “Francesco Guarini”.
I fortunati premiati di quest’anno sono risultati: Maria Pia Vietri, Maria Olimpia D’Urso e Giuseppe Capasso. La sala maggiore dell’antico Palazzo Ducale di Solofra, appartenuto alla famiglia Orsini, oggi sede municipale, ha ospitato tanti giovani studenti, i parenti dei premiati, i docenti, il dirigente scolastico, gli organizzatori, le autorità, i curiosi. Una folta rappresentanza che ha voluto far sentire ai premiati tutta la gioia del risultato e la speranza per i prossimi vincitori.
La figlia Maria ha sottolineato il grande amore che il padre ha avuto verso le giovani generazioni, specialmente i giovani di Solofra, memore della scomparsa di un caro amico giornalista, Giancarlo Siani (1959-1985) stroncato a Napoli dalla Camorra. Il sindaco di Solofra difese la memoria dell’illustre scomparso (fu eletto Presidente della Commissione Anticamorra e per questo ricevette ripetute minacce, tanto da essere scortato per diversi anni). Nel ricordo del grande impegno sociale, culturale, economico, profuso in favore dei giovani come Presidente del Consiglio Regionale della Campania (1985-1992) e come sindaco della sua città natale, i familiari e gli amici hanno fondato l’Associazione no profit la quale promuove questa iniziativa.
La Casa Editrice FARA di Rimini, che dalla sua nascita ha promosso la scrittura dei giovani autori di tutte le regioni d’Italia e dall’estero, è stata già dalla prima edizione al fianco della famiglia De Chiara, incoraggiando e sostenendo la promozione della Cultura negli Istituti Statali dell’Irpinia con il dono, ai vincitori, di pubblicazioni.

giovedì 23 ottobre 2014

Sono uscite le Letture bibliche di Andrea Ponso, parole da mangiare


Andrea Ponso Letture bibliche 

 
http://www.faraeditore.it/nefesh/letturebibliche.html

€ 18,00 pp. 222 (Nefesh #16)
ISBN 978 97441 42 7

«Solo chi scopre in sé stesso, tramite l’ascolto incessante, di avere già ricevuto, e del tutto gratuitamente, un tesoro così grande e luminoso, può aprirsi a ricevere ancora; il primo passo, quindi, nell’ascolto, è sempre il riconoscimento e la riconoscenza verso un dono, quello della Parola, che per primo è Dio stesso a fare; non il nostro “volere”, non le nostre “opere”, non il nostro orgoglio e la nostra sete di possesso. “Chi non ha”, in questa prospettiva, significa che ancora non è stato letteralmente invaso dalla grazia, non ha saputo infrangere le barriere di pietra del suo io granitico, non è riuscito a farsi vuoto accogliente, ombra umile, anche buia e silenziosa, in cui la luce possa risplendere ed essere accettata come dono.» (dalla “lettura” su Lc 8,16-18)

Questo volume offre una serie di meditazioni in forma di lectio, accumulate pazientemente giorno dopo giorno con l’aiuto della scrittura che si confronta in un corpo a corpo con le Scritture. Non si tratta di una chiusura al resto della vita: vi entra dentro anche il contesto, il sentire e il patire del momento, con tanto di data e ora del giorno, si potrebbe dire. Perché la Parola, se da un lato ci immerge nel suo cuore pulsante di carne e di respiro, nel suo ritmo e nelle sue forme – dall’altro ci spinge fuori, ci riporta in superficie, nell’esistenza di tutti i giorni: a volte illuminandola, altre sconvolgendola, altre ancora rendendola più complessa e inarginabile. Ma sempre donandoci la novità nella ripetizione di quel gesto umile e superbo insieme, di chi si china sulle Scritture per indagare le tracce di Dio e della sua creazione in atto.



Andrea Ponso è nato a Noventa Vicentina nel 1975. Dopo studi letterari sta concludendo quelli teologico-liturgici. Si occupa di letteratura, teologia e traduzione dall’ebraico biblico (in uscita la sua versione del Cantico dei cantici) e collabora come editor per alcune case editrici. Ha pubblicato testi di critica e poesia in varie riviste, mentre il suo ultimo libro, I ferri del mestiere, è uscito per Lo Specchio Mondadori nel 2011.

martedì 21 ottobre 2014

Fariani felici alla MicroEditoria di Chiari 8 novembre 2014

Da oltre un decennio Fara partecipa con entusiasmo alla MicroEditoria di Chiari (BS) nella splendida cornice di Villa Mazzotti. Quest'anno nelle giornate dal 7 al 9 novembre autori ed editori si confrontano sul tema La Felicità: far crescere il Benessere Interno Lordo.

Nella giornata di sabato 8 novembre 
dalle ore 11.00 in Sala Morcelli
vi aspettiamo per l'incontro

“La felicità delle parole”

pagine in corpo ed anima aperte al dibattito
con

Marco Mastromauro Siamo tutti un po’ matti
Franca Oberti Scrittura felice
Lucia Grassiccia  Dove sta andando il mio italiano?

Gianni Criveller e Natascia Ancarani Letteratura… con i piedi
Colomba Di Pasquale Il mio Delta e dintorni
Andrea Ponso Letture bibliche


http://www.faraeditore.it/nefesh/letturebibliche.html
 

sabato 18 ottobre 2014

Il viaggio e la frontiera

di Vincenzo D'Alessio



Quest’anno l’attore e regista Enzo Marangelo (nella foto con D’Alessio accanto al “Monumento al Conciatore”, opera dello scultore italo americano Francesco Ferrara, donato alla città natale), fondatore dell’Accademia di Teatro “Hypokrites” con sede nella città di Solofra (AV), ha organizzato un percorso di lavoro dal tema: “Il corpo narrante” : corso di dizione, pronunzia e lettura tenuto dallo stesso regista e dall’attrice Piera De Piano, con il Patrocinio del Comune di Solofra. Il laboratorio teatrale tende a valorizzare i giovani e a scoprire nuovi talenti.
Il regista Marangelo, formatosi alla scuola dei grandi attori del Novecento, ha portato in scena con lusinghiero successo il suo ultimo lavoro: “Le memorie di Adriano”, tratte dal celebre romanzo di Marguerite Yorcenar, ambientato nello splendido scenario dei Templi di Paestum (SA) e nell’anfiteatro d’Età Romana di Avella (AV).
Nel percorso didattico previsto per quest’anno che si terrà a Solofra ha inserito la raccolta di poesie “Varco e altre poesie” di Pietro Roversi (vincitrice del concorso “Insanamente 2014” con Medaglia del Presidente della Repubblica e iniserita in Siamo tutti un po' matti, a cura di Alessandro Ramberti). La scelta è ricaduta sulla raccolta per la singolarità dei soggetti presi in considerazione chiamati per nome e facente parte di un viaggio, simile al varco di un confine interiore che culmina nei versi del “Supervisore”.
Come ha scritto nel giudizio dato a questa raccolta Guido Passini: “La silloge Varco e altre poesie mi riporta alla mente Spoon River, forse per via dei titoli che portano quasi tutti nomi comuni, forse per come sono strutturate alcune poesie.”
Il regista Marangelo da anni segue il filone della scoperta di quelle figure comuni che attraverso il palcoscenico della Storia liberano la propria identità, a volte nascosta alla maggior parte del pubblico.

martedì 14 ottobre 2014

Finestre aperte sul Sud

di Vincenzo D'Alessio


 
Nella serata di ieri, sabato undici ottobre, ha avuto luogo nella città di Montella (AV) la presentazione dell’ultima fatica del giornalista e scrittore Pino Aprile dal titolo Il Sud puzza: storia di vergogna e di orgoglio (Piemme Edizioni, 2013). Un pubblico attento ha seguito l’entusiasmante presentazione fatta dall’autore che ha evidenziato lo sfasamento delle verità sul Meridione d’Italia offuscate dal muro d’ombra della storia imposta dai vincitori.
“Il momento è giunto, sottolineava Pino Aprile, di portare alla luce quelle che per anni sono state reiterate come vergogne del Sud e invece non sono altro che sopraffazioni volute dai poteri forti che dominano il nostro Paese, con accordi occulti tra Camorra, Massoneria e Politica”. Tante morti, tante sofferenze, tante verità sepolte con i pochi uomini disposti ad andare controcorrente. Oggi sono in primo piano tante Associazioni che tramite il web stanno portando avanti la resistenza legale contro ogni forma di brutale sopraffazione, tra queste “Libera” e le mamme coraggio nella “Terra dei Fuochi”.
A moderare la presentazione, e il dialogo con il pubblico, sono intervenuti il professore Marcello Ravveduto dell’Università degli Studi di Salerno e il professore Paolo Saggese fondatore, insieme ad altri Autori, del Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud, il quale dalla sua fondazione sta combattendo con ogni mezzo e con l’esempio delle opere per portare nelle Scuole Statali dei diversi ordini e gradi la luce della conoscenza sulle reali vicende del Sud della nostra penisola. A lui e a Pino Aprile (nella foto sopra) il dono dell’ultima Antologia del concorso nazionale Insanamente (con medaglie del Presidente della Repubblica).
La presentazione è stata programmata dal Circolo Culturale “Ferdinando Cianciulli” nato nel 2012 a Montella che opera in diversi ambiti sociali con la raccolta di fondi a sostegno delle famiglie disagiate, specialmente di quelle hanno bambini malati di SLA. Per ogni eventuale donazione l’Associazione è rintracciabile sul web.

È uscito Dove sta andando il mio italiano?

Autori Vari

Dove sta andando il mio italiano?

a cura di Alessandro Ramberti

€ 20,00 pp. 236 (Nefesh 15)
ISBN 978 88 97441 51 9

http://www.faraeditore.it/nefesh/mioitaliano.html


Questo volume nasce dalla kermesse che si è svolta a Fonte
Avellana dal 20 al 22 giugno 2014 grazie all’ospitalità del Priore Gianni Giacomelli e di tutta la comunità camaldolese (cfr. www. fonteavellana.it) che ci ha fatto sentire a casa in un luogo di accogliente spiritualità. Il tema “Dove sta andando il mio italiano?” ha dato ai partecipanti lo spunto per indagare il rapporto con la nostra lingua che ci trasforma e che noi stessi trasformiamo, la lingua in cui pensiamo, preghiamo, amiamo e progettiamo, la lingua che tanto deve a Dante che ha calcato le pietre dello Scriptorium in cui ci siamo riuniti, la lingua che scriviamo, pronunciamo e digitiamo. Ogni autore lo ha declinato creativiamente con una testimonianza, un
saggio, una silloge poetica, una performance, un racconto…


• Andrea Venzi > Il giorno in cui ho imparato l’italiano
• Antonio Carlo Dall’Acqua > Tradurre ricomporre ricreare forse
• Claudio Fraticelli > Osservazioni sul linguaggio giuridico attuale
• Enrica Musio > Non capisco mai bene l’italiano
• Germana Duca Ruggeri > Il mio italiano va a zonzo
• Guido Passini > Dov’è finito il mio Italiano?
• Lisa Di Paolo > L’italiano… in carcere
• Lucia Grassiccia > Mascaratu
• Marco Bottoni > Dire, leggere e scrivere
• Maria Lenti > Quadri per una (s) (ri) composizione
• Mario Campagnuolo > Scrivendo, sbagliando…
• Paolo Pistoletti > Legni: una lettura devadatta
• Salvatore Ritrovato > La poesia viaggia oltre la lingua
• Silvano Gallon > “… in continuo ed infinito cammino…”
• Stefano Martello > Il mio ed il vostro italiano: un briefing tattico

lunedì 13 ottobre 2014

Fattitaliani.it intervista Rosamaria Rita Lombardo (che ci svela la tomba di Minosse in terra di Sicilia)

intervista di Alvise Campostrini pubblicata in www.fattitaliani.it/2014/10/la-storia-ritrovata-nel-mito-intervista.html

La storia ritrovata nel mito. Intervista a Rosamaria Rita Lombardo, autrice de L'ultima dimora del Re che svela la tomba di Minosse

Tutto imperniato sull'appassionante e suggestiva indagine della mitica sepoltura di un re tra le viscere di Monte Guastanella in Sicilia, il saggio storico-archeologico dalla peculiare valenza anche etno-antropologica pubblicato da Fara Editore L'ultima dimora del Re. Una millenaria narrazione siciliana “svela” la tomba di Minosse di Rosamaria Rita Lombardo (pagg. 112, €14,00), illustra e motiva l'ipotesi sensazionale che tale sito possa essere il vero luogo di sepoltura del mitico re cretese Minosse in Sicilia.
L'autrice, di origini siciliane, archeologa, ricercatrice e docente liceale, laureata all'Università Statale di Milano in Lettere classiche-indirizzo archeologico, sostiene con forza, passione e determinazione, dopo anni fecondi di studio di tradizioni scritte ed orali con indagini archeologiche sul campo, simile sbalorditiva ipotesi archeologica. Ad avvalorare quest'ultima sembrerebbero concorrere sia i dati forniti dalle fonti storiche sul triste epilogo dell'avventura del re Minosse in Sicilia (Erodoto, Aristotele, Diodoro Siculo, Eraclide Lembo, Strabone, Lico etc.) sia quelli emergenti dall'indagine autoptica, topografica, toponomastica ed idrografica effettuata sul territorio in questione, oggetto inoltre di una preziosissima memoria popolare raccolta e verificata direttamente dall'autrice in ambito familiare ed in loco (“Il re Mini-Minosse è sepolto nella montagna di Guastanella. È tutto pieno d'oro e quando lo scoprono egli diventa un capro d'oro e uno degli scopritori dovrà sacrificare la propria vita”) che conclude il libro con queste significative parole: “Il futuro per tutti noi - ne sono fermamente convinta - ha un cuore antico”. Incontriamo Rosamaria Rita Lombardo nel corso del tour estivo di presentazione e promozione in Sicilia del suo libro finalizzato precipuamente a calamitare l'attenzione del mondo accademico e scientifico, oltre che quello del pubblico dei lettori, sull’ipotesi archeologica di cui sopra cui possa far seguito, questo è l'auspicio e l'intento dell'autrice, l'attivazione, sotto la sua egida, di una sistematica campagna di scavi che possa suffragare o meno la fondatezza della medesima.  


L'intervista
Quale rilevanza può assumere in ambito storico-archeologico il frutto del suo studio e che ruolo ha giocato il dato mitico, unito alla trasmissione orale del medesimo, nella conduzione della sua ricerca? 
Ritengo, in verità, che la portata di questa mia ricerca in campo storico-archeologico possa rivelarsi una “pietra miliare “sotto diversi aspetti. La possibile identificazione, da me avanzata, del tempio-sepolcro del re Minosse con l'insediamento ubicato sul monte Guastanella, monte ancora in gran parte di mia proprietà dell’agrigentino, credo difatti possa rivoluzionare sul piano storico, se accreditata e convalidata come ipotesi dall’avallo scientifico ed accademico conseguente ad una seria campagna di scavi che auspico e caldeggio con la mia opera, il panorama dei contatti e dei rapporti in antico tra Grecia e Sikania, anticipandoli di diversi secoli (XVI-XIII sec. a.C.) rispetto a quelli assodati della colonizzazione greca d’età storica (VIII sec. a.C.), nonché sul piano filologico-letterario possa servire a riconoscere, in maniera incontrovertibile, piena veridicità storica ai miti antichi e alla loro trasmissione orale conservatasi, come nel nostro caso, miracolosamente immutata nei millenni. A questo titolo va sottolineato che il dato mitico, tràdito oralmente e corroborato dai dati materiali, “archeologici”, è uno degli elementi di cui chi si occupa di storia (e l'archeologo è in primis uno storico e non un mero classificatore di cocci!), come ben sostiene persino lo stesso Tucidide, può avvalersi per ricostruire epoche per le quali non esistono fonti scritte. Anzi la trasmissione orale del mito può trovare forma nella riesumazione di prove storiche oggettive acquisite mediante un capillare e rigoroso studio scientifico ed archeologico. Il mito pertanto merita sovente, a mio avviso, di far parte a pieno titolo della Storia e costituire illuminante elemento spia e guida, come lo è stato per me, nella conduzione della ricerca archeologica. Mi sia consentito dissentire quindi a tal riguardo, da classicista, dalle posizioni rappresentate dalla scuola di pensiero tradizionale e storica sul Mito e da una certa ortodossia accademica che, con aprioristica diffidenza verso di esso, davanti ad ipotesi quale la mia o similari “si straccia le vesti” e si rifiuta, con l'accusa di “sensazionalismo archeologico” o ingenuità di ricerca, di riconoscere, laddove si manifesti patente, la convergenza fra l'evidenza archeologica ed i motivi mitico-leggendari, ciò pur di non mettere in discussione il tabù fondatore di una certa storiografia classica: tutto è falso, niente è vero nel dato mitico. Come potrebbe difatti un ricercatore “sensato e serio” ritenere che Minosse sia un personaggio realmente esistito? Quando autorevoli storici, fra cui lo stesso Tucidide, lo menzionano non intendono certo riferirsi ad una figura storica! O forse no? A questo titolo esiste però, a mio avviso, un modo di esprimere il singolare in funzione di popolo, di comunità e ancor più di esseri che possono esser compresi in quel significato: una sorta di uso del singolare collettivo. Quindi Minosse avrebbe forse senso come popolo minoico? La domanda rimane aperta per tutti coloro i quali manifestano perplessità e riserve in merito alla storicità di una figura quale quella del sovrano minoico, come di altre figure mitiche, annosa e spinosa querelle fra archeologi, storici, filologi ed antropologi di questi secoli, ed alla sensatezza del parlare della sua “vera” tomba su monte Guastanella. Personalmente a questo riguardo forte è per me la tentazione di fare mia la celebre affermazione del poeta Pindaro, tramandataci da Erodoto, che tanto ha ispirato e guidato le mie ricerche: “Un fatto muore quando nessuno più lo racconta”. A me è toccato in sorte di raccogliere e registrare un racconto, una memoria aedica mai morta nel volger dei millenni proprio perché riferentesi, a mio modesto modo di vedere, non ad una semplice tradizione riportata dalla fonti classiche, concepita ad hoc e costruita ex post dai Sicelioti per nobilitare e legittimare la presenza degli Elleni venuti in età storica a colonizzare la Sicilia, ma ad un fatto realmente accaduto, sia esso la morte di Minosse in Sicilia con conseguente sepoltura in loco, oppure la presenza minoico-micenea in antico nell'isola di Trinacria, come testimoniano i risultati delle ricerche condotte da eminenti archeologi quali P. Orsi, B. Pace, G. Pugliese Carratelli e L. Bernabò Brea, l'attestazione figurativa della saga del re Minosse in Sicilia da me individuata, secondo una personale esegesi interpretativa, nell'anfora cipriota Hubbard dell'VIII sec. a.C. (vedi appendice del mio libro), nonché risultanze ed esiti di altri studi da me condotti in zona su persistenze di riti, cibi e danze di matrice cretese che mi riservo a breve di pubblicare. Va ricordato a tale titolo che l'identificazione di molti siti da parte del mio indimenticabile Professor Orlandini – vedi fra tutti il Thesmoforion di Bitalemi in quel di Gela negli anni Sessanta – è scaturita, prima che dall'effettuazione degli scavi veri e propri, da indagini toponomastiche, memorie folcloriche e persistenze di culti antichi pagani in analoghi culti moderni cristiani. Si fa riferimento altresì ad analogo procedere nella conduzione degli scavi da parte della professoressa Zancani Montuoro (1934-1940) in quel di Paestum alla ricerca del santuario di Hera Argiva (Heraion alla foce del Sele di memoria straboniana / Santuario della Madonna del Granato di Capaccio). Io, in verità, provengo da questa scuola di pensiero e di ricerca, appartengo a questa formazione scientifica, aperta, poliedrica, a trecentosessanta gradi, dei miei Maestri, gli esimi professori Pietro Orlandini, Dinu Adamesteanu, Dario Del Corno, Momolina Marconi, Paul Faure, e oggi lo stesso Andrea Carandini, che di recente ha scoperto sul Palatino le mura romulee, “arrendendosi” al dato mitico, per i quali il mito è “storia sacra “ e quindi “storia vera” perché, come ben sostiene Mircea Eliade, si riferisce sempre a delle realtà in qualche modo attendibili storicamente. Esso difatti ha sempre in nuce, a mio modo di vedere, una sua veridicità storica ed affonda le sue radici nella Storia. Anzi, per dirla con le parole di Mario Zoli, “il mito è la storia scritta una volta per sempre”, anche se talora, e qui cito il mio compianto professore Dario Del Corno “la mitologia è paragonabile ad un labirinto di cui sembra essersi smarrito irrimediabilmente l'ingresso”. Quindi la memoria mitica della sepoltura di un re dal nome “Mini Minosse” nei più segreti recessi della mia montagna, memoria questa, non so per quale arcano disegno della Moira, tramandatami sin dalla mia fanciullezza da mio padre, “aedo” moderno e inconsapevole custode di una verità appartenente al tempo “aionico” del mito, unita alla sorprendente concordanza dei dati forniti dalle fonti storiche sul triste epilogo dell’avventura del re Minosse in Sicilia con quelli emersi dall’indagine autoptica, topografica, toponomastica, idrografica e folklorica da me effettuata sul territorio in questione, indurrebbe ad avvalorare, sfidando acquisizioni, anche di prestigio, considerate certe e incontrovertibili (ma in ogni cosa è salutare, di tanto in tanto – come ben ci insegna il celeberrimo e da me amatissimo aforisma di Bertrand Russell – mettere un punto interrogativo a ciò che a lungo si era dato per scontato!), la suggestiva ipotesi archeologica avanzata e a considerare l’identificazione della fortezza dedalica di Camico e del tempio-sepolcro del talassocrate cretese col sito di mia proprietà, altamente probabile nell'ambito di un quadro identificativo della stessa ancora oggi, a mio avviso, controverso e problematico. 
Quale fine, secondo le fonti storiografiche, incontrò Minosse in Sicilia? 
Minosse è il protagonista indiscusso della tradizione storiografica sulla saga infausta cretese in Sicilia nonché della narrazione “aedica” da cui sono scaturite tutte le ricerche e indagini esposte e illustrate nel mio saggio. Primo grande talassocrate cretese, Minosse, re di Cnosso figlio di Zeus ed Europa, trovò la morte in Sicilia a Camico, nell’inseguire Dedalo colà rifugiatosi quale ospite dal re indigeno sicano Cocalo, che l’uccise con l'aiuto delle figlie in un bagno bollente. Il suo corpo fu dai compagni che lo avevano seguito nella spedizione punitiva sepolto con grande pompa nell’isola. Quest’ultimi difatti, come narra la fonte diodorea, “costruirono un doppio sepolcro e posero le ossa nella parte nascosta, mentre in quella scoperta edificarono un tempio ad Afrodite”. Più tardi la sua tomba sarebbe stata scoperta da Terone, tiranno di Agrigento, e le spoglie trasportate a Creta, dove gli si sarebbe stato eretto un monumento sepolcrale ovvero la Temple-Tombe rinvenuta a Cnosso da Evans.
Da cosa prende avvio la sua ricerca e a cosa tende? 
Senza ombra di dubbio quella da me avanzata si configura come un’ipotesi sensazionale che prende avvio dalla caparbia convinzione, nutrita sin da quando adolescente la registrai in ambito familiare ed in loco, che la memoria mitica della sepoltura di un re dal nome “Mini Minosse” che aleggia da tempi immemorabili sul mio monte, costituisse per il carattere orale della sua trasmissione, nonché per il fatto che a tramandarla fossero degli “aedi” moderni, privi e sprovvisti di qualsivoglia conoscenza delle fonti letterarie in merito, la prova più autentica e fededegna della conservazione nei millenni della tradizione leggendaria di un evento realmente accaduto e testimoniato dalle fonti classiche. A conforto dell’ipotesi che identificherebbe il maestoso e svettante sito rupestre, pregno di arcaica e fascinosa sacertà, ubicato nelle remote e solenni campagne dell’agrigentino, con l’ultima dimora del re Minosse in terra di Sicilia di cui parla in specifico Diodoro Siculo nella Biblioteca storica concorrono e risultano elementi altamente probanti ed inoppugnabili la peculiare localizzazione geografica della rupe, i patenti caratteri minoico-micenei della rocca ivi costruita (una sorta di piccola Micene come si può evincere dalle immagini satellitari delle due rocche da me poste a confronto e qui allegate), seppur frammisti ai successivi interventi contaminatori operati in seguito dai dominatori bizantini, musulmani, normanni e svevi succedutisi nell'occupazione del sito (gli studi precedenti la mia indagine si limitano per lo più a considerare e a classificare tale insediamento come genericamente altomedievale), nonché la preziosissima memoria popolare da me raccolta e verificata direttamente in loco. Alla luce di tutto ciò, confido con forza e tenacia nella risposta di illuminati, lungimiranti e visionari accademici capaci di raccogliere la mia “provocazione” archeologica, scommettere su di essa e implicarsi con me in una seria campagna di scavi su monte Guastanella i cui esiti possano suffragare o meno la fondatezza dell'ipotesi da me avanzata che identificherebbe quest'ultimo con un sito minoico-miceneo di rilievo della Sikania agrigentina. Va precisato difatti che l'archeologia è sì scienza che si basa su dati di fatto, ma grande importanza ha in essa l'intuito unito all'illuminazione di fronte ai momenti di stallo della ricerca a causa delle aporie sinora non risolte (vexata quaestio dell'identificazione dei siti riportati dalla saga di Minosse e Cocalo). Se scavi e leggenda dovessero convergere e confermarsi a vicenda, la saga infausta di Minosse in Sicilia uscirebbe dall'ombra in cui è stata relegata per secoli e che ha alimentato una storiografia molto incerta ed accompagnata da molti punti interrogativi. 
Cosa ha in serbo in futuro per il suo pubblico di lettori? Può darci qualche anticipazione al riguardo? 
Non saprei dire: in verità, adesso come adesso, se Minosse costituisca l’inizio o la conclusione di questo memorabile “viaggio a ritroso nel tempo del Mito”. Certo è che la stessa appendice del mio libro farebbe presagire un prosieguo della storia, dai risvolti per certi versi, arcani e misteriosi. Molteplici indizi e testimonianze raccolti poi nel corso degli studi realizzati in Sicilia mi hanno spinto ad espandere il versante delle mie ricerche a particolari “relitti” folklorici (riti, danze, fiabe, canti e cunti), per il loro sostrato e la loro matrice in stretto rapporto di filiazione e derivazione dall’antica civiltà ellenica, che mi riservo di approfondire e le cui risultanze a breve pubblicare. Mio precipuo fine è difatti quello di far riaffiorare alla luce simili tracce e relitti di una Storia “ritrovata” nel Mito, convinta che un popolo senza memoria, e noi Italiani rischiamo talora di esserlo, perda la sua storia ma anche il suo futuro. 

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giovedì 9 ottobre 2014

Camilla CEDERNA e Pino APRILE, due giornalisti dal fronte





di Vincenzo D'Alessio

 
http://www.edizpiemme.it/libri/il-sud-puzzaSabato 11ottobre, nella città di Montella (AV), alle ore 18:30 nella stupenda “Villa De Marco” si presenta al pubblico, in modo speciale ai giovani studenti dei Licei Statali delle vicine cittadine, il volume Il Sud puzza (Piemme Edizioni, 2013) dell’energico giornalista/scrittore Pino APRILE. Appuntamento da non perdere per quanti lo hanno conosciuto nel tour irpino del 2012 quando presentò il suo capolavoro Giù al Sud: perché i terroni salveranno l’Italia (Piemme, 2011): una indagine condotta con la passione per la Madre Terra, senza peli sulla lingua, incarnata nei personaggi dai contorni e dai profumi veri, dialoganti, proprio come un dipinto di Carlo LEVI.
L’incontro che aspetta il Nostro, sabato prossimo, non sarà da meno dei precedenti e risveglierà nei giovani il profondo desiderio annunciato nella dedica al volume precedente: “Dedicato a chi guarda casa sua / con la meraviglia del forestiero. / Dedicato a chi, da lontano / non la perde di vista.”
L’invocazione che scaturisce dalla lettura di questo nuovo lavoro è “uomini del Sud, unitevi!”, se volete difendere la terra che abitate, l’esistenza vostra e dei vostri figli, il diritto alla salute nell’aria che respirate e nel cibo che mangiate. Dove non arriva lo Stato arrivano i gruppi dei cittadini che impegnano le proprie capacità e risorse per sviluppare quella merce rara che chiamiamo “Civiltà”.

Dopo la dolorosissima domenica del 23 novembre 1980 un dinamico medico e consigliere regionale accompagnò nel suo viaggio, giù al Sud, una formidabile giornalista appartenuta ai migliori quotidiani nazionali, Camilla CEDERNA, la quale poco dopo pubblicò il volume Casa Nostra: viaggio nei misteri d’Italia (Arnoldo Mondadori Editore, 1983). Quel medico era l’onorevole Aniello DE CHIARA, divenuto poco dopo Presidente del Consiglio Regionale della Campania, il capitolo del libro che riguardava la città dove era nato, Solofra(AV), recitava: “Ricca e puzzolente”. L’inquinamento delle acque del torrente “La Solofrana”, a causa delle aziende conciarie, resero il fiume Sarno il più inquinato d’Italia. Nel libro della CEDERNA comparivano già i misteri dei luoghi che Pino APRILE analizza oggi alla luce delle morti, delle lunghe malattie, delle dichiarazioni dei pentiti di Camorra, diffuse dai media nazionali.

Oggi a guidare il Nostro nei suoi continui viaggi al Sud della penisola è un altro interprete con la passione per la terra natale il professore Paolo SAGGESE fondatore del “Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud” il quale da un ventennio ha abbattuto le pareti degli edifici scolastici dove insegna per lasciare entrare tutta la luce del sole del Sud attraverso la poetica meridiana di Salvatore QUASIMODO, Rocco SCOTELLARO, Alfonso GATTO, Leonardo SINISGALLI, Pasquale MARTINIELLO e la eco civile di Guido DORSO sul cui esempio egli intende formare le schiene dritte dei futuri pensatori.

Due giornalisti a confronto. Due anime intrise dell’energia del viaggio sul fronte di una guerra senza fine che ha i suoi tristi esordi negli anni Sessanta, del secolo appena trascorso, quando “la Munnezza” si presentava come il migliore business per Camorra, Mafia e gente senza scrupoli.
Come ha scritto Pino APRILE in quest’ultima reale fatica a proposito dei suoi “Cancioli”: “Le coincidenze sono il modo che gli dei hanno per rivelare le proprie intenzioni, dicevano i greci.”
Quindi l’Autore non ha dimenticato che proprio in questo Sud che tanto ama ha avuto inizio il pensiero e la Civiltà della Magna Graecia a partire dal viaggio del mitico eroe omerico.

mercoledì 8 ottobre 2014

È uscito Volevo essere Bill Evans di Sergio Pasquandrea vincitore Faraexcelsior 2014!

Sergio Pasquandrea 

 Volevo essere Bill Evans. Storie di jazz

€ 11,00 pp. 76 (Sia cosa che)
ISBN 978-88-97441-54-0





Opera vincitrice assoluta del Concorso Faraexcelsior 2014
Note di letteratura musicale travolgenti come racconti vissuti in prima persona, storie che incarnano una passione infinita per il jazz e sanno far vibrare in absentia eppure con assoluta empatia musiche, strumenti e soprattutto interpreti che hanno lasciato tracce profonde e indimenticabili nel mondo delle band dell’ultimo secolo.

«Il jazz vive di antitesi. Colto, ma di origine popolare; improvvisato, ma anche scritto; nero, ma anche bianco; sofisticato fino allo stremo, ma viscerale quanto nessun’altra musica. Ma forse l’antitesi fondamentale è quella fra tradizione e innovazione. Si dice spesso che il jazz ha fatto in cent’anni il cammino che la musica classica ha fatto in cinquecento: la frase è vera solo in parte, però di sicuro esprime bene la tumultuosa evoluzione di questa musica, che per sessant’anni ha cambiato faccia almeno una volta per ogni decennio. Eppure nessun musicista, nemmeno i più sperimentali e avanguardisti, rinuncia mai a citare il passato come la propria fonte di ispirazione più importante. Anzi, più il musicista è “d’avanguardia”
più sembra legato al passato.» 



Sergio Pasquandrea è nato nel sud-est della Penisola, in uno degli ultimi decenni del secolo scorso. Il destino, che egli corteggia spassionatamente, lo ha poi portato a trasferirsi nel centro esatto dello stivale. La poesia, da lui amata di un amore che sconfina nel masochismo, a volte gli ditta dentro. Lui scrive. Lei scuote la testa, sconsolata. Quando la Musa tace, Sergio si occupa di insegnamento, giornalismo
musicale, ricerca universitaria, disegno e pone le mani sulla tastiera di un pianoforte. Ha due figli che adora e una moglie che si guadagna la santità sopportandolo. Fra le ultime pubblicazioni, un racconto/saggio inserito in Letteratura… con piedi, Fara 2014).

venerdì 3 ottobre 2014

Un volume che ripercorre l'antica mitologia

articolo pubblicato in Messinaoggi.it
  • Miti e fiabe viaggiano fra Scilla e Cariddi
  • Un volume che ripercorre l'antica mitologia in cui la Lombardo intreccia misteriose relazioni anche con le leggende di Sicilia e Reggio
  • Cultura
  • MESSINA | Reduce da nuove ed entusiasmanti scoperte,  la dottoressa Rosamaria  Rita  Lombardo, archeologa e allieva dei grandi professori Pietro Orlandini, Dario Del Corno e Momolina Marconi,  torna a proporci un nuovo ed interessante articolo dal titolo Miti e fiabe di metamorfosi fra Scilla e Cariddi,  pubblicato da Fara Editore in Narrabilando.
    L’archeologa, nel suo recente studio,  mette in relazione il costante rapporto tra mito e fiaba esistente sin dall’antichità.   A tal riguardo,  nel volume si ritrovano episodi e personaggi di fiabe risalenti ad una  diversa epoca che si ricollegano a motivi e temi delle antiche mitologie e tradizioni epiche in cui è possibile  ritrovare  confermate analogie  tra racconti mitologici riguardanti Assiri, Babilonesi e Hittiti,  e la narrativa popolare tuttora  attuale in questi luoghi.
    Sulle origini delle fiabe, inoltre,  sono state formulate molte teorie tra cui quella avanzata dall’etnologo Vladimir Propp nel  quale se ne  evidenziano i riti. E per finire  la scuola Freudiana fa derivare le fiabe dai sogni e da altri fenomeni legati al  subconscio. Comunque sia, si devono riconoscere nella narrativa fiabistica altissime testimonianze di valore storico, religioso e culturale. Premesso ciò, questo  lavoro si propone di esporre il legame esistente tra queste leggende e i racconti di metamorfosi presenti nell’area mitico letteraria del Messinese e del Reggino.

    L’esame dettagliato di queste leggende mette in luce l’esistenza di un nesso intercorrente tra questi prodotti popolari e alcune fonti classiche riferibili al vasto patrimonio mitico e folkloristico minoico.
    Un lavoro davvero complesso questo dunque,  che trae spunto  dalla scoperta, nelle storie di Narade, collocabili nell’area greca del Reggino, di precisi riecheggiamenti della commedia aristofanesca e del folklore cretese,  e dal rinvenimento, all’interno della celebre storia siciliana di Cola Pesce,  di alcuni echi di nuclei tematici della produzione poetica di Bacchilide ed Ovidio.
    Uno studio davvero interessante per perdersi in avvolgenti miti e leggende ambientati nella misteriosa e conturbante Sicilia.