venerdì 27 giugno 2014

Su Girovaghi, musicisti e musicanti della Valle dell’Agri

AA. VV., Grafiche Zaccara, Lagonegro (PZ), 2013

recensione di Vincenzo D'Alessio
 


Il libro che reca il titolo, Girovaghi, musicisti e musicanti della Valle dell’Agri, pubblicato sul finire del 2013 in Basilicata si avvale della scrittura di tre grandi della terra lucana: Graziano ACCINNI, Teresa ARMENTI, Adamo DE STEFANO. Il primo autore è un musicista affermato in tutta Italia e all’estero, ha collaborato con il cantante Mango e altri artisti internazionali. La sua collaborazione in questo lavoro è la ricerca certosina che da anni conduce per la ricostruzione delle radici musicali della sua terra.

Teresa ARMENTI, educatrice oggi in quiescenza, è scrittrice, ricercatrice storico-archeologica, poetessa, curatrice della ripresa del dialetto lucano. Collabora come giurata nei premi letterari nazionali con la Casa Editrice Fara di Rimini. A lei, e alla collega Ida IANNELLA, si deve la ripresa memoriale del grande archeologo Dinu ADAMESTEANU con una mostra fotografica itinerante e altre iniziative culturali.

Adamo DE STEFANO, docente, scrittore, funzionario ministeriale, è legato dalla stessa passione per la ricerca sul campo che lo unisce ai due spiriti precedenti.

Devo usare la parola “spiriti” per introdurre il nostro dialogo, amato lettore, accostando questi scrittori alla figura di Charles Lindbergh primo sorvolatore in solitaria dell’Oceano Atlantico con un monomotore. Questi spiriti inquieti della Valle del fiume Agri hanno ricomposto, con non poca fatica di ricerca, un mosaico nascosto nella polvere dei secoli XVIII, XIX e XX. Le piccole tessere policrome hanno mostrato tutta la loro vetustà ma contemporaneamente l’irripetibile bellezza e il dolore che è costato per metterle insieme.

Il filo rosso che lega la costruzione del racconto – musicologico-storico-geografico-demografico – è l’arpa: strumento antichissimo e celestiale nel suono ma anche tanto difficile da accordare, trasportare, mantenere in buono stato. Sull’arrivo di questo strumento nell’area lucana, le ricerche sono ancora in corso. Sull’uso che ne hanno fatto le popolazioni lucane, dopo la lettura di questa Bibbia Musicale, in me non sorgono più dubbi.

ACCINNI ha utilizzato in modo armonioso, come è scritto sulla copertina del testo, le note nel tempo e nello spazio realizzando un pentagramma leggibile a qualsiasi latitudine, poiché la musica è l’Arte per eccellenza che unisce da secoli le popolazioni del pianeta e si rifà alle note più antiche dell’Universo: i suoni della Natura. Chiunque può sentire l’armonia che governa questo testo, anche i sordi attraverso le immagini, e per quanti non vedenti bastano le voci narranti dello scrittore in dialogo con l’amata discendenza ad interrompere il buio nelle orbite. Capitolo dopo capitolo, documento dopo documento, la storia dei paesi-villaggi della Lucania prendono vita: il secolo della prima emigrazione, l’Ottocento, il Secolo Breve tra le due Guerre Mondiali e l’inganno della finta economia del finire del Novecento fino ai giorni nostri. Scrive ACCINNI: “Ora quelli che stiamo vivendo, possiamo chiamarli Anni di Oscurantismo Etico, Sociale, Culturale, Politico ed Economico, tanto per essere precisi” (pag. 97).

Sembrerebbe un ossimoro, se confrontato con il dolore che promana dalle pagine che raccontano “La tratta dei piccoli musicanti girovaghi” (da pag. 32 a pag. 43). Come si accostano le morti dei piccoli musicanti, la povertà, la schiavitù dei piccoli lucani venduti dagli stessi genitori con il benessere odierno? C’è l’Oscurantismo richiamato da ACCINNI?

Caro lettore, veramente non so rispondere, meglio se lo fai scorrendo attentamente le pagine di questo bellissimo lavoro, quasi poetico. Tante sono le vicende umane incluse in questo libro, che alla mia mente sono balzate le figure di Remì o Remigio del libro Senza famiglia scritto nel 1878 da Hector MALOT e i versi armoniosi del poeta irpino Pietro Paolo PARZANESE: “Ho l’arpa al collo, son viggianese; / tutta la terra è il mio paese. / Come la rondine lascia il nido; / passo cantando di lido in lido / e finché in seno mi batte il cor / dirò canzoni d’armi e d’amor” (Il Viggianese, 1846). Come potrai constatare il periodo più cupo è quello seguente all’Unità d’Italia. Tanto che anche i briganti avversarono le povere bande musicali che si recavano di paese in villaggio a rallegrare processioni, ricorrenze come il Natale e i funerali.

Le comunità ebraiche sparse in tutta la Basilicata hanno concorso alla diffusione dell’arpa: si ricordi Davide che placava con il suono l’ira di re Saul. L’avvicendarsi delle varie genti sul suolo lucano a partire dai Greci hanno in qualche modo confuso le impronte musicali tanto che solo oggi e lentamente si stanno formando musei, biblioteche e collezioni private per salvarne la memoria.

Il contributo storico letterario di Teresa ARMENTI e Adamo DE STEFANO ha permesso a questo capolavoro di mostrarsi in tutta la sua bellezza rimasta nascosta per troppi secoli. Per renderlo maggiormente fruibile sarebbe stato opportuno allegare a questo libro un DVD con il dialogo tra Graziano e Domenza il quale avrebbe consegnato, anche nelle scuole e nelle comunità lucane sparse ancora oggi in tutti i continenti, le storie inedite dell’Arpista sull’Oceano e dell’ultimo arpista, rinfocolando il calore di quella moralità che la Basilicata conserva da millenni.

lunedì 23 giugno 2014

Gladys Basagoitia Dazza vince il Premio Camaiore 2014 sez. Internazionale: vivissimi complimenti!

Premio Letterario Camaiore, ecco la cinquina dei finalisti



http://www.faraeditore.it/html/siacosache/oceonoluz.html
Mario Benedetti, Michele Brancale, Chandra Livia Candiani, Loretto Rafanelli e Ottavio Rossani. Resi noti anche i nomi degli autori per gli altri riconoscimenti. Per la Proposta Alessandro Pancotti, l'internazionale a Gladys Basagoitia Dazza, gli speciali ad Antonio Spagnuolo, Gordiano Lupi e Sergio Sandrelli La giuria tecnica del 26esimo Premio letterario Camaiore, composta da Francesco Belluomini, presidente, Corrado Calabrò, Emilio Coco, Vincenzo Guarracino, Paola Lucarini e Mario Santagostini, dopo attenta e approfondita valutazione dei volumi facenti parte della prima rosa di selezione dei candidati al premio 2014, ha determinato, in riunione congiunta, svoltasi in data odierna, alle ore 10,00, presso la sede municipale, i cinque finalisti, il Camaiore Proposta Opera Prima e il Premio Internazionale.
Nella stessa seduta sono stati ufficializzati i Premi Speciali indicati dal Presidente.
Di seguito la lista dei nomi: 


Premio Camaiore 2014
Mario Benedetti, Tersa morte, Mondadori; Michele Brancale, Rosa dei tempi, Passigli; Chandra Livia Candiani, La bambina pugile ovvero La precisione dell’amore, Einaudi; Loretto Rafanelli,
L’indice delle distanze, Jaca Book; Ottavio Rossani; Riti di seduzione, Nomos.
 

Camaiore Proposta – Opera prima Vittorio Grotti: Alessandro Pancotti, Le iniziali, Lietocolle.
 

Premio Internazionale: Gladys Basagoitia Dazza, Oceano di luce, Fara. 

Premio Speciale: Antonio Spagnuolo, Il senso della possibilità, Kairos 


Menzione Speciale: Gordiano Lupi, Heberto Padilla: Fuera del juego, Il foglio 


Menzione Speciale (alla memoria): Sergio Sandrelli, Primo verso – a cura della sorella Stefania, Italic Pequod. 


La cerimonia di premiazione si svolgerà nel prossimo mese di settembre. Dopo la prima cernita, che ha portato alla formazione delle rose di selezione, la Giuria ha effettuato un'ulteriore scrematura, designando i cinque libri finalisti che saranno giudicati dalla Giuria popolare, composta da 45 cittadini estratti a sorte fra quelli che hanno fatto domanda e dai 5 alunni delle Scuole Medie del territorio, vincitori del Premio “La Poesia dei Ragazzi”.
“Ringrazio il Presidente Belluomini e tutta la giuria tecnica per tutto il lavoro fin qui svolto - ha commentato il Sindaco Alessandro Del Dotto - Con orgoglio, unendomi al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, faccio le mie congratulazioni a Paola Lucarini per la sua Laurea Apollinaris Poetica 2014, che rende ancor più prestigioso il livello del nostro Premio di Poesia”.


21/06/2014 17.38 Redazione di Met

giovedì 19 giugno 2014

Su Il matrimonio di una volta di Teresa Armenti

Printer, Solofra (AV), 2014

recensione di Vincenzo D'Alessio



Nasce come un grande racconto il libretto della ricercatrice lucana Teresa Armenti dal titolo Il matrimonio di una volta, Tipolitografia Printer, Solofra, 2014, ricco di tanta saggezza, bellezza, pace, per quel passaggio sociale che il poeta Ugo Foscolo cantava nel Poema I sepolcri : “(…) Dal dì che nozze e tribunali ed are / diero alle umane belve esser pietose / di se stesse ed altrui”, come gesto di profonda civiltà ed incipit delle tradizioni.

Si tratta proprio di tradizioni che rischiano di scomparire nelle piccole comunità come quelle prese in esame dall’Armenti nella Lucania a lei tanto cara. Il cuore è attraversato da un fulmine di memorie: i giovani di oggi non potranno assaporare il calore dei sogni che animavano allora l’attesa del gran giorno. Le pagine di questo capolavoro dovrebbero essere lette nelle scuole secondarie, agli adolescenti di oggi che barcollano davanti ad un mondo di immagini. Ben altra cosa è la realtà descritta dall’autrice!

Il matrimonio non era, e non è, solo il ruolo della madre (mater munus). La famiglia aveva ed ha un senso quando la madre imprime tutta la sua giovane energia per permettere allo sposo di continuare geneticamente la discendenza, economicamente l’edificio famigliare, moralmente la serenità coniugale. La storia dell’occasione, data dal matrimonio, è articolata pagina dopo pagina. Si potrebbe leggere questo libretto d’un fiato, invece si è condotti per mano lungo le strade dei piccoli paesi a fare parte corale dell’avvenimento.

Veramente bello! Peccato che oggi la severità di quei costumi non è più di moda, è superata, nella buona come nella cattiva sorte! La storia è associata al registro delle tradizioni locali: culinarie, sociali, economiche. Per chiarezza di racconto si riscontrano vicende storiche confrontabili con tutto il meridione della nostra penisola. Ad esempio nel capitolo “Canti d’amore per serenata” ricorre il termine soldo
che trova corrispondenza in tutta l’area meridionale; come il non poter consumare cibi pascali (insaccati, carni, uova) durante la Quaresima nel canto: “T’aggio portato ‘na canzona nova. / Alzati, bella mia, e dammi l’ova.” – cantata la notte del Sabato Santo quando dopo la lunga astinenza si aspettava che suonassero le campane a mezzanotte per potersi nutrire con i cibi di Pasqua.

Ricorre ancora un detto utilizzato fino agli anni Settanta del Novecento in molte comunità contadine: “Casa quanto stai e terra quanta nn’ i viri” (capitolo: “I patti della dote” ) dove il lavoro dei campi imponeva di accontentarsi del necessario senza esagerare poiché si rischiava di non poter onorare i debiti contratti per l’acquisto di altra terra o di un'altra casa. Il corredo della giovane sposa realizzato interamente e pazientemente a mano; la serenità dei preparativi da parte di tutta la comunità affinché le giovani coppie non restassero nella povertà e i figli non morissero nella miseria.

Che grandezza d’animo! Sembra un mondo così lontano da noi, dai nostri inquieti giorni di violenze sessuali, di divisioni sulla pelle degli innocenti venuti in questo mondo. L’occasione di un matrimonio, descritto nelle profumate pagine del lavoro storico-antropologico di Teresa Armenti, sembra veramente quello “di c’era una volta” come accadeva nella fiabe: un mondo quieto sospeso in un tempo indeterminato. Anche in questo mondo ci saranno state le divisioni, le sofferenze, l’uxoricidio, ma la comunità era coesa, più vicina ai giovani, protesa nello sforzo comune affinché prendessero il volo con le proprie forze.

Pier Paolo Pasolini affrontava negli scritti degli anni Sessanta la scomparsa della Civiltà Contadina . Rocco Scotellaro nelle sue poesie cantava: “(…) Altre ali fuggiranno / dalle paglie dalla cova” (Sempre nuova è l’alba) l’emigrazione forzata del Novecento. Teresa Armenti, in questo lavoro, ci riporta con dolcezza nelle pieghe di un ricamo impigliato dentro l’uscio di una porta che si è appena socchiusa, dove il tramestio delle mani indaffarate hanno dato vita ad una sacralità che difficilmente scomparirà dalla memoria.

Antico/Presente Festival del Mondo Antico, Rimini 20-22 giugno


Gent.ma/Gent.mo,

abbiamo il piacere di informarla che anche quest'anno si rinnova l'appuntamento con Antico/Presente Festival del Mondo Antico.


UN PONTE OLTRE GLI IMPERI 14-2014 duemila anni di storia è il titolo di questa sedicesima edizione che si svolgerà a Rimini dal 20 al 22 giugno prossimi.

Pur confermando lo spirito poliedrico e dai molti interessi che ha caratterizzato la rassegna Antico/Presente fin dalla prima edizione a cura di Marcello Di Bella, il Festival 2014  diventa lo scenario naturale per celebrare l’anniversario dei 2000 anni dall’inizio della costruzione del ponte sul fiume Marecchia voluto dall’imperatore Augusto e terminato dal successore Tiberio che coincide con il bimillenario della morte di Augusto. Un tema di ampio respiro e grande attualità che toccherà il rapporto fra cultura e potere nell’Impero con uno sguardo alla contemporaneità degli imperi del XXI secolo.
Per i più giovani tornerà anche Piccolo Mondo Antico Festival con proposte nuove accanto a appuntamenti già collaudati che spazieranno dall’archeologia sperimentale. ai giochi, ai racconti animati, con un’apertura sulla città romana e i suoi monumenti.

Ed inoltre Vacanze romane, un nutrito programma di visite guidate alla Domus del Chirurgo, ma anche ai monumenti della Città e al territorio, insieme alla proposta di atelier per adulti.

Collegandosi al sito antico.comune.rimini.it   potrà prendere visione del programma che, dopo il momento inaugurale venerdì 20 giugno alle ore 15.30 con i saluti delle autorità e la lectio magistralis di Tomaso Montanari cui seguirà l'inaugurazione di tre mostre allestite nell'Ala Moderna del Museo della Città, prosegue fra incontri a più voci, visite guidate, laboratori e tante altre proposte.

Ringraziando per l'attenzione che potrà riservare alla nostra manifestazione, porgiamo i migliori saluti,

La Direzione dei Musei Comunali



Musei Comunali di Rimini
via Cavalieri, 26
47921 RIMINI
tel. 0541.704422
fax 0541.704410
sito web: www.museicomunalirimini.it

martedì 17 giugno 2014

Oceano di luce di Gladys Basagoitia Dazza nella rosa del Premio internazionale Camaiore!

COMUNICATO STAMPA
16 giugno 2014
XXVI Premio Letterario Camaiore 2014
Rose di Selezione
http://www.faraeditore.it/html/siacosache/oceonoluz.html
La Giuria Tecnica del XXVI Premio Letterario Camaiore, composta da Francesco Belluomini, presidente, Corrado Calabrò, Emilio Coco, Vincenzo Guarracino, Paola Lucarini e Mario Santagostini, ha formalizzato le proprie scelte in merito alle rose di selezione degli autori partecipanti. I 5 finalisti saranno designati dalla giuria tecnica il prossimo 21 giugno. Scelti anche i candidati al Camaiore Proposta - Opera Prima - Vittorio Grotti e gli autori stranieri tradotti in lunga italiana che concorrono al Premio Internazionale 2014. Ufficializzato il conferimento del Premio Speciale ad Antonio Spagnuolo per “Il Senso della possibilità”, la Menzione speciale a Gordiano Lupi per “Heberto Padilla: Fuera del juego” e la Menzione speciale alla memoria a Sergio Sandrelli per “Primo verso – a cura della sorella Stefania”.


Sfiorano quota 170 i libri pervenuti al XXVI Premio Letterario Camaiore 2014. Una enormità, considerato i tempi che corrono – questo è il commento del presidente Belluomini - come non secondario il fatto che si tratti di novità editoriali, cioé opere pubblicate negli ultimi 12 mesi, condizione inserita nel bando. Ancora una volta il mondo letterario italiano ed estero ha voluto accordare il meritato prestigio al 'nostro' grande e storico premio che si conferma tra i più ambìti e collocando lei, a livello planetario, la Poesia: 'Madre di tutte le arti'


La levatura dei nomi conferma il prestigio del premio Letterario Camaiore. Un riconoscimento che porta il nome della città oltre i confini italiani grazie alla selezione Internazionale. Crediamo fortemente nell’importanza culturale della manifestazione e continueremo a farlo pur con i cambiamenti che i tempi richiederanno”, afferma il Sindaco Alessandro Del Dotto.


Di seguito la rosa di selezione della sezione:
 
Premio Internazionale
Marco Antonio Campos
Nessun luogo che sia mio
Gattomerlino
Ekaterina Josifova
La pioggia fuori
Valigie rosse
Fatiha Morchid
Inespresso
Lietocolle
Juan Carlos Reche
La corsa del frutto
Lietocolle

lunedì 16 giugno 2014

A pochi chilometri da Agrigento la Tomba di Minosse


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Rosamaria Rita Lombardo, studiosa e ricercatrice, affronta in questo testo la ricerca delle tracce lasciate in Sicilia di uno fra i miti più intriganti delle antiche genti mediterranee, quello di Minosse, il Re di Creta.
Unendo il proprio background culturale alla conoscenza diretta dei siti trattati nell´indagine, la studiosa raccoglie le testimonianze orali raccolte dagli abitanti e analizza il territorio inquadrandolo nel paesaggio siciliano. Nella lettura ci si trova proiettati nel meraviglioso mondo raccontato dal poeta Omero nei suoi misteriosi versi di quasi 3000 anni fa.

L´autrice scava nelle memorie di famiglia come se stesse affrontando una stratigrafia, e inizia la ricerca scrivendo che il terreno nel quale potrebbe essere terminata l´avventura di Minosse in terra sicula, il Monte Guastanella, fu acquistato dal padre alla metà del Novecento. Mentre leggevo il suo bel libro, ho immaginato la giovanissima Lombardo che, sgambettando con curiosità nella vegetazione profumata, iniziava il processo ideologico che la porterà in età adulta a descrivere quell´altura dell´agrigentino che offre un panorama mozzafiato sulle vallate circostanti. Ai piedi della collina, oggi, si scorgono tracce di fabbricati e una necropoli. Poco distante, come in tutti i siti antropizzati dall´uomo intelligente, scorre un fiume, il Platani, che potrebbe identificarsi con l´Halycos delle fonti.
Il testo, nella sua scorrevolezza, è distinto in 4 capitoli che raccontano la saga di Minosse in Sicilia: la storicità del mito, la localizzazione dei siti dell´antica saga; la memoria mitica della tomba-tempio di Minosse e la collocazione di Camico.
Rosamaria Rita Lombardo, consapevole dell´eccezionalità dell´ipotesi avanzata, affronta con prudenza il tema attraverso un´indagine geografica e toponomastica accurata, e rimanda alla comunità scientifica il gravoso compito di emettere un verdetto sulle sue conclusioni. Presenta la sua ricerca come contributo all´interpretazione di un passato magico e misterioso, e desidera portare alla luce il segreto del re cretese Minosse con un´analisi che vuole restituire un´identità storica alla leggenda locale che i vecchi raccontano avvenuta sul Monte Guastanella.

Già il toponimo Guastanella offre i primi indizi. Secondo l´autrice, potrebbe derivare dall´antico Wuastanedda di matrice minoica, costituito dal prefisso wa-, abbreviazione di wanax (re) o wanakatero (regale), e da stan (dimora, luogo, città), radice del verbo cretese στανύομαι, ossia città del re.
La Lombardo si muove appassionatamente in prima persona nell´indagine, e nella lettura si avverte un incessante rimbalzo fra passato e presente, fra mito e realtà, fra archeologia e letteratura, intrecciato il tutto da un filo rosso che cuce fra loro i capitoli come fossero pregiate stoffe dell´antico corredo di famiglia.
Il contenuto mitico inizia con Dedalo che, esiliato da Atene trova rifugio a Creta, alla corte di Minosse. Per il sovrano realizza il famoso labirinto per rinchiudere il mostruoso Minotauro, la bestia figlia di Pasifae, moglie di Minosse, e di un toro mandato lì da Poseidone, l´antica divinità marina dalla quale discende la stirpe dei naviganti di ogni epoca. Dedalo costruisce anche una vacca di legno dentro la quale Pasifae può nascondersi per ingannare il toro.

Forse il labirinto è il palazzo della capitale di Creta, Cnosso, nel quale dimorava re Minosse. Ancora oggi si estende per migliaia di metri quadri con centinaia di stanze, corridoi e scale, un "dedalo" dal quale non si riusciva a uscire. Solo con l´intelligente aiuto della bella Arianna, Teseo riuscì a uccidere il mostro. La figlia di Minosse suggerì all´eroe di lasciare un filo lungo il passaggio e lui venne fuori impugnando nell´altra mano la testa mozzata del Minotauro ancora sanguinante. E´ una metafora della resurrezione che può avvenire solo con un gesto cruento, come per i cristiani di oggi è il ricordo della passione di Cristo. Minosse, sdegnato per l´inganno, fece imprigionare Dedalo e suo figlio Icaro, ma i due fuggirono volando via verso il sole, ed ecco rispuntare un volo purificatore verso una luminosa divinità celeste.

Tuttavia le ali di cera di Icaro si sciolsero facendolo piombare nel Mar Egeo, e solo il padre riuscì a raggiungere la Sicilia.
Il nucleo del lavoro della Lombardo è dedicato al proseguimento della vicenda, con il re Minosse che, con una potente flotta, insegue Dedalo in terra sicula per catturarlo e approda nell´isola. Individuato il fuggiasco con un tranello, metafora dell´intelligenza umana, la questione sembra mettersi per il meglio per il re, ma, come di consueto, una leggendaria figura femminile escogiterà un inganno salvando l´eroe e ponendo fine all´esistenza del cattivo re che, così, non ritornerà più a Creta.

Si legge nelle fonti che Dedalo dimorava a Camico, presso il re Cocalo. Nelle vicinanze si fermò Minosse, in una città chiamata poi Minoa, in suo onore. Con uno stratagemma il re di Creta fece uscire allo scoperto l´architetto greco: mostrò ai cittadini una conchiglia di tritone e promise una forte ricompensa per chi avesse fatto passare da un capo all´altro un filo di lino, sapendo che solo Dedalo conosceva il modo. Il tranello giunse alle orecchie di Dedalo che mostrò il sistema: cosparse di miele l´interno della conchiglia, la forò sulla punta e la fece percorrere a un insetto al quale aveva legato un filo di lino. La soluzione rivelò che Dedalo si trovava effettivamente in quella città e Minosse comandò a Cocalo che gli fosse consegnato, ma le ancelle di corte, ammaliate dall´intelligenza e dalla bellezza di Dedalo, introdussero un tubo nella stanza da bagno del re versando pece bollente su Minosse mentre era nella vasca.

L´autrice, in questo libro, riporta scrupolosamente le fonti letterarie più autorevoli dell´epoca: Erodoto, Aristotele, Eraclide e altri. Chiama in cattedra Diodoro Siculo per una testimonianza illuminante: «Minosse, informato della fuga di Dedalo in Sicilia, decise di fare una spedizione contro l´isola. Preparata una considerevole forza navale, approdò in territorio di Agrigento, nel luogo chiamato da lui Minoa. Minosse reclamava Dedalo per punirlo. Cocalo lo invitò a un incontro e, mentre Minosse era al bagno, lo uccise. Restituì quindi il corpo a coloro che lo avevano accompagnato nella spedizione, adducendo come causa della morte il fatto che fosse scivolato nel bagno e caduto nell´acqua bollente. Costoro seppellirono il corpo del loro re con grande pompa: edificarono un duplice sepolcro e posero le ossa nella parte nascosta, mentre in quella scoperta costruirono un tempio ad Afrodite».

Sempre Diodoro descrive il monumento sepolcrale nel I a.C. e riporta i racconti degli antichi autori sulla saga di Minosse e Cocalo: "Cretesi [furono i] fondatori di Gela e di Agrigento", suggeriscono all´autrice di documentare e comprovare la leggenda relativa alla sepoltura di un re, dal nome Mini Minosse, all´interno di Monte Guastanella.
Ecco come Rosamaria Rita Lombardo descrive il sito:
"Un rozzo sedile di pietra, di struttura e conformazione monumentale, chiamato da sempre Il trono del re, sulla cui spalliera sono tracce di grafemi, si trova all´ingresso della grotta, al piano superiore. Grazie a una ricostruzione grafica al computer, ho individuato una figura femminile di stile cretese, con elaborata acconciatura e a seno nudo, circondata da capre e bovidi. Accanto si nota una piccola figura che corre tenendo fra le mani un oggetto di forma cornuta. Vicino a questa c´è un uomo dal copricapo piumato simile a quelli degli elmi tardo minoici e micenei. Inoltre, sul pianoro del monte è ben definita un´incisione con reticolo tauromorfico che contiene una croce o un segno X vicino a un individuo."

L´autrice ritiene attendibile la saga del re cretese Minosse in Sicilia, e fa notare che il Monte Guastanella, presenta un´unica via di accesso e una rupe fortificata che potrebbe essere l´antica Camico, la reggia del re sicano Cocalo, raccontata da Diodoro Siculo che avvalorano la tradizione orale della sepoltura di un re dal nome Mini-Minosse nelle viscere di Monte Guastanella, ossia la verosimile tomba-tempio del re cretese Minosse".
Rosamaria Rita Lombardo aggiunge alla paziente ricerca un altro tassello significativo grazie alle ricerche comparative sui materiali. Sull´anfora cipriota Hubbard, prove­niente da Platani (Famagosta) conservata nel museo di Nicosia a Cipro, c´è una decorazione che mostra il ciclo mitologico della saga di Minosse e Dedalo in Sicilia. Databile al 700 a.C., confermerebbe che la saga del re cretese Minosse in Sicilia non fu solo una composizione mitica scritta per conferire dignità all´espansione greca in Occidente, bensì un evento realmente accaduto che precede di mezzo millennio la successiva composizione letteraria.

Su Il prete e il diavolo di Corrado Leoni


L'Autore Libri, Firenze, 2013, pp. 86, € 10,00

recensione di AR
Questo romanzo è una interessante testimonianza (si sente la partecipazione dell'autore in questa sorta di confessione) sul problema del celibato e della sessualità per i sacerdoti, sulle strutture a volte sclerotizzate e mondane di certi apparati e movimenti ecclesiali, sull'importanza e difficoltà di trovare un equilibrio fra carne, anima e spirito. Il tono è quello di una narrazione confidenziale. Il tutto si svolge, nella prima parte, nell'ambito di una celebrazione eucaristica in cui i momenti della messa sono "invasi" da un diaologo mentale fra don Giovanni e il diavolo (che però sembra più una proiezione del sacerdote stesso che una entità autonoma, non a caso don Giovanni gli ripeterà spesso che è un puro spirito e non esiste [sic]; e gli dirà: “Tu sei un essere senza speranza, senza vitalità, senza futuro: l'essere che riassume in sé tutte le paure, i limiti, i pregiudizi, il fanatismo, di cui si nutrono gli schiavi che si aggrappano alla religione come àncora di salvezza, rinunciando a vivere la libertà dei figli di Dio…” p. 25). Il protagonista incontrerà poi Maddalena (i nomi hanno un evidente richiamo evangelico), una parrocchiana impegnata, di cui si innamorerà: deciderà quindi di iniziare con lei (non senza un profondo travaglio interiore ma anche sorretto da una fiduciosa speranza) un nuovo percorso di vita.
I problemi affrontati sono importanti e di non facile soluzione, ma credo che già papa Francesco abbia un atteggiamento evangelico di accoglienza e attenzione che porterà a una Chiesa più leggera (come istituzione), povera e coinvolgerà maggiormente i laici. Di fatto tutto il popolo di Dio, uomini e donne, sono anche sacerdoti e alcuni ministeri potrebbero essere svolti da nuove figure da inventare e valorizzare.
Nel libro forse manca un approfondimento della sfera spirituale, la narrazione è più legata alla descrizione di problemi di natura sociale, storica, relazionale, rituale, sessuale e psicolgica, col recupero di un vissuto contadino caratterizzato da importanti valori come la condivisione e solidarietà… la prospettiva sembra nel complesso molto più orizzontale che verticale per non dire mistica. Vengono comunque trattate anche alcune questioni teologiche (citando anche Karl Rahner, Joseph Ratzinger, Teilhard de Cahrdin), con semplicità e concretezza: “La tua presunzione è tipica del diabolico, dell'essere che pensa di essere perfetto, mentre la grandezza dell'essere [uomo, inserimento ns.] è proprio nel suo limite” (p. 17); “… se Cristo avesse voluto indicare Pietro come simbolo della pietra, avrebbe detto 'super istam petram', su codesta pietra edificherò la mia Chiesa. Invece ha detto sopra questa, 'hanc', pietra, riferedosi a se stesso” (p. 48); “La sublimazione è un valido strumento per esaltaer la propria sessualità ed indirizzarla verso impegni culturali, religiosi, umanitari, ma far finta che la sessualità non esista oppure sia la causa originale se non unica del peccato, prima o poi porta alla confusione della mente e allo smarrimento del cuore” (p. 62). Molto interessante l'ampia citazione dall'Introduzione al Cristianesimo di J. Ratzinger posta in chiusa al romanzo; ne citiamo alcuni passaggi: “Come (…) il credente non vive euforicamente e senza problemi, ma è invece costantemente minacciato dal rischio di preciptare nel nulla (…) così sussiste sempre anche per l'incredulo il dubbio sulla sua incredulità, sulla reale totalità di quel mondo che egli ha fermamente deciso di dichiarare il tutto per antonomasia” (p. 81).
Questo è in definita un romanzo “onesto” e infatti l'autore stesso scrive in esergo: L'onestà intellettuale è la professione più ardua di fede in sé e nel prossimo.

martedì 10 giugno 2014

UN ALBERO PER GIORGIO CELLI


Sabato 14 Giugno, ore 18
presso il giardino del Baraccano
Via Santo Stefano 119/2
Bologna


Il 14 giugno 2014 si celebrerà l’anniversario della scomparsa del Professor Giorgio Celli, grande artista e scienziato, nato a Verona nel 1935, ma vissuto per tutta la vita a Bologna. Per questo la famiglia e gli amici hanno scelto di ricordarlo assecondando le sue ultime volontà. Al figlio Davide, poco prima di entrare in sala operatoria per un intervento (al quale non sarebbe sopravvissuto) disse: “devi dire a tutti di non spendere soldi in fiori recisi o corone di alloro se va male, non si celebra la morte con la morte. Devi dire che chi vuole potrà onorare la mia memoria piantando un albero o adottando un gatto”.
Quest’anno è stato scelto il giardino del Baraccano per la piantumazione dell’albero (un tasso, Taxus baccata). 
L’anno scorso fu scelto un melograno e la commemorazione si tenne nel giardino San Leonardo che, tra l’altro, il Consiglio del Quartiere San Vitale, ha recentemente deciso di dedicare all’illustre professore di Bologna con un Ordine del Giorno che ha trovato il consenso di tutte le forze politiche essendo stato votato all’unanimità.
L’associazione “Salviamo gli orsi della luna” ha curato l’organizzazione dell’evento che, per raccogliere il maggior numero di adesioni, (ndr il giorno esatto della scomparsa è l’11 giugno), è stato spostato a sabato 14 giugno 2014.
Quest’anno l’evento (che avrà inizio alle ore 18.00) prevede la consegna del “Premio Giorgio Celli 2014” per coloro che si sono distinti - come avrebbe detto lo stesso Celli - “nella difesa dell’ambiente, degli alberi e degli animali”. 
“In particolare” – dichiara Davide Celli – “si è ritenuto che il premio dovesse in un qualche modo aiutare chi si è trovato a difendere questi tre simboli cari a mio padre in un frangente di particolare emergenza. Quando conoscerete i nomi dei vincitori vi sarà chiaro il senso del riconoscimento”.
Pur non anticipando alcun nome, si parlerà di gatti e di nutrie, animali questi che Celli ha molto amato e difeso.
Nel corso dell’evento saranno premiati anche gli “amici della biblioteca Giorgio Celli”, i volontari che hanno partecipato alla realizzazione della corposa biblioteca (privata ad uso pubblico) che aprirà i battenti a Monzuno e ospiterà gli oltre quarantamila volumi raccolti nel corso di tutta la vita dall’etologo bolognese.
Il “Premio Giorgio Celli” assumerà una veste stabile dal prossimo anno e si doterà di un comitato scientifico presieduto dal noto zooantropologo, nonché allievo di Giorgio Celli, Roberto Marchesini, e di una sede. Marchesini condurrà la giornata insieme a Davide Celli.
Molte sono le autorità invitate, i rappresentanti dell’associazionismo eco-animalista, e per il Comune di Bologna aprirà l’iniziativa il Consigliere Comunale Corrado Melega.
La stampa e la cittadinanza sono invitate.
Per oltre 20 anni (dal 1991 al 2011) Giorgio Celli ha partecipato alla rassegna Poesia e Natura nel Parco Nazionale Foreste Casentinesi Monte Falterona e Campigna (Santa Sofia-Pratovecchio) organizzato a cura del Centro Culturale L’Ortica di Forlì.  
Info: 3204731739



Su L'ultima dimora del Re di Rosamaria Rita Lombardo

nota di lettura di Orazio Tringali (poeta)



http://www.faraeditore.it/nefesh/dimorare.html
Leggere questo libro è stato, per me, come abbeverarmi alla fonte di una cultura antica che rimanda alle origini della mia terra natia, la Sicilia.

L'autrice, attraverso le sue minuziose ricerche, ha reso possibile far rivivere l'affascinante mitologia greca per riportarla alla luce di una odierna realtà storica.


Rosamaria Rita Lombardo dimostra, con questo suo scritto, che la trasmissione orale del mito può trovare forma nella riesumazione di prove oggettive acquisite mediante un faticosissimo studio scientifico e archeologico.

Non mi resta, come lettore, che ringraziare l'autrice per avermi dato l'opportunità di arricchire e ampliare le mie conoscenze di un mondo appassionante, ricco di cultura e di storia.

Con gratitudine







lunedì 9 giugno 2014

Minosse, Dedalo e la Sicilia. Una millenaria narrazione siciliana “svela” la tomba di Minosse





http://www.faraeditore.it/nefesh/dimorare.html
Rosamaria Rita Lombardo, studiosa e ricercatrice, affronta in questo testo la ricerca delle tracce lasciate in Sicilia di uno fra i miti più intriganti delle antiche genti mediterranee, quello di Minosse, il Re di Creta.
Unendo il proprio background culturale alla conoscenza diretta dei siti trattati nell’indagine, la studiosa raccoglie le testimonianze orali raccolte dagli abitanti e analizza il territorio inquadrandolo nel paesaggio siciliano. Nella lettura ci si trova proiettati nel meraviglioso mondo raccontato dal poeta Omero nei suoi misteriosi versi di quasi 3000 anni fa.
L’autrice scava nelle memorie di famiglia come se stesse affrontando una stratigrafia, e inizia la ricerca scrivendo che il terreno nel quale potrebbe essere terminata l’avventura di Minosse in terra sicula, il Monte Guastanella, fu acquistato dal padre alla metà del Novecento.  Mentre leggevo il suo bel libro, ho immaginato la giovanissima Lombardo che sgambettando con curiosità nella vegetazione profumata iniziava il processo ideologico che la porterà in età adulta a descrivere quell’altura dell’agrigentino che offre un panorama mozzafiato sulle vallate circostanti. Ai piedi della collina, oggi, si scorgono tracce di fabbricati e una necropoli.  Poco distante, come in tutti i siti antropizzati dall’uomo intelligente, scorre un fiume, il Platani, che potrebbe identificarsi con l’Halycos delle fonti.
Il testo, nella sua scorrevolezza, è distinto in 4 capitoli che raccontano la saga di Minosse in Sicilia: la storicità del mito, la localizzazione dei siti dell’antica saga; la memoria mitica della tomba-tempio di Minosse e la collocazione di Camico.
Rosamaria Rita Lombardo, consapevole dell’eccezionalità dell’ipotesi avanzata, affronta con prudenza il tema attraverso un’indagine geografica e toponomastica accurata, e rimanda alla comunità scientifica il gravoso compito di emettere un verdetto sulle sue conclusioni. Presenta la sua ricerca come contributo all’interpretazione di un passato magico e misterioso, e desidera portare alla luce il segreto del re cretese Minosse con un’analisi che vuole restituire un’identità storica alla leggenda locale che i vecchi raccontano avvenuta sul Monte Guastanella.
Già il toponimo Guastanella offre i primi indizi. Secondo l’autrice, potrebbe derivare dall’antico Wuastanedda di matrice minoica, costituito dal prefisso wa-, abbreviazione di wanax (re) o wanakatero (regale), e da stan (dimora, luogo, città), radice del verbo cretese στανύομαι, ossia città del re.
La Lombardo si muove appassionatamente in prima persona nell’indagine, e nella lettura si avverte un incessante rimbalzo fra passato e presente, fra mito e realtà, fra archeologia e letteratura, intrecciato il tutto da un filo rosso che cuce fra loro i capitoli come fossero pregiate stoffe dell’antico corredo di famiglia.
Il contenuto mitico inizia con Dedalo che, esiliato da Atene trova rifugio a Creta, alla corte di Minosse. Per il sovrano realizza il famoso labirinto per rinchiudere il mostruoso Minotauro, la bestia figlia di Pasifae, moglie di Minosse, e di un toro mandato lì da Poseidone, l’antica divinità marina dalla quale discende la stirpe dei naviganti di ogni epoca. Dedalo costruisce anche una vacca di legno dentro la quale Pasifae può nascondersi per ingannare il toro. Forse il labirinto è il palazzo della capitale di Creta, Cnosso, nel quale dimorava re Minosse. Ancora oggi si estende per migliaia di metri quadri con centinaia di stanze, corridoi e scale, un “dedalo” dal quale non si riusciva a uscire. Solo con l’intelligente aiuto della bella Arianna, Teseo riuscì a uccidere il mostro. La figlia di Minosse suggerì all’eroe di lasciare un filo lungo il passaggio e lui venne fuori impugnando nell’altra mano la testa mozzata del Minotauro ancora sanguinante. È una metafora della resurrezione che può avvenire solo con un gesto cruento, come per i cristiani di oggi è il ricordo della passione di Cristo. Minosse, sdegnato per l’inganno, fece imprigionare Dedalo e suo figlio Icaro, ma i due fuggirono volando via verso il sole, ed ecco rispuntare un volo purificatore verso una luminosa divinità celeste. Tuttavia le ali di cera di Icaro si sciolsero facendolo piombare nel Mar Egeo, e solo il padre riuscì a raggiungere la Sicilia.
Il nucleo del lavoro della Lombardo è dedicato al proseguimento della vicenda, con il re Minosse che, con una potente flotta, insegue Dedalo in terra sicula per catturarlo e approda nell’isola. Individuato il fuggiasco con un tranello, metafora dell’intelligenza umana, la questione sembra mettersi per il meglio per il re, ma, come di consueto, una leggendaria figura femminile escogiterà un inganno salvando l’eroe e ponendo fine all’esistenza del cattivo re che, così, non ritornerà più a Creta.
Si legge nelle fonti che Dedalo dimorava a Camico, presso il re Cocalo. Nelle vicinanze si fermò Minosse, in una città chiamata poi Minoa, in suo onore. Con uno stratagemma il re di Creta fece uscire allo scoperto l’architetto greco: mostrò ai cittadini una conchiglia di tritone e promise una forte ricompensa per chi avesse fatto passare da un capo all’altro un filo di lino, sapendo che solo Dedalo conosceva il modo. Il tranello giunse alle orecchie di Dedalo che mostrò il sistema: cosparse di miele l’interno della conchiglia, la forò sulla punta e la fece percorrere a un insetto al quale aveva legato un filo di lino. La soluzione rivelò che Dedalo si trovava effettivamente in quella città e Minosse comandò a Cocalo che gli fosse consegnato, ma le ancelle di corte, ammaliate dall’intelligenza e dalla bellezza di Dedalo, introdussero un tubo nella stanza da bagno del re versando pece bollente su Minosse mentre era nella vasca.
L’autrice, in questo libro, riporta scrupolosamente le fonti letterarie più autorevoli dell’epoca: Erodoto, Aristotele, Eraclide e altri. Chiama in cattedra Diodoro Siculo per una testimonianza illuminante: «Minosse, informato della fuga di Dedalo in Sicilia, decise di fare una spedizione contro l’isola. Preparata una considerevole forza navale, approdò in territorio di Agrigento, nel luogo chiamato da lui Minoa. Minosse reclamava Dedalo per punirlo. Cocalo lo invitò a un incontro e, mentre Minosse era al bagno, lo uccise. Restituì quindi il corpo a coloro che lo avevano accompagnato nella spedizione, adducendo come causa della morte il fatto che fosse scivolato nel bagno e caduto nell’acqua bollente. Costoro seppellirono il corpo del loro re con grande pompa: edificarono un duplice sepolcro e posero le ossa nella parte nascosta, mentre in quella scoperta costruirono un tempio ad Afrodite».  
Sempre Diodoro descrive il monumento sepolcrale nel I a.C. e riporta i racconti degli antichi autori sulla saga di Minosse e Cocalo: “Cretesi [furono i] fondatori di Gela e di Agrigento”, suggeriscono all’autrice di documentare e comprovare la leggenda relativa alla sepoltura di un re, dal nome Mini Minosse, all’interno di Monte Guastanella.
Ecco come Rosamaria Rita Lombardo descrive il sito:
“Un rozzo sedile di pietra, di struttura e conformazione monumentale, chiamato da sempre Il trono del re, sulla cui spalliera sono tracce di grafemi, si trova all’ingresso della grotta, al piano superiore. Grazie a una ricostruzione grafica al computer, ho individuato una figura femminile di stile cretese, con elaborata acconciatura e a seno nudo, circondata da capre e bovidi. Accanto si nota una piccola figura che corre tenendo fra le mani un oggetto di forma cornuta. Vicino a questa c’è un uomo dal copricapo piumato simile a quelli degli elmi tardo minoici e micenei. Inoltre, sul pianoro del monte è ben definita un’incisione con reticolo tauromorfico che contiene una croce o un segno X vicino a un individuo.”
L’autrice ritiene attendibile la saga del re cretese Minosse in Sicilia, e fa notare che il Monte Guastanella, presenta un’unica via di accesso e una rupe fortificata che potrebbe essere l’antica Camico, la reggia del re sicano Cocalo, raccontata da Diodoro Siculo che avvalorano la tradizione orale della sepoltura di un re dal nome Mini-Minosse nelle viscere di Monte Guastanella, ossia la verosimile tomba-tempio del re cretese Minosse”.
Rosamaria Rita Lombardo aggiunge alla paziente ricerca un altro tassello significativo grazie alle ricerche comparative sui materiali. Sull’anfora cipriota Hubbard, prove­niente da Platani (Famagosta) conservata nel museo di Nicosia a Cipro, c’è una decorazione che mostra il ciclo mitologico della saga di Minosse e Dedalo in Sicilia. Databile al 700 a.C., confermerebbe che la saga del re cretese Minosse in Sicilia non fu solo una composizione mitica scritta per conferire dignità all’espansione greca in Occidente, bensì un evento realmente accaduto che precede di mezzo millennio la successiva composizione letteraria.

Pneuma 3, in ascolto dello spirito a Rimini



Il silenzio, ponte tra dicibile e indicibile
22 giugno – 18 luglio
Museo della città-Lapidario
Via Tonini, 1


Ciclo di incontri con Marcello Ghilardi,  Laura Corraducci, Marco Vannini, Lidia Maggi

29 giugno,  banchina destra del porto di Rimini

Performance/concerto in dialogo con il mare  di  Fabio Mina, Emiliano Battistini,  Luca Mina 

L’Assessorato alla Cultura e Identità dei luoghi del Comune di Rimini, in collaborazione con l’associazione multiculturale Vite in transito, promuove la terza edizione di Pneuma, in ascolto dello spirito, ciclo di incontri coordinato da Mariolina Tentoni. Incontri tra persone che vivono l’esperienza della spiritualità a partire da tradizioni e culture diverse, unite dal comune interesse per il dialogo; incontri tra linguaggi diversi: conversazioni con Marcello Ghilardi, Marco Vannini, Lidia Maggi, ma anche la poesia di Laura Corraducci e la musica di Fabio Mina, Emiliano Battistini, Luca Mina.

Il tema proposto quest’anno attraversa tutti i tempi e le culture e risponde a un bisogno del presente. Solo vivendo un’esperienza di silenzio si può diventare capaci di ascolto, ritrovare parole vere, udire la voce dei ultimi, dei senza voce. Entrando nella propria interiorità si può incontrare il Soffio che vivifica, lasciarsi trasformare per essere capaci trasformazione. Il transito del vivere allora può creare ponti, unire ciò che è separato.

Mariolina Tentoni


Programma



domenica 22 giugno,  Museo della città, Lapidario, ore 18,30                                             

Marcello Ghilardi  Figure del transito: il ponte e la metafora

evento inserito nel Festival dell’antico



Marcello Ghilardi svolge attività di ricerca presso l'Università di Padova, dove collabora con le cattedre di Estetica e di Storia della Filosofia Buddhista, oltre che con il Master di Studi Interculturali. Ha tradotto e curato testi di autori occidentali e orientali, e ha pubblicato diverse monografie tra cui L’enigma e lo specchio (Padova, 2006); Una logica del vedere (Milano-Udine, 2009); Arte e pensiero in Giappone (Milano-Udine, 2011); Filosofia dell'interculturalità (Brescia, 2012).





venerdì 27 giugno,  Museo della città, Lapidario, ore 18,30

Laura Corraducci  La parola poetica abita il silenzio



Laura Corraducci  insegnante e poetessa.  Ha pubblicato Lux Renova. Edizioni Del leone, 2007. Ha partecipato al reading di poesie Bicchieri Di-Versi nel 2011  e 2012; sempre nel 2012 ha organizzato con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura di Pesaro la rassegna  poetica “vaghe stelle dell’orsa” ed ha vinto il concorso “La donna si racconta”, sezione poesia. Recentemente suoi testi sono stati tradotti anche in lingua spagnola.







venerdì 11 luglio,  Museo della città Lapidario, ore 18,30

Marco Vannini Il mistico: dal silenzio alla parola

Marco Vannini, filosofo, insegnante nell’università di Firenze e nei licei. Ha indagato il rapporto tra mistica e fede, tra mistica e filosofia. Ha curato l’edizione italiana di tutte le opere di Meister Eckhart  e diretto la collana “I mistici”   negli Oscar Mondadori. Fra i libri più recenti:  Il volto del Dio nascosto. L’esperienza della mistica dall’Iliade a Simone Weil riedito col titolo Storia della mistica occidentale, Oscar Mondadori, 2010; Oltre il cristianesimo Da Eckhart a Le Saux, Bompiani 2013; Prego Dio che mi liberi da Dio. La religione come verità e come menzogna,  Bompiani, 2013;  Introduzione a Eckhart. Profili e testi; Le lettere, 2014









venerdì 18 luglio,  Museo della città, Lapidario, ore 18,30

Lidia Maggi Quando i silenzi gridano, la voce dei perdenti

Lidia Maggi, pastora in servizio nella chiesa battista di Varese e metodista di Luino. Si occupa di formazione biblica-pastorale e di dialogo ecumenico; scrive su diverse riviste, cattoliche e protestanti. Elogio dell’amore imperfetto, Claudiana, 2010; Amare oggi, con Luigi Zoia, Il margine, 2012; Giobbe, il dolore del mondo, Cittadella 2014; L’evangelo delle donne, Claudiana, 2014; Le donne di Dio Pagine bibliche al femminile, Claudiana, 2014; Libertè, égalitè, fraternità. Il lettore, la storia, la Bibbia con Aldo Reginato, Claudiana, 2014.





domenica 29 giugno ore 21
banchina destra del porto di Rimini (oltre la ruota panoramica)
Performance/concerto in dialogo con il mare
Fabio Mina, Emiliano Battistini, Luca Mina  La musica, il suono e il silenzio
"Ground-to-Sea Sound Collective"
progetto vincitore del bando GA/ER Giovani Artisti Emilia Romagna 2013/2014".



Emiliano Battistini, chitarrista e  semiologo, porta avanti una riflessione interdisciplinare sulla dimensione sonora e in specifico sui concetti di silenzio, paesaggio sonoro e voce; diplomato in chitarra classica  si sta perfezionando in musica elettronica e didattica della musica al Conservatorio di Bologna.



Fabio Mina flautista e compositore, collabora con musicisti a livello internazionale; ha approfondito il linguaggio dell’improvvisazione, lo studio di strumenti a fiato di diverse parti del mondo e i legami tra musica, suono e relativi legami spirituali.



Luca Mina video-maker e musicista, collabora col fratello Fabio Mina in diversi progetti audio-visivi in Italia e in Germania. Collabora nell’ambito del video con Claudio Gasparotto e la sua scuola di danza-teatro Movimento Centrale. È inoltre specializzato nella composizione di basi per la musica rap.


Ingresso libero e gratuito
Per informazioni: 0541/ 734670; 0541/793851