venerdì 28 marzo 2014

Meteo Tempi di e con Alberto Mori a Milano 8 aprile




Martedì 8 aprile ore 18,30 
via Tadino, 20 
Milano

Happy hour & reading & performance

Alberto Mori : METEO TEMPI (Fara editore)

Introduce Franco Gallo 
 
http://www.faraeditore.it/nefesh/meteotempi.html

giovedì 27 marzo 2014

È uscito Opere scelte

Autori Vari
Opere scelte

a cura di Alessandro Ramberti € 20,00 pp. 400 (Nefesh 11, gennaio 2014)
ISBN 978 88 97441 45 8

http://www.faraeditore.it/nefesh/Operescelte.html
Questo libro raccoglie le opere selezionate dal Concorso Pubblica con noi 2014 con una Postfazione di Stefano Martello. I giurati Alessandra Carlini, Carlo Broccardo, Fabio Cecchi, Paolo Galloni, Roberta Leone, Roberto Battestini e Simone Sereni hanno premiato i seguenti Racconti:
1° classificato Park Kul’tury di Maria Clotilde Pesci Schiavo (Roma)
2° classificato Borgo di piombo di Giorgio Massi (Ascoli Piceno)
3° classificato Metropoli di Sara Macchi (Ferrara)
4° classificato Quel vecchio stile di amare di Claudia Lo Blundo (provincia di Avellino)
5° classificato Il salto nel buio e altri racconti di Giorgio Caporali (Terni)
6° classificato Di vita e d’Oltre: 4 racconti di Mario Mastrangelo (Salerno)
7i classificati ex aequo
Sono Cappuccetto Rosso e altri racconti di Carla De Angelis (Roma)
Maria di Tina Fezza (Livorno)

I giurati Angela Caccia, Anna Ruotolo, Daniele Gigli, Davide Castiglione, Francesco Osti, Lorenzo Mari, Luca Carboni e Teresa Caligiure per la sezione Poesia hanno premiato:
1° classificato Un confine mobile di Roberto Cogo (Schio, VI)
2° classificato Il passo verde di Vincenzo D’Alessio (Montoro Inferiore, AV)
3° classificato Note a margine di Pasquale Piro (Crotone)
4° classificato E creò la donna di Franco Casadei (Cesena)
5i classificati ex aequo
Monitorare le incongruenze di Andrea Labate (Milano)
Lunamadre di Gabriella Bianchi (Perugia)
La forza degli schiavi di William Stabile (La Paz, Bolivia)
Torrido di Antonio Devicienti (Orino, VA)
6i classificati ex aequo
Nutrita da un dio piccolissimo di Marta Ardesi (S. Mauro Torinese)
Di amore integro di Mariangela Ruggiu (Suni, OR)
7i classificati ex aequo
Castelli di sabbia di Raffaella Nocera (Arzano, NA)
Sotto la cenere il fuoco di Claudia Paula Luccini (Marina di Massa, MS)
Il libro contiene anche le motivazioni dei giurati, le loro veloci biografie e quelle degli autori.

Bandi in corso
Concorso Insanamente 2014
(scade il 6 giugno 14)
Concorso Faraexcelsior
(scade il 7 luglio 2014)

mercoledì 26 marzo 2014

L'indagine archeologica di Rosamaria Rita Lombardo ne «La ricerca»

Minosse in Sicilia: tra mito, archeologia e antropologia

articolo di Mauro Reali in www.laricerca.loescher.it


Sfoglia o scarica la ricerca

cop_la_ricerca_5

Iscriviti alla newsletter

segui La Ricerca



Lingue classiche
di Mauro Reali - 25 marzo 2014



Note a margine di un recente libro, dove si propone l’identificazione della tomba del mitico re cretese.

Mauro Reali è docente di Liceo, Dottore di Ricerca in Storia Antica, autore di testi Loescher di Letteratura Latina. Collabora da anni alle attività di ricerca dell’Università degli Studi di Milano.

Partirò da una premessa fondamentale. Io credo che il re cretese Minosse – quello del Labirinto e del Minotauro, tanto per intenderci – non sia mai esistito. O almeno non lo sia nelle forme che il mito e una certa storiografia ci hanno tramandato. E la stessa cosa penso di Teseo, fondatore di Atene. O del “nostrano” Romolo, nonostante i recenti, eccezionali, scavi di Andrea Carandini sul Palatino: ma se già dubitava della sua esistenza Tito Livio, non vedo perché ci dovremmo intestardire noi moderni…
Allora il lettore potrebbe subito chiedermi  perché recensisco questo libro di Rosamaria Rita Lombardo, L'ultima dimora del Re. Una millenaria narrazione siciliana “svela” la tomba di Minosse, Fara Editore, Rimini, 2013. Un libro, cioè, il cui titolo è in evidente conflitto con quanto appena affermato!
Lo faccio perché il grande studioso Marcel Detienne sostiene che il mito sia la “scatola nera dell’umanità” e dunque penso che ogni riflessione che da questo si origini sia un passo importante per capire da dove veniamo. Minosse_dantesco_scolpito_da_Cesare_ZocchiE poi perché – a prescindere dalla storicità o meno del suo protagonista e dalle conclusioni dell’Autrice – il libro è affascinante e si muove con eleganza (e con una prosa un po’ “barocca”, stilisticamente alta) tra passato e presente, tra fantasia e concretezza archeologica, tra testi greci classici e filastrocche popolari.
Ma veniamo al dunque. In numerose fonti antiche (tra le quali Erodoto, Diodoro Siculo, Aristotele, Strabone) si racconta che il re cretese Minosse morì (ucciso a tradimento in una vasca da bagno) in Sicilia, presso il re sicano Cocalo. Lì era giunto per “inseguire” il fuggitivo Dedalo: sì, proprio lui, l’architetto costruttore del Labirinto, l’infelice padre dello sfortunato Icaro.
L’Autrice localizzerebbe la tomba del grande re cretese nell’Agrigentino, e in particolare nell’area di alcune grotte – che lei ritiene siano state adibite a sepolcreto – sul monte Guastanella, che è da anni di proprietà della sua famiglia. Non posso che restare stupefatto davanti ad alcuni racconti che sono stati da lei catturati dalla cultura popolare locale, come quello del “re Mini-Minosse” sepolto in loco, oppure dello stesso personaggio evocato come una sorta di “uomo nero” che viene a spaventare i bambini cattivi (mi sembra di sentire echi danteschi: stavvi Minos orribilmente, e ringhia, Inf., V, 4). E non si può negare che la toponomastica abbia più di qualche reminiscenza cretese: tra tutti la presenza in quei pressi di una località di nome Mallia, lo stesso di un importante centro minoico.
Credo però che l’identificazione in situ di una sorta di trono, come pure quella di figure scolpite che ricordano tori, asce bipenni o addirittura figure femminili a seno nudo a mo’ degli affreschi di Cnosso abbiano bisogno di maggiori riscontri; e – soprattutto – di fotografie migliori, o almeno di disegni o rilievi decifrabili. Altra_veduta_del_Monte_GuastanellaPer ora è tutto un po’ troppo “sulla fiducia”… e di questo l’Autrice è ben consapevole, chiamando (molto correttamente) a verificare le sue ipotesi gli archeologi militanti.
Sarebbe opportuno che il vostro recensore (che quelle grotte non ha mai visto) a questo punto sospendesse ogni altra considerazione. Ma l’immaginazione vola, davanti al mistero di una antichità tanto “fisicamente vicina” come quella che la Lombardo ci prospetta, e dunque butto lì un paio di riflessioni, che mi piacerebbe discutere con l’Autrice.
Che dire – ecco la prima – se tale memoria cretese fosse non così antica (cioè del II millennio a.C.), ma dipendente dalle fonti classiche che di Minosse in Sicilia parlano? Palazzo_di_CnossoInsomma, gli stessi sicelioti, convinti in età storica della sua esistenza, avrebbero costruito ex post delle forme di culto eroico nei suoi confronti: da qui la toponomastica e le (eventuali) manifestazioni iconografiche.
Ed ecco la seconda, del tutto diversa, e pertanto alternativa alla precedente. Che dire di un contatto col mondo cretese ma “mediato” dai quei Micenei che ad un certo punto dominarono Creta, e che di sicuro sono attestati in transito (e non solo) nella Sicilia antica?
Ma qui mi fermo, perché non vorrei che per colpa mia la “scatola nera” diventasse uno “scatolone” pieno di azzardi. Non senza, però, lodare lo zelo di Rosa Maria Lombardo, e la passione con la quale ha analizzato il materiale che ci presenta: sono infatti sicuro che se il suo spunto sarà supportato da mezzi (anche tecnologici) adeguati, qualcosa verrà fuori. Magari non si tratterà di Minosse, e neppure di Dedalo, ma di qualche anonimo marinaio miceneo… sicilia-antiquaPoco importa: quel luogo magico che è la Sicilia ne sarà comunque ulteriormente valorizzato.
E dalle colonne de La ricerca mi permetto pertanto un appello. Perché Rosa Maria Lombardo, che è una collega di Liceo ma ha solida formazione archeologica, non apre le porte del feudo della sua famiglia a giovani specializzandi o dottorandi in Archeologia? Potrebbero aiutarla nel suo lavoro di riscontro del dato archeologico, e fungere da tramite con le Università dove essi studiano e laddove insegnano archeologi esperti: l’Autrice – con la memoria storica di cui è detentrice – diverrebbe dunque  (se lo vorrà) il fulcro di una fruttuosa e affascinante triangolazione culturale.

martedì 25 marzo 2014

Una vita senza l’oltraggio della storia è strada senza impronte


I giorni e le strade di Carla De Angelis

 
recensione di Teresa Armenti

 
Profondo, essenziale, empatico.
Fluido, sinuoso e ritmico.
Così si presenta il florilegio di Carla De Angelis, pubblicato da FaraEditore di Rimini nel gennaio 2014.
Con i piedi per terra e lo sguardo rivolto al cielo, la poetessa assapora il delicato profumo di rose mentre affronta la fatica dei giorni con coraggio, senza innalzare lamenti, ma osservando in silenzio i gesti della gente che per strada cerca di evitare la vista del diverso. Intanto disegna angeli per trovare quello giusto che ama la luna e le stelle e prepara mille carezze.
C’è un intenso lavoro interiore fatto di collera, che scava un solco nell’anima lacerata da rabbia, inquietudini, inganni e accarezzata da sogni, attese e mormorii. I turbamenti, a lungo trattenuti, esplodono in emozioni che si dilatano, fanno piroette, si inabissano e, sollevandosi, affidano al vento i sospiri.
Dalle pagine fatte di pause e di spazi bianchi si sprigiona una musica misteriosa, che fa diventare utopia l’impossibile e culla il canto accompagnato dalle gocce che scendono dalle nuvole. Le parole, cesellate delicatamente da un pensiero che si posa sul vapore del fiato, sono scolpite nella quotidianità, come afferma Stefano Martello nella prefazione, e invitano a rubare all’istante il suo significato. Affiorano i ricordi, che hanno il profumo del pane. Il buio si insinua lungo la via alberata che si trascina in curve; per sfuggirgli la poetessa sale su una stella cadente alla quale lega i suoi sogni. Ma la triste realtà subito le appare in tutta la sua gravità: è una discarica, una banca, i sacchi dell’immondizia, la carretta troppo carica inghiottita dal mare, la donna malmenata ed arsa viva, la gente indifferente. Si rasserena quando apre la finestra e il suo sguardo si posa sul grano, nei fili d’erba, sul gattino che sbadiglia, sul gregge che passa protetto dal cane bianco e sulle gocce di acqua che scendono dalle foglie insieme al sole che sorge. La Nostra racconta, con uno stile sobrio, i suoi giorni vissuti tra l’abisso e la salita per conquistare le stelle della sera, i suoi percorsi fatti di tornanti che rallentano il cammino, soprattutto quando il suo cuore batte più forte e i battiti sono senza controllo. Un vuoto si impone nella mente e si colma di paura, che viene vinta dalla percezione di un Ente che si abbassa sulle sofferenze, diventa un dio che appare sul viale, piange e prende sottobraccio, ma è anche un dio che ogni giorno presenta il conto. La Nostra lo chiama Signore quando gli chiede scusa se non ha ricordo dei giorni vissuti e quando gli domanda di concedere la gioia di fare germogliare con poca fatica il seme da lei donato alla terra, mentre l’arcobaleno colora la tempesta.
Le poesie di Carla DeAngelis sembrano pensieri sparsi, ma c’è un filo conduttore che li unisce. È il senso della vita che sta nell’amore.  Solo chi sa amare fino a dimenticare sé stesso per donarsi al fratello – affermava Papa Giovanni Paolo II a Santiago De Compostela durante la IV Giornata Mondiale della Gioventù – realizza a pieno la propria vita ed esprime nel massimo grado il valore della propria vicenda terrena”. E la De Angelis, la poetessa della Portuense, ci indica le strade dell’Amore, “mettendo in versi i propri guai migliori”, e nel suo silenzio fa “ben più rumore di una dorata cupola di stelle” come sosteneva Alda Merini, la poetessa dei Navigli.

lunedì 24 marzo 2014

Il tempo delle mani al Caffè San Marco, Trieste 9 aprile


                                                                                                                                                                               
 

dall’8 marzo al 9 aprile 2014 presso
l’Antico Caffè San Marco di Trieste
LE MANI E LE DONNE
ritratti contemporanei di
ANNAMARIA CASTELLAN

domenica 6 aprile nel Caffè
dalle ore 10 alle 18
STAGE FOTOGRAFICO
aperto a tutte le donne

finissage
mercoledì 9 aprile 2014, alle ore 18
MARINELLA CHIRICO
presenta il libro

http://www.faraeditore.it/html/siacosache/tempomani.html

letture di Patrizia Bordogna
 
a seguire vin d’honneur


L’Evento è organizzato dall’Associazione Culturale Acquamarina
Via Rossetti 16 -34133 – Trieste – www.associazioneacquamarina.org

L’Antico Caffè San Marco, Via Battisti 18, a Trieste,
è aperto tutti i giorni dalla mattina fino a sera, tranne il lunedì.

Letteratura con i piedi

di Roberto Borghesi
 

Inizia il viaggio. Letterario? Palmare? Da dove incominciare? Dai piedi? Ma i piedi non hanno occhi, si dice e si dice anche però che sotto la pianta del piede sia designato tutto il nostro corpo. Dunque sembrerebbe che non basti poi camminare poi tanto per conoscersi. È forse l’anima che ha più bisogno di movimento per respirare e riflettersi. Sì. E si parla bene quando si parla di “viaggio dell’anima”. In fondo, tutta la letteratura è un immenso viaggio intorno all’anima; intorno? O dentro. Ma come è fatta l’anima, poi? In quanti ci si sono interrogati, in quanti sono partiti per cercarne i confini che come dice il saggio, per quanto li cerchi poi non li trovi. E se l’anima fosse nei piedi? E se l’anima fosse il motore pulsante della letteratura per questo molta di essa sarebbe storie di viaggi ed itinerante? l’anima non sarebbe altro che un piede. Oltre tutto sappiamo che un piede riesce a tenere tra le dita una matita e si sa di una scimmia che tambureggia non si sa bene con quali risultati letterari i tasti di un computer. Sì, possiamo proprio dire che scrivere con i piedi non è così male. Non scriverò della immensa letteratura di viaggio, delle narrazioni di itineranti, biblioteche di cartografie e di poesie fluviali e ondeggianti. Parlerò invece dei piedi di uno scrittore immersi a bagno in una vasca a fare un pediluvio, magari di un giornalista alle prese con le maronate della quotidianità, le incazzature condominiali e i chilometri da fare per andare a cambiare una cambiale. Come a lui, a quanta gente, alla sera, dopo avere corso tutto il giorno dietro alle tasse, una bacinella fumante è il massimo dei viaggi nei caraibi promessi. E mi chiedo a questo punto se Dostojeskj non pensasse di scrivere anche con i piedi per raddoppiare le pagine che gli pagavano. Se i piedi fumano, il cervello pure non è da meno in questo mondo nebbioso e sempre più incerto. Ma uno scrittore che sta in piedi è uno scrittore con gli attributi, certo, ma che pure per pigiare i tasti dovrà stare seduto, anche se un grande filosofo dubitavano dai pensiriu che venivano dalla scrivania. E la poesia? Be', bisogna pensare che vada scritta sulle punte quasi a forma di matita. Credo che se tentassi di scrivere con i piedi lo farei in cinese, trascrivendo qualche racconto di Borges, e dipingendo fiori improbabili. Ma so che vorrei che i miei piedi mi portassero sulla cima dell’Himalaya con passo leggero, portando solo una bisaccia e un piccolo libro di saggezza che mettesse al centro la tenerezza del Signore, la su quelle cime ventose e i miei piedi tocassero il confine tra la terra e il cielo e capovolgendomi scrivessi con il mignolo su una nube dorata; pace sulla terra inamorata.



La luce sulle colline

di Vincenzo D’Alessio (G.C. “F. Guarini”)
 



L’impegno a diffondere le attività culturali in questa zolla dura che è l’Irpinia spetta a donne e uomini di coraggio. Si è eroi nella quotidianità, contro l’ostinata ottusità del non cambiamento nelle nostre piccole realtà provinciali. Si combatte aspramente contro l’invidia, la mancata riconoscenza, l’inciviltà.
La dottoressa Emilia Dente Santangelo è stata presidente del Premio Nazionale Biennale di Poesia “Città di Solofra” edizione 2005/2006, dopo essere stata portata alla ribalta letteraria dall’emerito professore don Michele Ricciardelli negli anni Novanta sulla rivista “Forum Italicum”. Emilia ha continuato il percorso letterario coniugandolo con la scelta della famiglia e l’intensa attività storico/artistica in favore della città natale, Montefusco.
Raccogliendo l’invito della Casa Editrice Fara di Rimini, diretta da Alessandro Ramberti, di divulgare le pubblicazioni offerte gratuitamente nelle scuole ha sostenuto Arianna Gallotti, fondatrice della caffetteria d’Arte “Art Cafè” a Montefusco, l’ampliamento della “free library” istituita presso il locale per l’intrattenimento dei clienti con le pubblicazioni della Casa Editrice di Rimini. Ultima nata: Faraexcelsior 2013 Antologia dei vincitori dell’omonimo concorso letterario (vedi foto).
L’impegno della scrittrice Emilia Dente Santangelo continua dall’alto della sua città natale profondendo luce di Cultura sulle colline circostanti dove vengono diradate le ombre che da troppi secoli offuscano le belle energie giovani costrette all’emigrazione.

venerdì 14 marzo 2014

L’Irpinia ricorda Nicola Leone, pittore naif


Pratola Serra (Avellino). Il 21 marzo 2014 alle ore 18.00 presso la sede dell’Associazione culturale “Agorà” di Pratola Serra, sarà inaugurata la Mostra retrospettiva dedicata a Nicola Leone (Pratola Serra 21/3/1891 – Napoli 12/2/1974), artigiano, ebanista, imprenditore cinematografico (diede origine nel 1926 al Cinema–Teatro Leone) e pittore naif.
L’evento, che coincide con il 123° anniversario della nascita dell’artista irpino, ha il Patrocino morale del Comune di Pratola Serra, dell’Amministrazione Provinciale di Avellino, del Consiglio Regionale della Campania ed inoltre dell’Accademia Tiberina di Roma e dell’AGIS sezione Campania.
Nicola Leone fu operativo sul territorio irpino dal 1925 al 1973, si dedicò più intensamente all’attività pittorica dal 1952, le sue tematiche hanno rappresentato il vivere quotidiano, arti e mestieri, scorci urbani, paesaggi irpini e campani, tradizioni popolari, nature morte, ritratti e soggetti d’arte sacra, alcuni dei quali ubicati presso la Chiesa Madre SS. Maria Addolorata di Pratola Serra, la Chiesa di Sant’Anna in San Barbato di Manocalzati, la Chiesa di Santo Stefano a Serra di Pratola.
Partecipò a numerose Mostre regionali, nazionali ed internazionali, collettive e personali, di lui si sono interessati scrittori, poeti e critici d’arte, quali: Carlo Barbieri, Michele Biancale, Marzio Dall’Acqua, Alfonso Gatto, Piero Girace, Bruno Lucrezi, Luciano Moretti, Ugo Piscopo, Leonardo Sinisgalli e Lorenza Trucchi.
Alla cerimonia di inaugurazione saranno presenti il Sindaco di Pratola Serra, dott. Antonio Aufiero, il Commissario Straordinario della Provincia di Avellino, dott. Raffaele Coppola, il Presidente del Consiglio Regionale della Campania, on. Paolo Romano.
Durante l’inaugurazione, con la presenza dei figli Giuseppe Antonello ed Ermonde, noti artisti del panorama contemporaneo, sarà proiettato un filmato su Nicola Leone, concesso dalle Teche RAI, andato in onda il 26 ottobre 1978 all’interno della trasmissione televisiva “Cronache Italiane”. Sarà inoltre presentato il volume dal titolo Nicola Leone, pittore naif. Anche l’Irpinia ha il suo cantore a cura di Concetta Anna Leone, interverranno i professori Aniello Montano, Francesco D’Episcopo, i poeti giornalisti Mario Tufelli e Dora Celeste Amato. Modererà l’evento la giornalista Antonietta Gnerre.
La mostra sarà aperta al pubblico fino al 30 marzo dalle ore 10.00 alle 12.00 e dalle ore 17.00 alle 19.00.

giovedì 6 marzo 2014

Una bella mail su “La Pleiade”


http://www.nuovepagine.it/2014/05/la-pleiade-franco-santangelo/
Carissimo Gianni,

ho dedicato a La Pleiade l'attenzione e l'interesse che il tuo lavoro merita.
La lettura è stata occasione di riflessione e divertimento insieme. Indubbiamente si è davvero fortunati quando accade di poter vivere queste due fonti di diletto dello spirito in una medesima esperienza.
Per questo, anzitutto ti ringrazio.
Se fossi in grado di utilizzare l'emisfero sinistro del mio cervello così come faccio uso del destro – incapacità che evidenzia solo la mia estrema pigrizia nel ragionamento analitico -, avrei sicuramente potuto apprezzare e comprendere meglio lo schema iniziale, in cui ritengo sia una delle chiavi essenziali di questo racconto, così come nel rapporto tra la prima e la seconda ne ho avvertita un'altra non meno rilevante.
Ho avuto anch'io esperienza di come la dignità umana venga volentieri sacrificata alla bassezza, appena si ha la possibilità di nascondersi dietro uno schermo, che dà la certezza – non importa quanto illusoria – dell'impunità. La crudeltà e la superficialità stringono spesso, in tali circostanze, un patto osceno, in cui lo spirito viene soppresso per asfissia, a cominciare ovviamente, come sempre accade, dall'arte e dalla poesia.
Leggendo La Pleiade, c'è seriamente da meditare sul modo in cui dalle amare esperienze e riflessioni della prima parte possa sortire un giallo.
Ho ripensato spesso, prima e dopo la lettura, alla tua voce che sceglieva il termine "terapeutico" per definire la scrittura, proprio mentre perfezionavi questo scritto. C'è senz'altro qualcosa di estremamente profondo, che viene espresso attraverso una forma quasi ludica. E questa profondità, con i suoi risvolti opachi, permane.
La terapia è senz'altro efficace, ma non si guarisce mai del tutto, com'è giusto che sia. Chi affronta davvero le avversità trova infine il modo giusto per curare ogni male, ma non guarisce mai del tutto. Non a caso, a far da immagine piena del processo terapeutico della scrittura non c'è solo il Luca raggirato e inguaiato, ma anche il cadavere di Julius.
Se ipotizziamo che entrambi siano personaggi nati dai sentimenti provati dal narratore della prima parte di fronte al trattamento subito nei circoli letterari online, vi troveremo senza fatica l'intero spettro esistenziale in forma di giallo: lo slancio emotivo e necessariamente ingenuo che ogni atto artistico di per sé implica (in Luca), la problematicità del puro e semplice condividere in gruppo questo slancio, il cadavere di Julius, a suggerire come non propriamente di difficoltà si tratti, quanto piuttosto di impossibilità.
Tra i vari livelli di lettura, il più profondo che mi è stato possibile identificare è forse quello che vede in questa trama la rappresentazione stessa della creazione artistica. Luca crede fortemente in Caccini e, nella possibilità stessa che quell'incontro si realizzi, è perfino “posseduto” da quel pensiero, nell'attesa di poter conseguire il proprio sogno.
In quel luogo, però, come sempre accade in ogni creazione artistica che sia viaggio avventuroso, non trova quanto si aspettava, ma tutt'altro.
C'è delusione, orrore, trappola, stupore. C'è innegabilmente – anche se Luca non lo vede con i propri occhi – un cadavere: la scoperta che forse è morta la fede nella scrittura quale ideale “incontro” con altre anime scriventi.
La dimensione della scrittura resta solitaria.
E terapeutica: il cadavere è tale, sì, ma in quanto ucciso da altri.
Ciò di cui siamo certi, infatti, è che Luca è del tutto innocente.

Gianni Criveller e la Cina a Bologna e Macerata



mercoledì 5 marzo 2014

Non nego la Speranza: lettera dall'Irpinia

di Vincenzo D'Alessio


http://www.pasolini.net/saggistica_caos.htm
Caro Alessandro la lunga battaglia che tentiamo per dare voce alla nostra breve umanità anima la penna che vibra dell’energia della mano, non dello sterile tasto di fronte allo specchio di un video. Veloci, velocità, fuga nel tempo. Così ci insegnano i giorni che viviamo nella furia delle voci morte, dei campi profughi, dei muri sollevati a difesa degli ingiusti guadagni. I figli chiedono speranze ma non so trovarne nello sguardo dei carrelli al supermercato.

Ieri ho incontrato Pier Paolo Pasolini, vestito di stracci, che raccontava all’angolo della strada che porta a Corso Sempione di rallentare la corsa degli affari: “Ora il nuovo capitalismo, non ha affatto bisogno di quel ricatto – se non ai suoi margini, o in isole sopravviventi, o nell’abitudine (che si va estinguendo). Per il nuovo capitalismo, che si creda in Dio, nella Patria o nella Famiglia, è indifferente. Esso ha infatti creato il suo nuovo mito autonomo: il Benessere. E il suo tipo umano non è l’uomo religioso o il galantuomo, ma il consumatore felice d’esser tale” (da Il Caos, 4 gennaio 1969). Ma nessuno l’ascoltava.

Oggi sono ritornato nel supermercato per comprare il libro che mi hai consigliato, quello di Pierluigi Cappello, mentre tutti correvano per agguantare le ultime offerte di cibo ho letto a fatica tra le pagine. C’era un bambino incuriosito, mi ha guardato: “S’o cor (…) compagn dal jever”. Poi è scappato.  “Così come oggi tanti anni fa / mandate a dire all’imperatore / che tutti i pozzi si sono seccati / (…) perché qui c’è da camminare nel buio della parola / (…) premerete sentieri vastissimi / vasti da non avere direzione / e accorderete la vostra durezza / alla durezza dello scorpione” (Mandate a dire all’imperatore, Poesie 1992-2010). Sono uscito con il carrello vuoto di acquisti e carico di pensieri: “la ragazza Carla” alla cassa mi ha svegliato dal torpore dandomi il resto.

Credimi ti capisco quando mi scrivi di essere stanco (anche a me la mano in questo istante) di affrontare concorsi su concorsi per fare emergere la meritocrazia. Non è una malattia. Il senso diffuso di abbandono all’imponderabile tracima ad ogni angolo di strada, nelle case, nelle stanze, da dove vedi emergere visi affannati in corsa verso i mezzi pubblici. Leggi sui giornali, che durano solo un giorno purtroppo, la triste fine dell’imprenditore e l’operaio che ha perso il lavoro e la Speranza. L’ho incontrata una infinità di volte, questa bella immagine, non l’ho potuta fermare neanche nell’Eremo quieto di Fonte Avellana (che nel nome richiama la terra dove vivevo) dove mangiammo insieme pane azzimo e olio di miele. C’è troppa fretta generazionale. L’immagine permane sul fondo dello schermo ma scompare tra le tante icone affastellate. L’ingiuria del nostro tempo è proprio questa. 


Caro fratello lontano, come dirti che non posso abbandonare i figli a questi tristi figuri che si accalcano dietro palchi sgangherati di menzogne. Non credono più alla memoria. Il Benessere passa irriverente tra i banchi del supermercato nelle mani dei servitori. Il padrone è al lavoro nei grattacieli e qui vedi solo volti colorati tra i tarocchi. Cosa ci fanno i libri di carta accanto ai tablet? La mano tentenna nell’acquisto. La ritiro. Giro il carrello in direzione dell’ascensore. Mi guardo nello specchio di fondo e scorgo un’ombra che mi affianca. Lo riconosco dallo sguardo, caldo, come il vin cotto delle nostre vigne.

Pasquale Martiniello che ci fai tra Memoria e tempo ? Questo tempo non è più il tuo né il mio, come vedi non c’è ricompensa: “Ora / a rischio nero è la partita / con la civetta / che rifischia a senso unico / Ci spaventa il vuoto delle curve / gli striscioni arrotolati / il silenzio ordito da lingue / senza penna e fiato” (Memoria e tempo, 1998). Le porte si aprono lentamente verso la penombra del garage. L’auto risponde al telecomando, si apre il bagagliaio vuoto. Chiudo entrambi per partire. Accendo e ascolto la radio per compagnia. Penso alla visione che ho avuto dentro lo specchio prima.

«Nel 1963, il metereologo Edward Lorenz avanzò un’ipotesi veramente deflagrante, che ha fatto tanto discutere. In opposizione all’unilinearismo prevalente negli studi scientifici (in fisica, in biologia, in economia), fondato sul principio secondo cui una piccola variazione dello stato di una realtà non produce che una variazione altrettanto piccola dello stato finale di quella realtà, egli introduce un’altra idea del tutto sconvolgente. Sostiene, infatti, che in un sistema caotico, all’interno del quale i principi della scienza galileiano-newtoniana risultano inadeguati di fronte all’interpretazione del caos su cui si fonda la realtà nella sua complessità, una piccolissima variazione può produrre conseguenze inimmaginabili. E prova a dimostrare che il “battito d’ali di una farfalla in Amazzonia può scatenare un uragano nel Golfo del Messico”» (Ugo Piscopo, Introduzione a Storia della Poesia Irpina 2, di Paolo Saggese, 2013). Questa voce mi è familiare anche a distanza.

Quanti chilometri mi separano dall’Irpinia nell’andata e quanto poco sembrano nei ritorni che affronto nel ritrovare le terre che non hanno più il valore della casa. Sento una profonda estraneità verso i miei conterranei che si piegano ai potenti, pur di recuperare un pane nell’immediato per sé e i propri figli. Caro Alessandro ho spento la radio e il cellulare e ripenso alla voce forte di Pasquale Martiniello che mi spinse ad andare lontano ad insegnare: “Non baciai l’anello del cardinale / che ci scemava il grano già poco / per le cattive annate / Le viscere avevo cariche di fiele / per un’antica ipoteca che nido / aveva in cielo” (ib., Memoria e tempo). Un suv suona la tromba sguaiata alle mie spalle mentre imbocco via Neera: ha fretta, forse torna a casa.

Mio amato amico di corrispondenza è proprio vero che hanno ucciso la Speranza dentro i megamercati delle invenzioni? Ho proprio voglia di riposare la mano e la penna bic che si consuma nei solchi dove vorrei far rifiorire la Speranza, rossa, rossa, come i pomodori al sole cocente del Sud. 


Tuo,
da qui, marzo 2014 

Vincenzo D’Alessio

lunedì 3 marzo 2014

Le donne di Gesù e Santità al femminile di Maria Luisa Eguez



 



MARIA LUISA EGUEZ è nata alla Spezia il 5 aprile 1951, si è laureata in lettere moderne all’Università di Pisa nel 1975 ed insegna dal 1984 materie letterarie nella scuola secondaria di I grado di Lerici (La Spezia). È madre di quattro figlie e nonna di quattro nipotini. Opera in campo letterario e nel volontariato; per quest’ultimo, dal 2001 al 2006 ha ricoperto la carica di presidente provinciale del Centro Italiano Femminile, dal 2002 al 2007 è stata presidente del “Centro Laura Cozzani o.n.l.u.s.” e dal 2004 è anche vicepresidente dell’associazione “Gruppo Samuel” della Spezia. Dal 1976 ha partecipato, vincendone alcune decine, a premi di poesia e narrativa a diffusione nazionale.
Ha collaborato a periodici e riviste letterarie (Adige-Panorama, Silarus, Il Golfo, Il Golfo dei poeti) scrivendo recensioni e saggi su Mario Tobino, Vladimir Bukovskij, Ignazio Silone, Gabriel G. Marquez, Totò. Dal 2008 è caporedattrice del mensile cartaceo e on-line “Lerici In”.
Ha pubblicato:
L’albero della lechoza, poesie, ed. La Madia, L’Aquila,1979;
Damiano di Molokai, biografia, ed. Il Messaggero, Padova, 1985, ISBN: 8870265668 BID: CFI0103263;
I piccoli soli, racconti, ed. del Tridente, Massa, 1991;
Frankenstein – Alla ricerca di Mary, saggio in collaborazione con Carla Sanguineti, Centro Internazionale della Grafica, Venezia, 1994;
Come un cantico della sera, poesie, ed. Cinque Terre, La Spezia, 2001;
I racconti di nonno Elia, prosa, ed. Cinque Terre, La Spezia, 2001;
Megalopoli, ed. Cinque Terre, La Spezia, 2004;
E vide che era cosa molto bella, ed. Cinque Terre, La Spezia, 2005;
Toledot (Generazioni), ed. Cinque Terre, La Spezia, 2007;
Santità al femminile, Donne determinate e forti, ed. Paoline, Milano, 2013, EAN: 9788831542371; ISBN: 978-88-315-4237-1;
Le donne di Gesù, Figure Femminili del Nuovo Testamento, ed. Il Messaggero, Padova, 2013, EAN: 9788825030044; ISBN : 978-88-250-3004-4.
Ha curato inoltre:
Giorgio Caproni e la musica, saggi, ed. Cinque Terre, La Spezia, 1991;
Con Shelley nel Golfo dei Poeti, ed. M&G, Carrara, 1992;
Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, ed. Cinque Terre, La Spezia, 1995;
Qui è bello come non mai – In viaggio con gli scrittori da San Terenzo a Tellaro, Agorà ed., La Spezia, 2000;
Lerici, Azienda di Promozione Turistica “Cinque Terre - Golfo dei Poeti”, La Spezia, 2000.
È presente in numerose antologie fra cui 100 Poesie d’amore, Oscar Mondadori, Milano, 1996 ed ha collaborato al saggio di Carla Sanguineti Mary Shelley, dialogo d’amore, ed. Giacché, La Spezia, 1997.
Nel 1980 ha fondato il premio letterario “Lerici Golfo dei Poeti” nell’ambito del quale ha curato convegni internazionali dedicati a D. H. Lawrence (1981), George G. Byron (1984), Percy B. Shelley (1986), Mary Shelley (1988), Giorgio Caproni (1990), Percy B. Shelley (1992), Ceccardo Roccatagliata Ceccardi (1994), Virginia Woolf (1995), Eugenio Montale (1996), Mary Shelley e Mary Wollestonecraft (1997) e gli omaggi ai presidenti scomparsi Attilio Bertolucci (2000) e Mario Soldati (2001), cui hanno partecipato docenti universitari, critici, scrittori e poeti di fama mondiale.