venerdì 2 agosto 2013

Formalina: un trattato “pettinato” da romanzo

recensione di Francesca Romano Longo,
specializzanda in Anatomia Patologica (Università di Catania)


Questo libro altro non è che un trattato scientifico-filosofico che, per usare un’espressione cara all’autore,  “si è pettinatoda romanzo: c’è una spietata analisi della dicotomia dell'animo umano filtrato attraverso le figure dei due protagonisti, Ruggero e Ambra. L’autore esprime nella protagonista femminile la leggerezza calviniana infusa di passione, emotività e curiosità; l'animo acerbo di Ambra è ancora pregno dell'illusione che ogni essere umano coltiva durante la giovinezza: poter controllare ed eventualmente dirottare il proprio avvenire in qualsiasi istante lo si desideri. Così, per la durata di poche pagine, l'autore sembra rivivere attraverso Ambra la spinta giovanile del sé stesso non-vissuto e che probabilmente manca all’appello dei suoi quasi cinquanta anni (48 per l’esattezza), relegando in Ruggero tutto ciò che di più pesante, ripetitivo e scientificamente tedioso possa esserci nella figura dell’anatomopatologo, scettico e disilluso studioso che trascorre la propria esistenza lontano dalle “vite degli altri”, compulsivamente soddisfatto solo se perennemente sepolto in mezzo al suo mare di libri, pubblicazioni scientifiche, vetrini che nascondono casi interessanti da decifrare, blocchetti paraffinati e vecchie scartoffie (in quanto accanito  sostenitore del “è sempre meglio non buttar via niente che tanto le mode ritornano e non si sa mai!”).  Ruggero è il medico specialista in anatomia patologica che vive con passione i pochi metri quadrati del suo laboratorio, crucciandosi talvolta di quanta vita “non vissuta e insostenibilmente leggera” esista appena aldilà di quella porta,  consolandosi – forse – con l’illusione che quella vita non sia poi così interessante rispetto al suo agognato mondo cellulare. L’attrazione per Ambra rappresenta per il protagonista un’occasione di allontanamento, l’uscita momentanea da quel mondo microscopico che lo impegna senza posa e a cui egli è “quasi religiosamente”  devoto. Ambra è per Ruggero ciò che la poesia è per l’ anatomopatologo: “la poesia è la libera uscita di ogni essere umano, la possibilità di spingere la parola ai confini del linguaggio, cercando di toccare almeno i piedi della divinità… è il miglior strumento diagnostico per tentare la biopsia di Dio”. La poesia per Ruggero è anche la discesa verso un mondo  dominato dall’emotività psichica, il luogo della mente dove ogni impulso irrazionale può assurgere a forma fisica, un mondo lontano dagli affanni e dalle frustrazioni della vita quotidiana. Un mondo nel quale a ogni “diagnosi  complessa” è concesso il beneficio del dubbio. La poesia – che pervade questo romanzo – è il fuoripista inaspettato dalla “scia delle lumache mediocri”, quella “scia” su cui ciascun uomo, con una convinzione che non di rado rasenta la follia, quotidianamente e ineluttabilmente  avanza. A questo proposito l’autore, in una delle sue poesie particolarmente gravide di scetticismo, scrive:  

nessuno sa di esserci per l’altro
e tutti insieme però non sanno 
che fanno il mondo che ci è toccato
questa punta d’ernia strozzata 
chiamata terra, che gira contenta 
portandoci tutti verso una nuova stella 
o, forse chissà, fuoripista nel gran premio del niente

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