lunedì 23 aprile 2012

Niva Ragazzi su Racconti Esemplari


In www.sololibri.net/Racconti-esemplari-Lu-Xun.html

Racconti esemplari - Lu Xun

traduzione dal cinese di Lucia Regola
di Niva Ragazzi - 23-04-2012 
Scheda libro e prezzo:   IBS IBS   Bol BOL   La Feltrinelli La Feltrinelli   AmazonAmazon  WebsterWebster
Certamente uno dei più grandi scrittori cinesi del Novecento, Lu Xun, pseudonimo di Zhou Shuren, è nato nel 1991 a Shaoxing e morto nel 1936. Lu Xun si è trovato a vivere in uno dei periodi più sanguinosi della storia cinese che vedrà la caduta dell’impero, l’ascesa prepotente del Partito Nazionalista Cinese, le continue lotte intestine, le invasioni giapponesi e l’ingerenza dell’occidente nazionalista. È stato tuttavia anche un periodo di grande fervore culturale con una prospettiva di apertura al mondo occidentale.
Il primo racconto del libro, scritto nel 1918, dal titolo "Il diario di un pazzo", fu una vera pietra miliare della letteratura cinese moderna: un racconto breve, severo, disperato e tragico che mette in rilievo l’arretratezza della società, il disagio e la sua profonda crudeltà. Si tratta del diario di un uomo paranoico, oppresso da manie di persecuzione, che a poco a poco si convince di vivere in una comunità - e per estensione, in una società - di cannibali. La sua lotta quotidiana si esplica nella costante attenzione e cura che mette nel difendersi ad oltranza dalle insidie e dagli inganni di quanti lo attorniano, senza nemmeno escludere i componenti della sua stessa famiglia. Ed è con la voce del suo angosciato e braccato protagonista che l’autore mette in parole la sua profonda convinzione che le radici dei difetti del suo paese si potranno correggere o estirpare solamente cambiando lo spirito e il modo di pensare della gente.
Il libro contiene anche le raccolte di racconti "Alle armi", in cui troviamo il primo racconto, "Errare incerto" ed "Erbe selvatiche": per quanto ci sembrino lontani nel tempo e del tutto improbabili gli scenari che Lu Xun ci presenta, la Cina di cui parla non è scomparsa del tutto. Sono racconti eleganti e delicati, legati al tempo e alla vita quotidiana, che fanno risaltare le contraddizioni tra la naturale e legittima aspirazione ad una felicità immediata e la lotta arida e fredda per il futuro, un futuro che si dibatte tra tradizione da conservare e modernità che irrompe tutto distruggendo.
L’autore non dà ricette magiche, né soluzioni per risolvere i mali della società in cui vive, ma rimane sempre presente al suo scopo: squarciare i veli dell’ipocrisia e fare spazio al mondo nuovo.

venerdì 20 aprile 2012

Franca Pirolo: L’industria conciaria italiana tra tradizione e innovazione. Il caso della fabbrica Buonanno a Solofra tra Ottocento e Novecento

Rubbettino, Editore, 2011


di Vincenzo D'Alessio & G.C.F.Guarini

“Solofra come segno di contraddizione. Nel cuore dell’Irpinia, la provincia che da sempre ansima negli ultimissimi posti delle graduatorie del reddito, Solofra (poco meno di 10 mila abitanti, addossata sui contrafforti della catena appenninica dei Picentini, a metà della superstrada che congiunge Avellino a Salerno), ha la vita opulenta e tumultuosa dei paesi lievitati ed oppressi dalla concentrazione industriale; in una sacca tradizionale e dolente di emigrazione per il Nord-Italia e per l’estero, è paese che non conosce praticamente disoccupazione ma importa, anzi, quotidianamente dai paesi contermini i due terzi della manodopera; in una zona da sempre sostenuta dalle fragili strutture dell’economia agricola e dalle mediocri certezze del reddito fisso è un comune che ha nelle vene – vocazione antica e misteriosa – il gusto dell’impresa economica.” ( «Il Mattino Illustrato», pag. 43, servizio realizzato dai giornalisti Antonio Aurigemma e Franco Scandone, 7 giugno 1980, n. 23 Anno IV).

Le parole di Antonio Aurigemma, riportate qui in alto, erano lo specchio fedelissimo della realtà della cittadina della concia, a pochi mesi dal terribile sisma del 23 novembre 1980: evento che ha segnato una cesura impressionante tra passato recente e presente.

Il volume della chiarissima professoressa Franca Pirolo, solofrana per nascita, dal titolo L’industria conciaria italiana tra tradizione e innovazione. Il caso della fabbrica Buonanno a Solofra tra Ottocento e Novecento, edita dall’editore Rubbettino (2011), bene si colloca nelle pubblicazioni che, dalla metà del secolo appena trascorso, tendono a fare luce su quella storiografia economica che, come scrive l’Autrice, “ha posto l’accento sulla necessità di affiancare allo studio tradizionale delle dinamiche evolutive delle grandi imprese, quello per le entità economiche locali, nell’intento di approfondire le problematiche dei diversi settori produttivi e di analizzare l’evoluzione della produzione da “sistema artigianale” a “ sistema di fabbrica” (pag. 19).

Il volume, quasi duecento pagine, articola la sua architettura in tre parti: la prima esamina, dettagliatamente, la “pelle” come materia prima da conservare e utilizzare negli usi più svariati; la seconda parte nello specifico affronta la dinamica territoriale delle aziende solofrane, le risorse(particolarmente quella idrica), e le involuzioni rispetto al territorio dove sono concentrate e ai mercati di sbocco; infine la terza parte privilegia le sorti storiche della Conceria” Michele Buonanno fu Gennaro” , stabilimento in Solofra, via Ponte della Ferriera, con succursale in Cerignola(FG), il cui fondatore visse dal 1827 al 1888, produttore di cuoio, pellame e lana. L’azienda partecipò a diverse esposizioni in Italia e all’estero: come si evince da uno dei diplomi, conservati dai discendenti insieme alle medaglie, dell’ “Esposizione Universale di Saint Louis del 1904 “(vedi, V. D’Alessio: Storia della concia della pelle in Solofra, volume 2°, Edizioni G.C.F.Guarini, 1994.)

Con grande spirito scientifico ha scritto, il chiarissimo professore Silvio de Majo, nella prefazione: “Solofra rappresenta oggi un importante distretto industriale della Campania con decine di imprese specializzate nella concia delle pelli e nell’abbigliamento. (…) A partire dai primi anni del Novecento Solofra recupera terreno rispetto alle concerie napoletane, grazie soprattutto all’attività della sua maggiore azienda, la Michele Buonanno. L’azienda, che ha introdotto il bottale rotante, si avvantaggia in questo periodo – come altre concerie campane – dell’ulteriore espansione dell’industria calzaturiera napoletana, che viene rifornita di pelli per foderare le scarpe. La grande guerra dà poi alla Buonanno l’opportunità di produrre per l’esercito italiano e di mettersi sulla strada della meccanizzazione, utilizzando una macchina a vapore.”(pag.16) Durante tutto il Novecento l’azienda è rimasta competitiva fino al 1980. Lentamente, sul finire di questo XX secolo, gli eredi hanno preferito dismettere l’attività.

Tutto il ricco patrimonio d’archivio , monumentale e proto industriale, è stato lasciato intatto fino agli inizi di questo XXI secolo, con la speranza che fosse istituito, finalmente, il Museo della Concia delle Pelle a Solofra(vedi, V.D’Alessio:”Storia della concia delle pelle in Solofra,volume 1°, Edizioni G.C.F.Guarini.1989) proprio in questa azienda che aveva valicato due secoli di storia. Purtroppo dopo la delocalizzazione delle concerie dal tessuto urbano all’area industriale di fondo valle, il rione Toppolo (l’antica area di insediamento del nucleo delle concerie a partire dal XVI secolo) è stato lasciato in completo abbandono, ed oggi la conceria Buonanno è divenuta un rudere, con il crollo della capriata del tetto dovuta alle recenti nevicate di quest’anno.

Scrive in questo senso la Pirolo, nel suo volume : “A partire dagli anni Ottanta, l’attività conciaria solofrana fa un ‘inversione di rotta sulla produzione delle pelli. L’applicazione di moderne tecnologie, l’aumento della domanda e le tendenze della moda sostituiscono la storica lavorazione delle tomaie per calzature con la lavorazione di pelli ovicaprine per la produzione di nappa per abbigliamento. Segue un periodo contraddistinto da alti tassi di crescita e di sviluppo del distretto industriale seguito da alterne fasi critiche e fasi di ripresa. In effetti, la crisi che ha avuto inizio negli anni Novanta si è protratta fino a oggi e questa lunga fase di congiuntura sfavorevole per il distretto solofrano pare non trovi uno sbocco positivo.” (pag.145 e seg.)

In effetti quest’ottimo lavoro di Franca Pirolo, che ama la sua terra d’origine, pone all’attenzione nazionale, in tempi di crisi come quelli che stiamo superando, la validità dell’esperienza fatta sul campo da un imprenditore solofrano/campano, Michele Buonanno, che ha creduto fermamente nelle sue doti personali e le ha trasmesse alle forze lavoro della sua azienda conciaria, lasciando dietro di se una scia inconfutabile di storia economica.

Con non poche difficoltà abbiamo atteso che i politici locali, d’accordo con gli eredi della Famiglia Buonanno, dessero impulso comune alla nascita del necessario Museo della Concia della Pelle in Solofra, proprio ora che si stanno svuotando i contenitori di quella antica attività conciaria, in favore di quella post industriale collocati a fondo valle. I pochi reperti artigianali della concia, da noi raccolti durante le fasi delle ricerche sul territorio solofrano, a cominciare dagli anni Settanta del secolo scorso, li abbiamo donati al nato Museo dell’ex conceria” Lamarque “ , in Maglie(LE), collocandoli accanto alle pubblicazioni del settore, in memoria di nostro figlio Antonio D’Alessio (1976-2008) scomparso prematuramente.

Questo volume curato con sagacia dalla chiarissima Franca Pirolo eleva, a livello nazionale , il dibattito acceso negli anni Settanta, e seguito negli anni Novanta, dai lungimiranti sindaci solofrani dottor Mario Famiglietti e dottore Aniello De Chiara, sull’importanza della nascita del” Consorzio Nazionale dei Distretti Conciari”, ospitando gli amministratori di Arzignano, Turbigo e Santa Croce Sull’Arno.

mercoledì 18 aprile 2012

Le pillole di Enrica 11



di Enrica Musio (le precedenti qui)



Sotto il caldo sole acceccante della riviera romagnola, mi sono messa a leggere con calma e tranquillità il libro di Patrizia Rigoni Avrò i tuoi occhi. Nel libro si narra la storia di un chirurgo e di sua moglie da poco incinta e con gravi problemi di vista. Sono in Tunisia, dove hanno aperto una meravigliosa clinica privata in cui fanno i trapianti degli occhi. E qui alle loro avventure si intersecano quelle di altri: con uno strano ciabattino, con gli abitanti del luogo, con i giovani. Un testo che ci fa meditare sul senso profondo dell’esistenza. Un buon libro che ho apprezzato.






L’afa calda dell’estate e la crisi economica in Italia conciliano la lettura del libro di poesie di Alberto Mori Financial. L'autore in queste pagine descrive il mondo della finanza, quello azionario, delle banche, del denaro. In passato si era bene ispirato al mondo della moda e dell'effimero.  È bravo a metter in scena la parola, infatti l’autore è un performer. Il tutto giocato sulla ironia. Un libro da leggere a voce alta al grande mondo globale. Un buon libro.







Nel libro di poesie di Gladys Basagoitia Dazza Danza immobile ci sono poesie che ci narrano di spazi vuoti, di mistero… un'opera piena di vissuto, di sapienza, esistenziale. Troviamo poesie visionarie, e di sogno. Il tutto scritto in due lingue assai vicine: lo spagnolo e l’italiano. Vi troviamo un tono di fratellanza, un amore per la letteratura e la parola poetica. Un buon libro da leggere.





kairos


Nel libro di Davide Valecchi Magari in un ora del pomeriggio si leggono poesie intense, profonde, uniche, magiche, emozionali, modernamente liriche. Poesie piene di bellezza. Poesie con un sentire nostalgico, ma non triste e cupo.







Ragazzi di Oggi. Disordinati appunti di viaggio



Il libro di Irene Boschi Betta si sposa è una bella storia per bambini e non solo. Si narra di una civetta in età da marito che si deve sposare. Ci sono tre pretendenti: il primo è il gufo Rodolfo, grande parlatore e dotato di grande intelligenza e cultura; poi c'è Rocco l’allocco, stupido, cretino e senza sale in testa, ma con tanti muscoli e forza, arroganza e prepotenza; alla fine arriva Tito il bargaggianni, semplice, unico e speciale, e lei da civetta ingenua, ne cade subito innamorata. Si sposano  e gli altri pretendenti, al matrimonio, sperano che Betta abbia delle belle cugine, destinate a loro due. Una storia simpatica, carina e divertente. Belle le illustrazioni e i disegni.





Nel libro di Alberto Mori Piano si leggono poesie con una perfetta vibrazione linguistica che utilizza un pensiero multimediale, una realtà sorprendente e in bilico che bisognerebbe trasformare. Mori ricerca la parola, la anima inserendola in una sorta di paesaggio poetico intenso. Ne consiglio la lettura.





Peripato Tuscany

di Subhaga Gaetano Failla


Lasciamo tracce 
allo sguardo del vento 
Frasi di sabbia


Ulivi, ciliegi e altre palme

Proprio adesso. Stavo guardando la torre di San Bernardino, e i due occhi immobili oblunghi che hanno come pupille le campane, e le tegole sull’apice trafitto da una croce in ferro, e il cielo blu e bianco di nuvole luminose, oltre bassi ulivi inselvatichiti e piante che s’azzuffano disordinate a siepe – una parete verde sconnessa, oscillante – e proprio adesso le palpebre, e sopracciglia e iride e tutto il resto si sono rivitalizzati, insomma suonano le campane. Si riempie il cielo, e il suono rimbalza sulle mura medievali alle mie spalle, contende lo spazio ai diversi cinguettii di sparsi volatili, al gracchiare di corvi che hanno affitto e condominio sulla cinta difensiva, ma l’abitudine ha fermato il tempo poiché l’unico attacco recente a queste mura è stato quello degli uccelli del vento delle piogge e degli aleggianti umori psichici che di rado si spingono fin quassù.

Una lucertola si fa quattro passi di fronte a me, seduto a una panchina in pietra che mi rinfresca le natiche, e ne avrà pure ragione lei, la bestiola rettile, ché c’è un bel sole mite e ne vale la pena, a sgranchirsi le zampe e a far pulsare la gola chiara tra fiorellini gialli e bianchi e viola, tra foglie d’ulivo cadute e qualche penna scura d’un volatile che s’alleggerisce in primavera. Ho la giacca di renna appesa al ramo d’un ciliegio e talvolta un soffio di vento fa piovere petali bianchi, e anche le formiche nere e quelle rosse si danno da fare. C’è di nuovo silenzio in questo momento, perfino i corvi fanno meno casino, sarà l’ora di pranzo forse e i pennuti s’affretteranno verso un ristorante, chissà, o verso un tavolo apparecchiato in famiglia, oppure presso amici, e poi oggi è la Domenica delle Palme, primo aprile duemiladodici, e si conviene festeggiare la giornata con un pasto cerimoniale, e ho già detto a un paio d’amici che di notte sono sbarcati nelle campagne di Donoratico degli Oggetti Volanti Non Identificati, e persino il Presidente ha dichiarato di valutare bene la situazione e di evitare allarmismi, e speriamo che l’Aurelia non sia chiusa per tale emergenza se no come raggiungo martedì la scuola, e comunque oggi è anche il Pesce d’Aprile, ed è buffo pensare a Gesù sopra un asino e allo scherzo che gli hanno giocato, e al Sud ci sono le palme e anche gli ulivi e qui, sulla mia panchina in pietra, è tornato il sole, e il brandello di Toscana dove siedo e scrivo si modifica continuamente, a causa pure della mia biro che traccia segni sul quaderno a quadretti, e mi ricordo Borges nel deserto egiziano con un pugno di sabbia che scivola dalla mano.





L’ombra del cipresso e la mia

Il cipresso in Toscana è stato ucciso dallo sguardo dell’abitudine e poi sepolto dentro loculi d’innumerevoli fotografie e cartoline. Non ho voglia oggi di parlare d’un cadavere, di indossare i panni dell’anatomista e nemmeno quelli dell’archeologo di necropoli. Parlerò invece di alcune ombre.

Sulla sinistra la statua di San Martino ha le braccia aperte rivolte al fianco dell’antico duomo, un volto magro e la barba corta. Il santo è vestito da vescovo, con tanto di mitria in testa, e ai piedi riposa la spada e il mantello a ricordo di pagine infantili, di gesti dall’alto d’un cavallo. La sua ombra cade sulla ghiaia, si sfalda sui piccoli sassi che crocchiano nei passi verso l’ingresso laterale del duomo e le dimore ecclesiastiche vicine.

Sopra di me il cielo nuvoloso annuncia forse prossime piogge. Ma adesso si è aperto uno squarcio chiaro e l’ombra del cipresso in basso si spande sul cespuglio di fiori gialli, oltrepassa le sembianze d’una giovane donna catturate in un’altra statua, sfiora il cancello nero del giardino, si intrattiene per un poco accanto a una coppia di turisti (lei ha la macchina fotografica puntata e si muove come un cecchino). L’ombra si immerge dentro una siepe, giunge sulla piccola strada che conduce in piazza, bussa quasi al portone d’un vecchio palazzo color panna – un ulteriore ricordo sfocato medievale -, e l’impalpabile traccia scura che svanisce, perché il sole si è di nuovo nascosto, è disturbata ora da parole tedesche al telefonino. La mia ombra invece è seduta per metà sul muretto, l’altra parte si stacca e va giù, in un salto, al di là della parete di travertino ricoperta da un rampicante giovane con foglie tenere, verdi come la pelle d’un ranocchio, e la sagoma della testa s’appiattisce sotto nel giardino, dove la cima d’un oleandro ne solletica i capelli.

È riapparsa l’ombra del cipresso, si sposta a percorrere qualche altro passo in salita, nella stradina, senza sforzo di fiato, s’appoggia al limite basso d’una finestra chiusa.

Vastissime ombre si diffondono rapide sulla valle, ondeggiano, cambiano forma, si raggrumano, tracciano talvolta linee nette a tagliare grandi campi già rinati d’erba brillante oppure trapezi sconnessi di terra ocra o boschi scuri. La luce ha bagliori verso occidente, verso la costa tirrenica, oltre il quieto gigante vegetale, un cedro del Libano, oltre l’ombra mobile d’un suo ramo pendulo, un fantasma che gioca su un muro rosa e grigio, scrostato, sopra un altro rampicante che riveste un osservatorio celeste abbandonato, con una piccola campana appesa delimitata da una balaustra in ferro, dove tortore e colombe hanno equilibri fugaci, e il battito raro del metallo intarsia consonanze di suoni di costellazioni, d’arcipelaghi viandanti in cielo e in terra. Infine il passaggio d’un amico mi aiuta a staccare la penna dal quaderno, e l’ombra della mano vola via dal foglio.




Estrellas, papaver rhoeas et somniferum

perfetta è l’imperfezione
(Gianni Toti)

Amarcord comeun ricuore, stelle in cielo remember et la scimmia progredice, disce l’uomo che per progresso non vedrà le stelle. Etoilcorazon, estrellas, puf! magia, il child invisible per giuoco and magic star disparisci perché la scimmia d’évolution, et svanisci stelle che non vede l’uomo le ciel nocturno de l’inquinamento lumìno. L’inguine segreto di tenerezze oh tender night le stelle e papaveri rhoeas, fiore di selva, il ricordo nella curva in alto nel praaahto de respiro ooh y la corsa de printemps on the left nella curva dal lago dell’Accesa a Capanne. Oh my Lord mammà papà poppy florente aquí se puede veder les estelle di noche, étoiles e fleur di mammapapaver, flower de dream, dono di sonno, is un sueño il mio ricordo di petalipapaver somniferum disteso nella notte cum my darling sulla strada bianca le stelle sopra et l’amor che move.




Nel piccolo lago. Istruzioni per l’uso

Dicono in molti che nel piccolo lago dell’Accesa ci siano pesci mostruosi, vortici pericolosissimi e viscide piante acquatiche che s’avvinghiano alle caviglie dei nuotatori.

Ho deciso di controllare bene la situazione.

La bellezza del laghetto è tale da far abbassare istintivamente la voce. Talvolta si rimane in silenzio per meglio assaporare l’incanto del luogo.

Indosso un costume da bagno rosso a pantaloncini. Lascio i sandali e i pochi abiti sul prato che lambisce la riva, a due passi dal susino carico di frutti. Sento l’odore dell’erba cipollina sparsa nei campi, gli effluvi salubri di alti eucalipti e il ronzio di calabroni e bombi che s’aggirano lenti sopra i fiori viola dei grossi cardi spinosi.

Lego sulla testa con un elastico il mio quaderno e una penna. Potrò così nuotare senza inzuppare le pagine, e al momento giusto fermarmi e prendere appunti muovendo più rapidamente le gambe per stare a galla. Mi immergo.

L’acqua è cristallina e ricca di argilla. Libellule sfiorano la superficie o forse la mia vista mi inganna e non riconosco minuscoli angeli con ali diafane. Poi mi accorgo che le dicerie non sono infondate.

Un pesce delle dimensioni d’una grande carpa spunta in un balzo dalle profondità lacustri e s’accosta al mio viso, proprio mentre sto scrivendo del fruscio d’un canneto che oscilla lieve sulla sponda opposta alla mia e dei colli verdeggianti che mi circondano come una meraviglia edenica. Il pesce indossa una giacca grigia, una brutta camicia rosa e una orribile cravatta marrone. Davvero mostruoso. Mi rivolge la parola con tono formale:

“Buongiorno. Mi scusi, sa a che ora passa il prossimo autobus per Massa Marittima?”

“Ehm… no”, rispondo. “Non conosco gli orari degli autobus. Sono venuto qui in macchina.”

“Qui?” fa il pesce, allargando i già larghi occhi rotondi. “E come ha fatto a parcheggiare sull’acqua?”

“Ma no… Qui intendevo sul viottolo vicino.”

“Capisco. Mi può dare un passaggio?”

“Sì, certo. Tra mezz’ora, va bene?”

“Va benissimo. Mi farò trovare sulla riva dove ha lasciato i vestiti. A più tardi, allora. E grazie.”

“Prego”, rispondo. “A più tardi.”

Il pesce mostruoso svanisce in un tuffo, così come era apparso. Sto ancora pensando a quell’incontro, quando un vortice d’un tratto mi risucchia nella sua scia concentrica. Giro giro e giro, e girano gli alberi, i canneti, i cespugli, le farfalle, i prati, le rondini, il cielo azzurro con piccole nuvole bianche e un bel sole – tutto gira con me come in un caleidoscopio.

Il vortice dopo un po’ si dissolve. Mi gira ancora la testa, ma non faccio in tempo a riprendermi che alcune malefiche piante lacustri s’avvinghiano ai miei piedi per farmi il solletico. Una tortura. Non resisto. E allora rido, rido proprio tanto, una risata da sbellicarsi risuona tutto intorno. Infine mi allontano dalle piante viscide, ripongo quaderno e penna sulla testa e nuoto verso la riva di partenza. Non vorrei fare tardi all’appuntamento con il pesce mostruoso.





Spettri

Abito in una casa del Duecento con due finestre a bifora. In basso, la stradina lastricata si inerpica ripidissima da togliere il fiato, fino a giungere a una delle storiche porte d’ingresso della città. Poco più in là si innalza un magnifico e vertiginoso arco senese. Talvolta, per gioco, immagino gigantesche frecce scoccate da quell’arco verso il cielo.

Nei primi giorni trascorsi in una dimora così antica pensavo, senza alcuna originalità, alla presenza aleggiante nelle stanze di alcuni inquilini non dichiarati: i fantasmi. Ma se qualche fantasma c’era, doveva essere di indole tranquilla e benevola, perché non provavo in casa nessuna sensazione particolarmente spiacevole. Nel tempo poi, come di solito capita, dimenticai le mie fantasie metafisiche e tornai a interessarmi dei consueti quasi-fantasmi della vita quotidiana.

Una notte di qualche anno fa, durante un mio sonno infestato da sogni faticosi, mi svegliò una specie di bisbiglìo cantilenante e una luminescenza rossastra provenienti dal corridoio.

Mi alzai dal letto. Non avevo paura, forse perché ancora piuttosto stordito dal sonno spezzato. Giunsi barcollando nel corridoio. Una figura tremolante e trasparente, scalza e vestita di panni laceri, con sulle spalle una bandiera a brandelli, camminava in su e in giù e sussurrava qualcosa.

Con la temerarietà tipica di chi non è del tutto in sé, mi avvicinai alla figura e domandai con voce assonnata:

“Cosa ci fa lei qui a casa mia?”

Quel tipo – un uomo magrissimo d’età indefinibile – fermò i suoi passi e la cantilena bisbigliata e mi guardò perplesso. Infine rispose:

“Uno spettro si aggira per la Toscana.”

“Mi scusi, signor spettro”, dissi, “ma la sua citazione del famoso incipit è sbagliata. Quella giusta è Uno spettro si aggira per l’Europa.

“Mah…” borbottò lo spettro. “Io sono uno spettro comunista toscano, perciò mi sono permesso di adattare l’incipit. E poi si ricordi che il Partito Comunista Italiano è nato proprio qui in Toscana.”

“Be’, sì, ha ragione”, mormorai cortesemente. “Però io preferirei, fuor di metafora, un comunista in carne e ossa. È davvero raro ormai trovarne qualcuno, non solo in Toscana e nel resto d’Italia, ma anche in tutta Europa. Ci vorrebbe oggi, con urgenza, un nuovo comunismo, gioioso e libertario, non disincarnato e spettrale, mi scusi, come lei. Una nuova incarnazione piena di vita e di speranza. Cosa ne pensa?”

Ma lo spettro non mi ascoltava più. Si era già allontanato con la sua bandiera rossa ridotta a uno straccio, ripetendo a bassa voce quella malinconica cantilena:

“Avanti popolo, alla riscossa…”

giovedì 12 aprile 2012

Alberto Mori a Villafranca (VR) 22 apr




Torna nel cuore di Villafranca l’opportunità di incontrare scrittori, giornalisti, poeti e musicisti di fama sia locale che nazionale.

Merito dell’Associazione Linguafranca, che anche quest’anno in occasione della Primavera del Libro con gli Autori presenta un programma culturale per tutti i gusti. Dal 17 al 22 aprile Villafranca diventerà una piccola capitale letteraria, ospitando eventi per grandi e piccini nella zona antistante il Castello Scaligero.

Ospiti di rilievo il giornalista italo-brasiliano Darwin Pastorin e Paolo Roversi, che si confronteranno con il pubblico presente rispettivamente nelle mattinate di mercoledì 18 e sabato 21 aprile.

Di grande rilievo anche gli appuntamenti serali: si parte giovedì 19 in compagnia di Elisabetta Sega, immagini e aneddoti storici con il suo “L’Emissario” presso Binario Zero. Due appuntamenti poetico-musicali invece ci accompagneranno nelle serate di venerdì e sabato presso l’Auditorium. Le poesie dialettali di Andrea Aldrighetti cantate e musicate da Le Fughe de le Matonele, anticiperanno di un giorno l’esibizione musicale e figurativa a cura di Mattia Venturini.

Cuore pulsante ed elemento caratterizzante della manifestazione il Giardino degli Scrittori, con decine di autori che nei pomeriggi di sabato e domenica presenteranno le proprie opere confrontandosi con il pubblico presente.

La splendida cornice del Castello Scaligero ospiterà la mostra-mercato della piccola editoria, e sarà l’occasione per conoscere piccoli capolavori ancora poco conosciuti o per gettare le basi di future e fruttuose collaborazioni.

Il programma completo della manifestazione è disponibile su www.linguafranca.it

Per info infolinguafranca@gmail.com – Tel. 368 303 11 11

Media partner www.ilvillafranchese.it

MARTEDÌ 17 APRILE
Scuola Materna Maria bambina
Rappresentazione teatrale della fiaba
Sfoiadina-la regina di Simonetta Taurino

MERCOLEDÌ 18 APRILE
Auditorium - Ore 11.00
Mario Allegri chiacchiera con Darwin Pastorin.
Dialoghi sull’amicizia nei giovani e nello sport

GIOVEDÌ 19 APRILE
Binario Zero - Ore 21.00
Immagini e aneddoti storici.
Giuseppe Passarelli presenta Elisabetta Sega e il suo “L’Emissario”. Storia di un veronese ai tempi dell’unità d’Italia. Musiche a cura del coro “La Castellana”.

VENERDÌ 20 APRILE
Auditorium - Ore 21.00
Poesia e musica con Andrea Aldrighetti e “Le Fughe de le Matonele”

SABATO 21 APRILE
Castello Scaligero - Ore 10.00
Apertura mostra mercato della piccola editoria

Auditorium -Ore 11.00
Incontro-dibattito con Paolo Roversi sull’opera “La mano sinistra del diavolo”

Auditorium - Ore 15.00 - 18.30
IN-CON-TRA L’AUTORE.
Il Giardino degli scrittori: letture e presentazioni in sequenza con, Federica Sgaggio, Marco Nundini, Giulia Penzo, Arnaldo Ederle.

Auditorium
Ore 21.00 - A Verona... l'anima mia!
Poesie dialettali veronesi, ispirazioni. Esibizione musicale e figurativa a cura di Mattia Venturini con la collaborazione di Milena Speri e Alessandro Berti.

DOMENICA 22 APRILE
Castello Scaligero
Ore 9.30 – 19.00
Mostra mercato della piccola editoria

Auditorium - Ore 11.00
Premiazione del concorso letterario “Leggeremozioni”, alla presenza della giuria.

Auditorium - Ore 15.00
Il Giardino degli scrittori: letture e presentazioni in sequenza con Elisa Zoppei che presenta Fiorita Pezzolati e Gaetano Bellorio; Franco Santamaria; Franco Ceradini e Ernesto Bussola; Patrizio Pacioni presenta Antimo Pappadia; Gianfranco Vicinelli; Roberto Ranieri; Marinella Galletti; Alberto Mori; Enza Iozzia; Gionatan Squillace e Massimo Finanzi

Ore 19.00
Brindisi finale

INGRESSO LIBERO ad ogni evento
--
Associazione Linguafranca
Cell. 368 30 31 111
www.linguafranca.it



Segnalibro avellanita 28 apr 1° mag 2012




tutte le info qui: narrabilando.blogspot.it/2012/02/scrivere-per-il-futuro

lunedì 9 aprile 2012

Antonio D’Alessio: il poeta, il musicista


(cliccare sulle foto per ingrandirle)

Ieri, 6 aprile 2012, nella cittadina di Atripalda (AV), nei locali del “Chromazone” il gruppo musicale Notturno Concertante ha presentato il cofanetto CD Canzoni allo specchio: dieci brani, tra editi e inediti, racchiusi nell’aura di quasi trent’anni di “progressive “rock . Le ascendenze sono chiare e le frequentazioni dei gruppi italiani come Le Orme, La Premiata Forneria Marconi, Il Banco del Mutuo Soccorso, lo stesso Pino Daniele, e altri gruppi stranieri, affiorano e rimbalzano sul pentagramma originale dei brani firmati da Lucio Lazzaruolo e Raffaele Villanova.

La pubblicazione è stata affidata alla casa d’edizione “RADICI MUSIC”; mentre la registrazione dei brani è stata effettuata nella sala della “Transparent Music Studio” di Grottaminarda (AV). Il cofanetto del CD, come l’album fotografico che lo accompagna, si avvale della collaborazione del grande artista Fabio Mingarelli: autore affermato nella scia dell’Arte contemporanea.  Il nuovo CD arriva dopo dieci anni esatti dalla comparsa sui mercati del precedente successo dal titolo “Riscrivere il passato”: un coacervo di energie in contatto con esperienze e grandi collaborazioni, tra queste l’incontro con il pianista del gruppo musicale “Le Orme” Tony Pagliuca. I due fondatori del “Notturno Concertante”, Lucio Lazzaruolo e Raffaele Villanova, incontrano sul finire degli anni Novanta, Antonio D’Alessio, bassista, e danno inizio ad un nuovo viaggio con l’ingresso di altri musicisti nel gruppo e la rinascita delle energie musicali interne allo stesso.

Antonio D’Alessio, scomparirà il 9 settembre 2008, a causa di un male incurabile. Oggi, a quasi quattro anni dalla scomparsa, il gruppo musicale ha voluto onorare la sua memoria e la grande forza d’animo che ha portato alla rinascita del Notturno Concertante e all’ingresso del fratello Giuseppe, nel ruolo appartenuto ad Antonio. La dedica è apposta nella seconda pagina dell’album, arricchito dai disegni di Fabio Mingarelli, e reca i versi di Antonio: “Che ci faccio con i piedi per terra?” tratti dalla raccolta postuma La sede dell’estro (Edizioni Gruppo Culturale “F. Guarini”, Montoro Inferiore, 2009). Il musicista e il poeta finalmente a confronto!

Ad Antonio è dedicato il brano “le anime belle” di quest’ultima raccolta.

L’invito all’ascolto è forte, come forti sono le stanze che la musica attraversa nei brani, plasmati dagli arrangiamenti degli stessi autori dei testi, con la collaborazione, in due brani, di Benni e Relmi. La serata è stata accompagnata dal calore del pubblico intervenuto, tra questi i famigliari di Antonio e la figlia dello scomparso sindaco di Solofra, Maria De Chiara: quest’ultima ha consegnato al gruppo musicale e all’artista Mingarelli il medaglione di Solofra Città (1895-1995) fatto coniare, per il primo centenario, dal padre Aniello insieme agli attestati di riconoscenza del Gruppo Culturale “Francesco Guarini” per l’attività svolta in favore della Cultura nazionale.

Sul valore del lavoro, che questa nuova armonia di successi presenta al pubblico, il critico musicale Donato Zoppo si è così espresso: «Quando uscì il sesto album Riscrivere il passato Lucio lo descrisse come “una tela di Penelope”, tanti erano stati i ritorni e gli sguardi volti all’indietro per confezionare un prodotto al meglio delle loro possibilità. Per Canzoni allo specchio si potrebbe dire lo stesso se non fossero cambiate molte cose all’interno del Notturno: eppure quella cifra peculiare c’è ancora, rafforzata da un fare volitivo che non altera la centralità melodica, la filigrana acustica, il temperamento rock, influenzato dalle modalità jazz.»

Per quanti volessero ascoltare il CD, possono acquistarlo collegandosi direttamente al sito del Notturno Concertante.

Montoro, 7 aprile 2012 Gruppo Culturale “Francesco Guarini”

mercoledì 4 aprile 2012

La scomparsa del letterato Carmine MANZI


di Vincenzo D'Alessio & G.C.F.Guarini

Ieri, 3 aprile 2012, è scomparso dalla scena terrena il letterato Carmine MANZI, nato a Mercato San Severino nel 1919, fondatore della Rivista “Fiorisce un cenacolo” e dell’Accademia di Paestum. La camera ardente è stata allestita nel Palazzo Municipale della città natale; lascia la moglie, due figlie e un figlio. La salma sarà tumulata nel cimitero cittadino.

Le iniziative che il Nostro ha saputo realizzare durante la sua esistenza sono così tante che è impossibile tesserne la rete. Così dicasi delle pubblicazioni e degli interventi letterari: dalla critica alla saggistica, dalla Storia alle monografie su artisti del Novecento e di questo inizio secolo. Come suo amico di famiglia va ricordato il poeta e musicista E.A. Mario, a sua volta autore di grandissimo talento.

Scompare dalla vita terrena un costruttore infaticabile di Artisti: ha sostenuto ed aiutato, come padre spirituale, tantissimi giovani che si affacciavano sulla scena letteraria italiana e straniera. Personalmente l’ho incontrato per la prima volta come presidente della giuria del Premio di Poesia “Carmine Troisi” svoltosi il 27 gennaio 1973 in Solofra. Poi nell’aprile 1975 in occasione dell’XI Convegno Romano dell’Accademia di Paestum, dal quale scaturì l’antologia “Fiori d’aprile”, curata dal Nostro e dalla quale traggo oggi, dalla prefazione, questa Sua nota: “Sotto questo aspetto, la raccolta che qui presentiamo assume il valore di una testimonianza perché sta a significare nel suo insieme che quando esiste identità di propositi, almeno per quanto riguarda i moventi essenziali, non può essere che comune anche il fine da realizzare, promuovendo dal piano artistico a quello sociale, al di là delle idee, per la realizzazione di una entità assoluta ed universale” (pag. 4).

Da quel momento la collaborazione tra il Nostro e il Gruppo Culturale “Francesco Guarini” è continuata sulla scia delle iniziative che a mano a mano si andavano formando sul territorio. In questo modo il Nostro è stato presidente della Giuria del Premio Nazionale Biennale di Poesia “Città di Solofra”, proprio nella X edizione, in occasione delle celebrazioni del Primo Centenario di “Solofra Città”, nel giugno 1994, nella prolusione alla cerimonia di Premiazione così sintetizzò la vita del Poeta, che era anche la Sua vita:

“Quello del poeta è un mandato da assolvere, un mandato che non scade mai; una missione da compiere, che si prolunga all’infinito; una presenza assidua, costante, contro il disordine e contro l’aggressione e la lotta che Nicola Abbagnano riconosce come fattori esistenziali del mondo vivente e aggiunge, da maestro quale egli è dell’esistenzialismo italiano, che “se la vita, nonostante questo, non si è spenta, ciò vuol dire che lo stesso male ha una funzione nel preservarla” (pag. 7, Antologia del Premio Nazionale Biennale di Poesia “Città di Solofra”, Edizioni G.C.F. Guarini, 1994)

Il Nostro è ancora stato ancora con noi, Gruppo Culturale “F. Guarini”, in qualità di presidente della Giuria del Premio Nazionale Biennale di Poesia “Cluvium” alla sua prima edizione nell’ottobre 1996, e anche in questa occasione, nella prolusione alla cerimonia di premiazione ribadì i principi che animavano il Suo infaticabile lavoro di letterato: “Se un messaggio parte oggi da Calvanico è questo: e lo sottoscrivono, siatene certi, anche gli Uomini illusti della vostra Terra, quelli che abbiamo ricordato, perché non possiamo dimenticare il passato se vogliamo costruire un migliore domani, ma non possiamo costruire il domani senza appoggiarlo sulla forza granitica ed insostituibile dell’Amore” (pag. 6, Antologia del Premio “Cluvium”, Delta 3 Edizioni, 1997).

Noi sappiamo per certo che sopra ogni cosa la Speranza lega un uomo alla sua vita e nella continuità di vita c’è il suo tesoro. Questo ultimo messaggio, quasi un testamento di profonda Speranza cristiana, si coglie nella raccolta poetica del Nostro, dal titolo 24 dicembre 2002… Canti di speranza e d’amore (Tipografia DPNET, Salerno, 2009) dedicata al nipotino Carmine, tesa a trasmettere il filo rosso della Poesia nelle piccole mani della generazione del XXI secolo. Il lascito poetico è vasto, se non addirittura immenso, per delle mani così piccole, ma nel cuore del maturo letterato si fa strada la gioia del percorso, la luce che riesce a rischiarare il buio di quell’angusto passaggio della scomparsa terrena. Ascoltiamo la sua poesia, che rimane nel Tempo della Letteratura Italiana, anche quando la sua voce umana è scomparsa:

“Ma oggi ha reso marzo d’azzurro il cielo / fugando le ultime nubi che son rimaste / di questo inverno che ancora non passa; / ed è tornato il sole a farti festa: / sei tu la prima rondine che torna / ad annunziare la nuova Primavera.”

Noi lo ricordiamo con sincero affetto.

Montoro, 4 aprile 2012

martedì 3 aprile 2012

Lo spirito di Elvis Spadoni soffia a Fonte Avellana

Da sabato 31 marzo 2012, nel suggestivo atrio dello Scriptorium di Fonte Avellana è già visibile la mostra di Elvis Spadoni che verrà presentata dall'Artista sabato 28 aprile 2012 nell'ambito del convegno residenziale Scrivere per il futuro ai tempi delle nuvole informatiche. Qui sotto alcune foto delle opere (che sono anche acquistabili).








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