venerdì 29 aprile 2011

Video sul Convegno “Il volto del libro”

Carissimi tutti,
nel caso ve lo siate perso, eccovi una sostanziosa  pagina con intro e
video del servizio sul nostro convengo di  Reggio.
Auguri ancora e buonissima visione
http://bit.ly/iWrI09

Saverio Simonelli
http://www.lacompagniadellibro.tv2000.it
  Si veda anche l'articolo sul Covengno di Paolo Pegoraro
http://www.bombacarta.com/2011/04/16/il-convegno-di-reggio-calabria-02-dai-titoli-ai-volti/

martedì 26 aprile 2011

Senza Fiato 2. In ricordo di te a Forlì 27 apr

Mercoledì 27 aprile, ore 16,
presso il Circolo Tennis Villa Carpena, Via Brando Brandi, 69, Forlì:
Diana Benini, con la partecipazione di Marco Viroli,
presenta l'antologia poetica Senza Fiato 2. In ricordo di te (Fara Editore, 2010)
a cura del poeta Guido Passini

Tra i personaggi della letteratura e della poesia tanti sono quelli che sono stati ispirati e mossi alla scrittura da un personale disagio che li tormentava. Questo vale anche per Guido Passini, ammalato di fibrosi cistica, un giovane uomo che lotta quotidianamente per riconquistare quel "fiato" che la malattia tenta impietosamente di rubargli.
La fibrosi cistica è una malattia genetica degenerativa delle ghiandole esocrine, che interessa prevalentemente l'apparato gastro-intestinale e respiratorio ed è in genere caratterizzata da malattia polmonare e insufficienza pancreatica. Provoca la produzione di un muco denso e vischioso che ostruisce le vie aeree con conseguenti infezioni persistenti e danni polmonari permanenti.
Alla sua uscita alla fine del 2008 Senza fiato, testimonianze e poesie pro fibrosi cistica fu accolto con grande attenzione, oltre a riscuotere un notevole successo di vendite. Guido Passini non era ancora molto conosciuto come poeta, ma ugualmente aveva messo insieme un largo seguito di amici, grazie ad anni di frenetica e generosa attività su internet a favore della poesia e della sensibilizzazione alla sua malattia.
Io stesso conobbi Guido dopo un contatto in rete: fissammo un appuntamento e ci incontrammo in una libreria del centro di Forlì. Da allora la nostra amicizia si è rinsaldata ogni giorno di più, aiutandoci a crescere sia come uomini che come poeti.
Scrissi nel mio intervento alla prima raccolta di Senza fiato: «Ritengo un onore e un privilegio partecipare a questo progetto che vuole mettere sotto i riflettori una malattia poco conosciuta ma molto più comune di quanto si pensi. Questo piccolo libro, ci auguriamo, potrà aiutare tutti coloro che ne sono affetti a sentirsi meno soli, meno diversi, più forti».
“La fibrosi cistica mi ha più dato che tolto”, da questa affermazione si può comprendere di che pasta sia fatto e quale sia lo spirito combattivo che anima Guido Passini, personaggio dalla grande carica empatica, che ha fatto di malattia virtù. In questo ha trovato la sua forza, un’energia che gli ha aperto le porte del cuore e della mente.
Senza fiato 2. In ricordo di te giunge a poco più di due anni dall’uscita della precedente raccolta. Nel frattempo Guido ha avuto modo di dare alle stampe anche una sua personale antologia di versi, dal titolo evocativo, Io, Lei e la Romagna (2009), dove “Lei” è la malattia e “la Romagna” è l’amore.
Senza fiato 2 ospita un insieme di scritti giunti al curatore un po’ da tutta Italia. Ogni singola opera contribuisce a rendere il libro un vero e proprio "atto d'amore", non solo una raccolta di poesie, ma una sequenza di emozioni e di testimonianze che hanno lo scopo di portare a conoscenza di tutti questa tremenda malattia misconosciuta.
Lungo sarebbe riportare l’elenco di tutti gli amici che hanno donato i propri versi a questo progetto, mi limiterò perciò a menzionare i soli forlivesi: Bravo Giovanni da Forlì, Clery Celeste, Katia Zattoni, Marco Viroli, Matteo Zattoni, Sandra Evangelisti e Lorena Sali, oltre naturalmente ai numerosi interventi dello stesso Guido Passini. (Marco Viroli)

«Senza fiato arriva alla sua seconda edizione, questa volta con il sottotitolo: In ricordo di te. Probabilmente la mia scelta è azzardata, considerate le grandi soddisfazioni ottenute da Senza Fiato, ma ho sentito la necessità di proporre un libro nuovo che potesse riportare tutte quelle emozioni che fanno crescere l’uomo, un libro che continuasse il precedente e al tempo stesso ne fosse un’evoluzione focalizzata su chi ha perso una persona cara. Senza fiato 2. In ricordo di te è un tributo nei confronti di tutte quelle persone che hanno lasciato un vuoto incolmabile nel nostro cuore. Un tributo al ricordo dei loro sorrisi, della loro dignità, del loro respiro. (…) Ho letto più volte questi testi, e tutte le volte mi sono commosso, perché mi hanno insegnato a capire ancora meglio cosa prova una madre, una sorella, un’amica, un amico, una moglie, una fidanzata, e questo mi spinge a lottare ancora di più perché i cocci rotti possano ricomporsi.» (dall’Introduzione di Guido Passini)

Guido Passini, nato a Bologna nel novembre del 1978, qualche anno fa ha scoperto la grande passione per la poesia che da allora è diventata parte integrante della sua vita. Nei suoi versi Guido libera l’anima, dapprima lasciandola naufragare nel suo dolore, per poi trovarle una via di salvezza, colmandola di speranza nel futuro. La poesia di Guido diviene così respiro vitale. “Non mi arrendo, indosso nuove ali e ricomincio a volare”: queste semplici parole descrivono perfettamente la poetica di Passini, autore sensibile, che gioca con le sue emozioni personali, per farci partecipi della sua sofferenza.
Dal 2008 Guido Passini è socio dell’Associazione Culturale Poliedrica di Forlì. Sempre nel 2008 cura e pubblica Senza fiato, testimonianze e poesie pro fibrosi cistica. La poesia “Ti Mostrerò” è inserita ne I poeti romagnoli d’oggi e Federico Fellini ,2009, nello stesso anno pubblica Io, Lei e la Romagna, sua prima raccolta personale di versi. Nel 2010 la poesia “Italia son cresciuto” compare ne Il segreto delle fragole del 2010, “Due preghiere” è inserita nell’antologia La poesia, il sacro il sublime e “Poesia un impegno” compare in Salvezza e impegno.
Guido Passini, è anche cofondatore del trust “Davide e Guido – Insieme” che nasce dalla volontà di un gruppo di persone che vogliono lottare contro la fibrosi cistica. Il trust è uno strumento giuridico introdotto recentemente in Italia dopo secoli di applicazione nei paesi anglosassoni. Il trust consente di risolvere innumerevoli problematiche non affrontabili con i normali mezzi dal diritto italiano, è una sorta di cassaforte giuridica dentro la quale una persona, un’azienda, un ente, pone beni, mobili o immobili, o diritti con l’obiettivo di proteggerli dalle proprie vicende personali o dall’azione di terzi.
Il trust “Davide e Guido – Insieme” è un’iniziativa apolitica e senza scopo di lucro e si basa sull’ideazione e sulla strutturazione di progetti che vogliono promuovere un bene comune per la società, contribuendo allo sviluppo della solidarietà, nonché del rispetto e della salvaguardia del prossimo.

Il tuo Cinque può fare tanto…
Una persona su ventisette è portatrice sana del gene della fibrosi cistica.
Sostieni anche tu “Davide e Guido – Insieme – Fibrosi Cistica Trust” Onlus.
Dona il 5x1000 delle tue tasse è sufficiente inserire nell’apposito riquadro il codice fiscale 90063190400
Per maggiori informazioni visita il sito www.davideeguidoinsiemefctrust.it 

PREMIO LETTERARIO INTERNAZIONALE ITALIA-MALTA di Poesia e prosa


ROTARY CLUB DI BARCELLONA P.G.
PREMIO LETTERARIO INTERNAZIONALE ITALIA-MALTA
di Poesia e prosa
“DIOSCURI 2011” I EDIZIONE

·      Il premio “Dioscuri 2011” si articola in tre sezioni:
a)     Silloge inedita, di poesia in lingua italiana di massimo 40 poesie per massimo 17 pagine (comprese interlinee bianche) in formato A4.
b)    Racconto lungo inedito in lingua italiana o serie di racconti brevi inediti in lingua italiana per massimo 17 pagine (comprese interlinee bianche) in formato A4.
c)     Libri di autori siciliani o di autori maltesi tradotti in lingua italiana pubblicati da editori siciliani, italiani o maltesi che hanno approfondito in saggi o antologie le rispettive culture.
·      I concorrenti delle sezioni A e B dovranno inviare entro e non oltre il 10-05-2011 al seguente indirizzo e-mail dell’attuale Presidente del Rotary Club di Barcellona P.G. (ME) Nella Rucci nella.r@virgilio.it il seguente materiale:
·      Una copia della silloge inedita di poesie, una domanda di partecipazione al concorso “Dioscuri 2011” contenenti il nome, cognome, data e luogo di nascita, indirizzo, recapito telefonico ed e-mail, dichiarazione sottoscritta che l’opera è frutto d’ingegno personale, dichiarazione dell’accettazione del presente bando.
·      Gli editori, concorrenti alla sezione C, dovranno segnalare quegli autori e quei titoli delle loro opere che hanno approfondito rispettivamente la cultura siciliana e maltese all’indirizzo della Presidente del Rotary Club di Barcellona P.G. Nella Rucci e-mail nella.r@virgilio.it.
·      LA PARTECIPAZIONE AL PREMIO E’ GRATUITA.
·      I concorrenti delle sezioni A e B possono partecipare ad entrambe le sezioni. Eventualmente anche alla sezione C, se saranno segnalati dalle case editrici siciliane o maltesi o italiane per le opere maltesi tradotte in italiano.
·      Non possono partecipare al concorso i rotariani né i componenti della giuria, i loro parenti e affini fino al terzo grado.
·      La giuria è così composta:
-       Presidente Prof. Giorgio Bárberi Squarotti (critico letterario e storico della letteratura italiana, già docente di letteratura italiana presso l’Università di Torino). Gli altri componenti della giuria verranno resi noti in sede di cerimonia di premiazione.
·      Ai concorrenti vincitori del primo premio “Dioscuri 2011” della sez. A e B verranno consegnate rispettivamente N° 80 copie della loro opera pubblicata in un volumetto di circa 48 pagine a spese del Rotary Club di Barcellona P.G. (ME)
·      Agli autori concorrenti vincitori della sezione C verranno consegnati diplomi o targhe.
·      Le opere inviate al concorso non verranno restituite e saranno donate alla Biblioteca del Rotary Club di Barcellona P.G. (ME)
·      La partecipazione al premio implica la piena e completa accettazione del presente regolamento e l’autorizzazione al Rotary Club di Barcellona P.G. (ME) al trattamento dei dati personali, ai sensi dell’art.7 del D.Lgs. 30 Giugno 2003 n°196.
·      La premiazione avverrà il 25-6-2011 in luogo da stabilire. Se ne darà comunicazione ai vincitori. Non sono previsti rimborsi per le spese di viaggio.

     LA PRESIDENTE DEL ROTARY CLUB DI BARCELLONA P.G. (ME)
                                                                                             Nella Rucci

venerdì 22 aprile 2011

Calvanico e l'Angelo Michele (ricerche sulle origini del culto micaelico)

di Raffaela Bergamo e Vincenzo D’Alessio
Edizioni Gruppo Culturale “F. Guarini”, Montoro Inferiore,  2011
            
“Allora avvenne una guerra nel cielo.
Michele (Mi-cha-el: chi come Dio?)
e i suoi Angeli combattevano contro il dragone.”
(Apocalisse 12,7)

                                              
      Ai pellegrini devoti all’Angelo Michele.
      Alla memoria di nonno Giovanni Bergamo.


Premessa

L’attuale Amministrazione Comunale di Calvanico (SA), tramite l’assessore esterno Luisa Landi, ha inteso affidarci (1) il compito di ricostruire le fasi archeologiche, etno-religiose, storico-agiografiche, che hanno costituito l’inizio dell’insediamento cultuale all’Arcangelo San Michele in questi luoghi. Oggi, dopo millecinquecento anni, la profonda fede della popolazione calvanicese ha fatto giungere, intatta, la devozione sincera verso l’Angelo per eccellenza (Michele, capo delle Milizie Celesti), con la continuità dell’accoglienza dei pellegrini che frequentano questi luoghi sacri deputati al culto.

L’Arcangelo è attualmente il Patrono della cittadina di Calvanico; come è il Patrono della città di Solofra (AV), posta sul versante opposto del Pizzo san Michele (mt. 1567) e più a valle della città di Sarno (SA), lungo le sponde del fiume omonimo. Tanto per delineare geograficamente i luoghi prossimi all’eremo santuario dedicato all’Arcangelo, realizzato sulla cima del Pizzo San Michele, posto nella catena dei Monti Picentini. Dalle nostre ricerche possiamo assegnare con relativa certezza, a questo santuario, il primato di “eremo più alto in Italia” come luogo deputato al culto aereo di San Michele.

Nell’iniziare le nostre ricerche, venti anni fa, ci siamo resi conto che gli elementi che emergevano dal passato andavano esaminati, più che con l’acribia degli studiosi, con la Fede e la semplicità che le genti di queste terre hanno lasciato nella memoria collettiva e che oggi costituiscono il sicuro approdo per ricostruire la Storia di questi luoghi sacri. Una delle forze importanti che hanno regolato la continuità del culto è stato il contatto diretto della gente umile, piagata dalle ferite dell’esistenza: febbri, peste, fame, miseria, vita stentata in montagna, con Dio tramite l’Angelo Michele. Una fede senza il bisogno di intermediari terreni. Ogni singolo fedele è in contatto con Dio attraverso l’Angelo, nella grotta-santuario e sulla vetta altissima della montagna. Questa è la forza che lascia perdurare la fede collettiva.

Una testimonianza particolare meritano le donne e gli uomini di Calvanico che con i loro sacrifici hanno tenuto in vita e consolidato l’eremo che si leva sul Pizzo San Michele, quale faro per tutte le convalli, dove alberga lo Spirito dell’Angelo protettore e mediatore fra cielo e terra.

ottobre, 2010 gli autori



I luoghi geografici

Calvanico (SA) è oggi un modesto centro abitato a pochi chilometri dall’odierna Mercato San Severino (SA). La città di Mercato San Severino è disposta lungo l’antico passaggio, conosciuto in Età Romana con il toponimo di Rota, che collegava l’alta valle del Sarno (Solofra, Montoro Superiore e Inferiore, Calvanico, Fisciano e sue frazioni) con la bassa area del Sarno compresa nei comuni di Nuceria Alfaterna (oggi Nocera Superiore e Inferiore), Sarno, Scafati e Pompei. L’abitato di Calvanico si distende lungo l’asse sud-sud-ovest confinando con i comuni di Fisciano (SA); Giffoni Valle Piana (SA); Giffoni Sei Casali (SA); Montoro Superiore (AV); Solofra (AV) e Serino (AV). Compongono l’abitato tre diversi rioni: Capo Calvanico, Mezzina e Piedi Calvanico. Gli abitanti sono all’incirca 1.300. L’altitudine, dove si sviluppa l’abitato, è compresa tra i 400 e i 500 mt. sul livello del mare. Si coltivano castagne, nocciole, olive e si continua l’orticoltura e la pastorizia. Dai Catasti Onciari, dei secoli compresi tra il XVII e XVIII, erano sviluppate le attività di molino, produzione di veli negri, trattore di seta, carbonaro, scarpellino, piperniero, stuccatore (della quale attività i calvanicesi sono stati emergenti in tutta l’area regionale). Oggi, si sta realizzando, ad ovest dell’abitato di Calvanico, un’area destinata agli insediamenti industriali. La viabilità è disposta, da est ad ovest, nel prosieguo dalla vicina Fisciano verso i comuni del giffonese, attraversando l’abitato di Calvanico. In passato Calvanico era una frazione di Fisciano (fino al 1829).

Il territorio è ricco di sorgenti perenni. Si conservano memorie dell’attività prevalente, quella pastorale, con grotte e ripari sotto roccia; una cava per l’estrazione del tufo e altre aree per l’estrazione del travertino locale(oggi in disuso). Il corso d’acqua principale è il torrente “Cravagnola”, che partendo dal massiccio dei Picentini raggiunge Mercato San Severino per unirsi al torrente “la Solofrana” (Rio secco) all’altezza del convento di Sant’Antonio, corso d’acqua divenuto arido per la captazione delle sorgenti a scopo civico.

Il territorio conserva nella radice del toponimo l’identità del suolo: un’area quasi spoglia di vegetazione d’alto fusto, con frequenti aree di frana per la presenza di calcare e di dolomie. La radice “cal “ sta ad indicare l’instabilità del suolo (come per il toponimo Calabria). Le tracce antiche della presenza umana risalgono, alla luce delle presenti ricerche archeologiche, a circa quattromila anni da oggi (Età del Bronzo medio) con il ritrovamento di vasellame (ciotole e olle) in diverse località: Capo d’Eco, ‘U reco, Acquella, Carpegna, Malito, Bosco della Madonna delle Grazie, etc. Il ritrovamento in passato di tombe a cassa, in tufo grigio locale, d’Età Sannitica sono state segnalate, durante la costruzione di nuove case, in diversi punti dell’abitato, come alla località Strimmoli e Madonna del Vallone. Così dicasi di tombe alla cappuccina d’Età Romana. Una fornace o un probabile santuario, con il ritrovamento di diverse lucerne ascrivibili al III-IV secolo dopo Cristo, alla località Capo d’Eco. La posizione di Calvanico, come luogo di transito verso l’antica Rota, ha segnato la presenza e l’insediamento di diverse civiltà tra le quali: i Piceni, i Greci, i Romani, i Sanniti e per finire gli Arabi della vicina Giffoni, compreso gruppi di ebrei rifugiatisi per le continue persecuzioni a partire dal XVI secolo.

La documentazione storica, nella quale compare per la prima volta il toponimo del luogo Calvanico, negli atti del Codice Diplomatico della Badia di Cava dei Tirreni (SA), è del 1009 (DCXVII) con un atto rogato dal notaio Mirando, trattasi di una donazione, nel quale compare la seguente dicitura: “una pecia de terra cum castanietum et quertietum et bacuum uno teniente, quod abeo in actum calbanico ubi posa bocatur”. Il pezzo di terreno riporta la flora allora presente sul territorio: castagni, querce, con scarso rendimento; come riporta il toponimo “Posa” che corrisponde all’odierna località “Poza do’ conte” situata all’inizio del bosco della Madonna delle Grazie, ad ovest dell’abitato attuale. Seguono altri documenti, appartenenti al Codice Cavense degli anni 1032, 1058 e altri, nei quali è scritto “Calbanicu” e “Calbanicum”.

Le vicende storiche di Calvanico sono comprese in quelle della vicina Rota, come si rileva negli anni presi in esame in questi primi documenti e in uno dei Catasti Onciari, quello del 1755. Sarà aggregata, come frazione, alla vicina comunità di Fisciano fino al 30 marzo 1829, data in cui con Regio Decreto diviene comune autonomo.



IL CULTO ALL’ARCANGELO MICHELE

Il primo luogo di insediamento del culto all’Arcangelo San Michele, proveniente quasi certamente dalla Frigia (oggi Turchia), è la grotta naturale disposta sul promontorio conosciuto con il nome di Gargano, oggi Monte Sant’Angelo in provincia di Foggia. La datazione, circa l’insediamento primitivo, si fa risalire al V-VI secolo della nostra era cristiana.(2) La maggiore testimonianza di questo primitivo insediamento micaelico è il Liber de apparizione sancti Michaelis in monte Gargano, conosciuto anche come Apparitio, attribuito al diacono Paolo di Cividale del Friuli, vissuto nella città di Benevento, in questo contributo agiografico vengono riportate diverse vicende collegate alle apparizioni, nei giorni 6, 7 e 8 maggio, dell’Arcangelo Michele sul promontorio garganico. Scrivono gli autorevoli ricercatori dell’Università di Bari, Giorgio Otranto e Carlo Carletti a tale proposito: “In essa si intravedono due stadi redazionali: il più antico riflette la fase iniziale della storia del culto dell’Angelo sul Gargano (V-VI secolo), cioè l’arrivo del culto stesso, adombrato nel primo episodio, la consacrazione della basilica, fatta direttamente dall’Angelo (terzo episodio), e i riferimenti alle guarigioni operate dal Santo con l’acqua che sgorgava dalla roccia all’interno della grotta.”(3) Per questo primo episodio e per quanto riporteremo successivamente, ne sono testimonianza di continuità dell’evento nella fede popolare, le formelle (XVI sec.) della porta maggiore della chiesa Collegiata di San Michele Arcangelo in Solofra, dove sono riportati gli episodi del Toro con Gargano; la processione voluta dal vescovo di Siponto dopo il sogno; e all’interno, nel soffitto cassettonato della navata centrale, la tela opera del pittore, Giovan Tommaso Guarini (XVII sec.) rappresentante la sconfitta dei Bizantini, da parte dei Longobardi, avvenuta nel 650 nei pressi del santuario(4).

Continuano nel loro libro Otranto e Carletti: “Il secondo stadio redazionale riporta all’epoca successiva, a dopo cioè che i Longobardi di Benevento, sconfiggendo nel 650 i Bizantini (secondo episodio), si impadronirono del santuario, fecero eseguire alcuni lavori di ristrutturazione al suo interno e unificarono le diocesi di Benevento e Siponto sotto la giurisdizione di un solo vescovo.”(5) Come scrive lo storico Arturo Carucci “I primi monaci, che dall’Oriente si rifugiarono nel Mezzogiorno d’Italia per sfuggire all’invasione islamica, furono i siro-melchiti nel secolo VII, tra il 636 e il 638, insieme a monaci egiziani e libici e non pochi di essi si stabilirono nel territorio che più tardi costituì il Principato di Salerno, dove lasciarono larghe tracce del loro soggiorno.”(6) Sulla presenza monastica nelle aree prese in esame, oltre ai documenti conservati negli archivi diocesani e abbaziali, figurano le leggende che accompagnano la memoria collettiva della gente semplice, in modo persistente ancora ai nostri giorni e alle quali faremo riferimento nei paragrafi successivi.

Le nostre ricerche(7) condotte nei luoghi che circondano il Pizzo San Michele, nella catena dei Monti Mai, del massiccio dei Picentini, ci hanno svelato importanti riferimenti sulla nascita delle grotte dedicate al culto micaelico e sulla persistenza monacale, specialmente nei luoghi dove resta il toponimo “ospitium” oppure “ hospitalia”. Le grotte-eremo-santuario fino ad ora censite(8) nelle aree circostanti l’incentro della chiesetta-santuario sorta sul Pizzo San Michele, detto in origine Monte Sant’Angelo(9), sono: la Grotta dell’Angelo a Preturo di Montoro Inferiore; la Grotta dell’Angelo sul Monte Salto in Montoro Inferiore; la Grotta di Sant’Angelo de Panicola detta anche San Michele di Basso o di Mezzo; la Grotta dell’Angelo o degli Angeli in Prepezzano; la Grotta dell’Eremita ad Aterrana di Montoro Superiore; la Grotta dell’Angelo sul monte Faliesi in Petruro di Forino; la Grotta dell’Angelo o San Michele, oggi detta del SS. Salvatore nel Massiccio del Matruneto in Serino; la Grotta dell’Angelo nel monte Le Porche in Siano(10).

Tutte queste cavità naturali, modificate dalla mano dei fedeli per renderle più simili a quella originaria sul monte Gargano, dispongono, nelle immediate vicinanze, di un edificio idoneo all’ospitalità dei pellegrini. Proprio come accadeva nel santuario micaelico per eccellenza, cioè il santuario garganico, i pellegrini necessitavano di un riparo dalle intemperie, per sé e per la propria soma, questo per un motivo molto valido, se consideriamo la mentalità degli uomini nel periodo del Primo Medioevo. Quando, caduta la grande organizzazione dell’Impero Romano d’Occidente e con esso il pantheon delle divinità connesse al culto imperiale che avevano protetto per migliaia di anni le generazioni umane, la gente dei nostri luoghi si trovò di fronte alla crescente diffusione della Religione Cristiana e dei nuovi culti in arrivo dall’Oriente.

Il professore Giorgio Otranto definisce in questo modo la necessità, sorta in quegli anni: “Il pellegrinaggio sostitutivo ebbe notevole successo durante i secoli finali del Medioevo; alla base di esso c’era, da una parte, un sincero sentimento religioso e, dall’altra, un singolare atteggiamento, tipico della mentalità oggettivistica dell’uomo medievale, per cui ciò che contava era l’opera da compiere piuttosto che la persona che la doveva compiere.”(11)

Sulla valenza del viaggio, paragonato al futuro viaggio verso la fine dell’esistenza, e sulla sua efficacia nella remissione dei peccati e delle malattie che affliggevano la gente semplice, resta, nella Grotta Santuario di Olevano Sul Tusciano (SA), la testimonianza di un illustre viaggiatore, passato alla storia come il monaco Bernardo(12), in forma di affresco, che nel IX secolo di ritorno dalla Terra Santa, volle visitare la Grotta, della quale aveva sentito parlare dai monaci, come luogo di grandi opere architettoniche, da cui promanavano cristianità ed accoglienza, unite ai miracoli che l’Angelo permetteva attraverso la frequentazione della grotta e l’acqua che dalla sorgente scaturiva.(13)

Quando la testimonianza scritta non era nelle possibilità del pellegrino/viaggiatore verso le grotte sacre, si ricorreva ai “signacula”, propriamente un sigillo/segno, lasciato a testimonianza della venuta nel luogo e come segno di comunicazione per gli altri pellegrini che seguivano i percorsi verso i luoghi dedicati all’Angelo. Della valenza di questi segni ci sono ampi studi, sia per il sito garganico, che per le altre località studiate dal professore Francesco Paolo Maulucci Vivolo.(14) Il primo studioso a dare valore alle nostre ricerche in merito ai segni garganici, ripetuti nella nostra area di ricerca, è stato lo storico meridionalista Pasquale Natella, nel suo dotto intervento tenuto il 17 marzo 2007, in Solofra, in occasione del Convegno Nazionale su “Il culto di San Michele in Campania. L’area serinese solofrana”(16-18 marzo 2007) e pubblicato nella rivista «Il Postiglione», Numeri venti-ventuno, giugno 2008.

Scrive Natella circa le pitture rupestri riproducenti la triplice cinta sacra, come quelli dell’area garganica, conosciuti dalla gente di Calvanico come “I Quadrilli”: “È proprio sulla via verso Pizzo San Michele (m.1567) e la relativa, omonima chiesetta che si riscontra l’unico esempio di signum garganico integrale in Campania (almeno fino a quando non ne escano altri in base a ricerche mirate e non generiche) cioè la triplice cinta sacra, detta in dialetto irpino “i quadrilli”, che hanno testé edito R. Bergamo - V. D’Alessio, Il culto di San Michele Arcangelo. La chiesa sul Pizzo San Michele, Solofra, Edizioni Gruppo Culturale “F. Guarini”, 2004, pag. 69 /la foto, presa da lontano, non delinea bene il quadrato della cinta/ discutendone poi alle pp. 27-34.(15)

Sull’importanza che queste pitture rupestri assumono, oggi, nella ricostruzione di un ipotetico sentiero che dalla Grotta di San Michele de Panicola (di Basso) che domina Carpineto e Villa, frazioni di Fisciano, raggiungeva la sorgente denominata “Carpegna” disposta a circa mille metri di quota, sarà oggetto di studi futuri, al fine di ufficializzare archeologicamente l’importanza del sito, datando anche la presenza eremitica in loco. Siamo di fatto convinti, vista la natura dei luoghi, i resti di muratura, i reperti ritrovati, che dove c’erano i Quadrilli esisteva un piccolo riparo per l’accoglienza dei pellegrini diretti sulla sommità della montagna. (16)

Dell’esistenza di questo percorso ci danno conferma i cittadini calvanicesi dediti alla caccia del cinghiale. Infatti proseguendo dal luogo deputato verso l’area della Seconda Croce, si attraversa una spianata priva di vegetazione dove sorgono due monoliti in pietra locale detti “I due fratelli”. Si arriva quindi nei pressi del bosco ceduo dove è posto il luogo detto “Seconda croce” e si raggiunge successivamente la sorgente denominata “Carpegna”, dove in origine c’era un piccolo riparo nella roccia accanto alla sorgente, trasformato all’inizio degli anni quaranta in una casetta con annessa calcare per ottenere la calce.(17)

Di fatti i “Quadrilli” sono, alla data odierna, il luogo esclusivo che mette in comunione la cittadina di Calvanico con il santuario micaelico per eccellenza, il Gargano, congiungendo il cammino dei pellegrini garganici con questi che visitavano le altre aree, distanti dal luogo iniziale di culto, sparse per similitudine in tutta la Campania. Per questo luogo, in particolare, vanno ricordate due leggende che ancora oggi formano la memoria viva degli accadimenti antichi:

a- La prima leggenda racconta che si doveva decidere il luogo dove far sorgere la cappella dedicata al culto (aereo) dell’Angelo. Fu scelto come luogo “i Quadrilli”. Fu portata in quel luogo la calce, dai Calvanicesi, ma il giorno successivo, quando salirono per iniziare i lavori, la calce non c’era più. Allora seguirono le tracce lasciate dalla calce e si ritrovarono sulla cima della montagna e in quel luogo iniziarono ad erigere una piccola cappella all’Angelo. Da quel momento la montagna fu chiamata dai Calvanicesi “Sant’Angelo”.(18) Oggi Pizzo San Michele. Mentre per i Montoresi la montagna veniva chiamata “Monte del Toro o Taurino” in ricordo del Toro, sacro all’Angelo sul Gargano, e per il miracolo del toro avvenuto nei pressi del Santuario della Madonna Incoronata Regina degli Angeli, sovrastante l’abitato di Torchiati.

b- La seconda leggenda racconta invece di una donna, vecchia, venuta da Roma la quale si recò in pellegrinaggio sulla cima del Pizzo San Michele. Giunta in cima, e visto la piccola cappella, si lamentò dello sforzo fatto rispetto alle meraviglie che si aspettava di trovare e si lasciò scappare la frase: “Mi avevano detto meraviglie di questo luogo, invece è meno di un mandrizzo! ” (sta per gallinaio) Non aveva finito di pronunciare queste parole che in un lampo di luce scomparve dalla vista dei presenti sulla cima. Iniziarono le ricerche per trovarla da parte delle persone, ma non fu trovato altro che una scarpa appartenuta a lei. Da quel momento il luogo, soprastante la grotta santuario di Sant’Angelo de Panicola (di Basso), venne denominata “La Scarpa”.(18)

C’è anche un detto che i Calvanicesi dicono insieme a quello di “Mi fai caré Sant’Angelo ‘ncuollo” (cioè mi fai cadere la montagna, dedicata all’Angelo, addosso: inteso come atto di estrema disperazione), ed è: “Se San Michele si bagna le ali è capace che cchiove fino ‘a Natale”.

L’eremo, divenuto nel corso dei secoli foresteria e santuario, sul Pizzo san Michele è certamente il luogo più alto d’Italia dedicato all’Angelo:” Alla predetta chiesa – sicuramente il sito micaelico più alto rintracciabile nella regione – (19). Si confrontino analoghi siti sorti in Italia e ancora utilizzati per il culto come la non lontana Grotta di San Catello (Monte Sant’Angelo) a 1443 metri sul livello del mare, nel vicino monte Molare-Faito. Il santuario conosciuto come “Sacra di san Michele” sul monte Pirchiriano a mt. 936. La Grotta santuario di San Michele di Prazzo, detto “La Ruà” a mt. 1358 sul livello del mare. La grotta dell’Angelo sul Gargano, luogo inziale del culto e le relative strutture sorgono sull’acrocoro a mt. 1056 sul livello del mare. (20)

“La montagna, la grotta, il bosco, la sorgente, l’ascesa purificatoria che diventa esercizio di ascesi, si configurano come un sistema coerente di immagini e di funzioni, che contribuiscono a creare una vera e propria tipologia degli insediamenti e, conseguentemente, dei pellegrinaggi mica elici e finiscono col determinare la dimensione cultuale del Santo, la sua fisionomia, il suo modello agiografico.”(21)

Nei precedenti studi abbiamo delineato quanta fede ha mosso le genti di Calvanico a tramandare il culto all’Angelo. Infatti l’unico documento, fino ad oggi rinvenuto, che parli della chiesetta santuario sulla cima dell’attuale Pizzo San Michele è datato 1677: “Nel 1677 il visitatore generale (si tratta di un inviato dell’arcivescovo Alfonso Alvarez) accede al sito dopo un lungo e estenuante viaggio, la chiesetta, infatti, è ubicata sopra Calvanico in cima ad un monte altissimo. La visita si limita all’esame dell’unico altare ben ornato con la statua di San Michele Arcangelo in marmo. La chiesa non ha rendite né oneri e vi si celebra per devozione. Le suppellettili e gli arredi sacri sono conservati in parte nella chiesa e in parte presso diversi fedeli di Calvanico. Le porte sono tenute ben chiuse e la chiave è conservata da persone devote del paese”.(22)

Viene ripetuto nel documento che i fedeli vi celebrano per devozione. Ancora oggi è così. Le porte son ben chiuse e la chiave è tenuta da persone devote di Calvanico ed è ancora oggi così. Che la statua di San Michele in marmo,datata 1614, è oggi collocata sull’altare nella chiesa costruita dai Calvanicesi nel 1949, mentre prima era in un’altra aula, forse l’odierna foresteria. Grazie ad un Comitato Permanente di devoti, il complesso cultuale dell’Angelo viene , di anno in anno, consolidato, ampliato in servizi, e reso agibile per tutti i pellegrini che dalle valli giungono nei giorni 6,7 e 8 maggio a ringraziare San Michele, ogni comunità con la sua tipica tradizione di fede.

Nella Chiesa del SS. Salvatore di Calvanico è stato restaurato l’altare, nella navata laterale destra, dedicato a San Michele Arcangelo. La processione, con la piccola statua in argento dell’Angelo, dei giorni 6,7 e 8 maggio richiama, da più di millecinquecento anni, tutti i devoti a prendere parte allo sposalizio tra terra e cielo, sulle ali dell’Angelo protettore, dalla sommità del monte, di tutte le comunità umane sparse fin dove l’occhio giunge, a lasciare i beni terreni e innalzarsi, spiritualmente, verso quelli soprannaturali.

La comunità di Calvanico, proprio per la continuità di devozione che ha storicamente dimostrato, deve accogliere i pellegrini nel modo più degno; proteggere i luoghi dedicati all’Angelo, per onorare anche le comunità che ivi giungono in pellegrinaggio; rinnovare, con un pubblico atto di Fede, ogni anno, il legame soprannaturale con il Patrono della comunità, in difesa da tutti i mali terreni e da quelli spirituali.


Montoro Inferiore, marzo 2011



Note al testo:
1- Deliberazione della Giunta Comunale di Calvanico n. 90 del 21.9.2010, avente come oggetto: “Affermazione culto di San Michele Arcangelo quale patrono di Calvanico. Conferimento incarico per ricerca e studi di documenti”.

2- G. Otranto - C. Carletti: Il santuario di San Michele Arcangelo nel Gargano dalle origini al X secolo, Edipuglia,1990, pag. 14 e seguenti. Vedi anche Ada Campione: Il culto di San Michele in Campania Antonino e Catello, Edipuglia, 2007, la quale però confonde a pag. 37, della citata pubblicazione, il  Pizzo San Michele con il Monte Salto in Montoro Inferiore, così come scrive: “Del Santuario di Pizzo San Michele a Calvanico (1567 m. s.l.m.) non vi è traccia nei documenti antichi, mentre ne danno notizia alcuni documenti secenteschi: situato in cima al monte prospiciente il Salto, è ridotto a pochi ruderi difficilmente decifrabili.”

3- Otranto-Carletti, op.cit. pag.15.

4- AA.VV. I dipinti dei Guarino e le arti decorative nella Collegiata di Solofra, a cura di Vincenzo Pacelli, E.S.I.,1987.

5- Otranto-Carletti,op. citata, pag.15.

6- A. Carucci, Gli antichi Martirya di Olevano Sul Tusciano, Grafica Iannone, Salerno,1976.

7- V. D’Alessio: Il culto di San Michele Arcangelo santuari tra Salerno e Avellino, vol.I, 1993 e vol.II, 2006, Ediz. G.C.F. Guarini; Raffaela Bergamo e Vincenzo D’Alessio: Calvanico alla ricerca delle origini, Ediz. G.C. F. Guarini, Solofra,1995; R. Bergamo e V. D’Alessio: Il culto di San Michele Arcangelo. La Chiesa sul Pizzo San Michele, Ediz. G.C. F.Guarini, Solofra, 2004.

8- Ibidem, La Chiesa sul Pizzo San Michele, 2004.

9- Ibidem.

10- F. Guacci: Siano e la sua storia, Palladio,1980.

11- Otranto-Carletti, op.cit., pagg. 53-54.

12- Ibidem, pag. 51 (certamente il monaco Bernardo o Bernard, doveva essere una figura monastica di rilievo, se viene accompagnato verso la Grotta di Olevano sul Tusciano da un monaco beneventano).

13- Sulla Grotta di Olevano sul Tusciano si vedano i molteplici contributi di autori diversi, in anni diversi.

14- F.P. Maulucci Vivolo: Apricena, scavi archeologici a Castelpagano, vol. I, Bastogi, 2005; idem: Stignano segni di devozione e di comunicazione sulle vie dell’Angelo, Bastogi, 2007; idem: Sannicandro garganico graffiti di crociati a Devia, Bastogi, 2008; idem: Castelfiorentino archeologia e simbologia nella Daunia dei Templari, Bastogi, 2008.

15- P. Natella: ”Topografia criptense della presenza micaelica in Campania”, relazione inclusa nel periodico «Il Postiglione«, anni XIX-XX, numeri 20-21, giugno 2008. Abbiamo scritto dei “Quadrilli” per la prima volta nel volume Calvanico alla ricerca delle origini, 1995 e ripreso l’argomento nelle successive pubblicazioni micaeliche.

16- Nel corso di almeno tre visite al luogo “I Quadrilli” abbiamo raccolto, in superficie, frammenti di ceramica d’uso comune (vasellame), resti di una macina in pietra basaltica; frammenti di vasi dell’Età del Bronzo Medio. Restano in loco delle pietre squadrate, resti di un muretto e un riparo, a circa due metri dal suolo, sopra il piano di calpestio dove sono dipinti i “Quadrilli”. A lato c’è una piccola vasca che raccoglie l’acqua di stillicidio dalla grande roccia che sovrasta l’intero luogo. I reperti sono stati consegnati in data 15 aprile 2010 alla Soprintendenza Archeologica di Salerno Avellino Benevento, nella persona della dottoressa Maria Fariello, e depositati ad Avellino, dove tuttora sono visibili (copia della ricevuta del verbale di consegna in nostro possesso).

17- Testimonianza verbale raccolta a Calvanico, presso l’abitazione della signora Rosa Citro, vedova Landi, che prese parte personalmente ai lavori per la costruzione dell’attuale edificio, situato alla località Carpegna, addossato alla vecchia grotta-riparo esistente.

18- Testimonianza verbale raccolta a Calvanico, presso l’abitazione dei nostri genitori, Pietro Bergamo e Giuseppina Galderisi, il 27 giugno 2010.

19- P. Natella, op.citata, ne «Il Postiglione», 2008.

20- Dati raccolti sui siti internet. Al momento non siamo a conoscenza di un censimento, o pubblicazione, che raccolga i siti aerei dedicati al culto dell’Angelo.

21- G. Otranto: ”La montagna garganica e il culto micaelico:un modello esportato nell’Europa altomedievale”, in Monteluco e i monti sacri, cit. pag. 93 e in: L’Europa dei pellegrini, a cura di Luciano Vaccaro, centro ambrosiano, Milano, 2004.

22- G. Crisci: Salerno Sacra, Edizioni Gutenberg, 2001, vol. II, pag. 28.

Un sincero ringraziamento viene rivolto ai miei genitori Pietro e Giuseppina Bergamo, per la pazienza e il costante aiuto rivoltoci. Un grazie ai signori Giuseppe Saggese e Michele De Franco, del Comitato Pro Santuario di Cima a Calvanico, per la loro disponibilità e devozione. Alla signora Rosa Landi Citro per le informazioni utili alla nostra ricerca.

giovedì 21 aprile 2011

Su Il Palazzo vuoto. La politica nell'epoca della fine dello Stato Nazione di Alberto Rossini

recensione pubblicata su «Notiziario Centro Documentazione Pistoia» n. 218, p. 22

«Siamo di fronte alla necessità di ripensare il nostro essere nel mondo. Dobbiamo ridefinire diritti e doveri. (…) Dobbiamo accettare la sfida di pensare a ciò che potrà essere, partendo dalle emergenze e dalle contraddizioni che ci stanno di fronte.»
Queste pagine ci indicano una strada possibile per dare un senso al fare politica oggi, al nostro ruolo di cittadini, alle istituzioni nazionali e sovranazionali in un punto della storia umana in cui  la transizione verso nuove forme di regolazione del potere è quanto mai incerta e suscettibile di pericolose (antidemocratiche ed economicistiche) derive. La situazione viene analizzata con occhio acuto e chirurgico ma lasciando spazio a un sano ottimismo che sa valorizzare la persona e prospetta e prospetta una prassi delle relazioni (non solo fra individui, ma anche fra questi e le organizzazioni che ne regolano di fatto la vita) che sia rispettosa e solidaristica: «… bisogna partire dai punti qualificanti della nostra vita, dalle esperienze concrete, indispensabili per poter individuare le azioni da intraprendere formulando proposte effettivamente praticabili volte a modificare uno stato di cose che non ci piace e non ci rende felici.»

v. anche la recensione a Messa a fuoco manuale di G. Callegari  qui

Un appunto su La poesia racconta a cura di A. Ramberti



Il testo consiste in una raccolta di brevi racconti che invitano a riflettere sull’esistenza della prosapoetica.
In letteratura ciò che è definito come prosa viene generalmente contrapposto  a poesia, intesa come
Arte di produrre composizioni di cui è tipica l’ispirazione e la suggestione.
E a ben cercare nell’opera curata da Ramberti si trovano brani in cui la prosa può chiamarsi davvero poetica, laddove essa fa nascere sentimenti, diventando canto affascinante e avvincente.
Mi riferisco ad esempio alla scrittura profonda e originale di E. Babbore che esprime la situazione assurda del protagonista con mezzi vicini al lirismo, oppure al testo di M. Montemurro che rivela, con la sua scrittura lieve, la vicenda di un personaggio fragile, delicato, alla ricerca di un’identità rivelata con effetto sorpresa alla fine del racconto.
Condivido la definizione della postfatrice (Morena Fanti) che chiama la prosapoetica “terra di mezzo” cioè di racconto che diventa poesia, ma a mio parere, anche di poesia che diventa racconto.

Rita Nicolaidis autografa Creare mondi

VIncitrice della sezione Racconto del concorso Pubblica con noi 2011, Rita Nicolaidis autografa per Corrado Giamboni e sua moglie Beatrice una copia di Creare Mondi.

mercoledì 20 aprile 2011

Incontro letteraio con Franco Santamaria al Koesis di Napoli

Comune di Napoli – Assessorato al Turismo, Grandi Eventi e Pari Opportunità

Napoli – Associazione Culturale Koesis


Martedì 3 maggio 2011, alle ore 17.30, all’interno del calendario dell’Associazione Koesis - Punto su Napoli per il Maggio dei Monumenti 2011, patrocinato dall’Assessorato al Turismo, Grandi Eventi e Pari Opportunità del Comune di Napoli, presso l’Associazione Culturale Koesis di Napoli in Via Luigia Sanfelice n. 2, Napoli-Vomero, si terrà l’incontro con lo scrittore e pittore Franco Santamaria che, dialogando con il poeta e critico letterario Antonio Spagnuolo e il prof. Vittorio Mazzone, presenterà il suo volume di poesie “Radici Perdute” (Kairòs Edizioni, Napoli 2009), libro dalla forte connotazione metaforica delle condizioni e contraddizioni della realtà odierna.

L’incontro sarà introdotto e coordinato da Yvonne Carbonaro, critico d’arte e autrice di teatro, narrativa e poesia. Sarà presente l’editore Giovanni Musella.

La lettura delle poesie sarà a cura di Vittorio Mazzone e di Yvonne Carbonaro.


Franco Santamaria, poeta, scrittore e pittore, è nato a Tursi (Matera), risiede a Poviglio (Reggio Emilia), dopo anni trascorsi a Taranto e a Napoli.

Ha pubblicato “Primo lievito” (Gastaldi, Milano; poesie), “Storie di echi” (Ferraro, Napoli; poesie), “Echi ad incastro” (Joker, Novi Ligure; poesie), “Se la catena non si spezza” (Bastogi, Foggia; racconti), “Passaggi d’ombra” (El Taller del Poeta, Spagna; racconti), “Radici Perdute” (Kairòs, Napoli; poesie).

È autore inoltre delle opere inedite su carta, ma in parte pubblicate sul sito www.modulazioni.it: “La mia valle non è l’Eden” (poesie), “Parola e Immagine” (poesia e pittura), “I cavalli di grano” (romanzo), “Pensieri nudi, o quasi” (poesie), “Stigmate viola” (haiku).

È presente in riviste e antologie letterarie.

Ha conseguito numerosi primi premi sia in concorsi letterari che d’arte; tra i riconoscimenti, la Medaglia della Presidenza della Camera per “alti meriti culturali”.


Come pittore, ha esposto in Italia e all’estero; ha partecipato tra l’altro alla Quarta Biennale Internazionale dell’Arte Contemporanea di Firenze nel 2003.


***

Evento: Incontro con Franco Santamaria e Presentazione del volume “Radici Perdute”

A cura di: Yvonne Carbonaro

Interventi di: Antonio Spagnuolo, Vittorio Mazzone

Data: Martedì 3 maggio 2011, ore 17.30

Luogo: Napoli – Associazione Koesis, Via Luigia Sanfelice n. 2 (Vomero)

Patrocinio: Comune di Napoli – Assessorato al Turismo, Grandi Eventi e Pari Opportunità


***

LA NOTTE TRIONFA (da “Radici Perdute”)

S’è tinta di nero

carbone indossando la nera

livrea dei portatori di morti; anche

s’è armata di spray nero inseguendo la luce al tramonto.

Non frena il suo passo avvolgente e giunta

spegne il colore degli occhi,

annega linee d’ali con sé trascinando nuovi effluvi

da terre bruciate e da acque che scavano

insonni straziate scogliere.


Questa notte si corona un trionfo

di decomposti cadaveri

lungo strade nere di eccidi e rovine.

S’arresta a questa notte

il viaggio del sogno non consumato

di ritrovare la primigenia radice

di seguire le tracce del vento al primo volo d’aquila.


No, non appartiene questa notte alla notte

distesa una volta sul seno stellare, luce riposo

nei campi di grano e di membra appagate d’amore!


Solo finirà questa notte

agli odori di un’alba vogliosa di sole.

martedì 19 aprile 2011

Esercizi per gli occhi e Ricordo estivo

 di Enrica Musio

Quando ero bambina e avevo circa otto/nove anni, essendo nata con una miopia e un po’ di strabismo, avevo bisogno di cure, allora il mio oculista mi consigliò di fare degli esercizi di ortottica agli occhi.
Dovevo andare quasi tre volte a settimana a Forlì nell’ Ospedale Malpigli, in un sottopiano dell’Ospedale, e passavo dei cunicoli bui che mi facevano venire ansia, ma non mi preoccupavo: ero sempre in compagnia della mia mamma.
A Forlì si andava con la 500 rossa della Fiat. Nell’Ospedale mi facevano fare sempre tanti esercizi, ma io adoravo quello dove c’era una mongolfiera colorata che saliva nel cielo tutto blu.
Un giorno, mentre tornavo a casa con la mamma con la 500 rossa, in corso della Repubblica, dove c’è anche lo zoo comunale, e dove mio padre mi portava assieme alla mia sorella, a vedere gli animali, le tigri, gli elefanti, i leoni, le zebre, le scimmie, i lama… nella fila delle macchine, arriva forte e ci stringe a più non posso un grosso camion (un TIR), ci viene dentro e ci tampona: la 500 fu ridotta maluccio, io ebbi tanta paura, gridavo e urlavo e piangevo, mia madre cercava di rincuorarmi e calmarmi. Lei poi scese con la sua paziente calma e si mise a discutere con il camionista, che a mia madre diede torto marcio e la insultò parecchio. Mia madre, educata, cercava di dialogare con il burbero e rozzo camionista, ma era tutto inutile: in quel mentre in macchina si fermò un nostro caro conoscente e vicino e amico di famiglia (Carlo), e mia madre gli chiese a di andare al Comando dei Carabinieri di Forlì, dove c’era mio padre che lavorava alla RadioMobile come centralinista, e mio padre arrivò con la gazzella nera e la sirena accesa, assieme a un suo collega, e ancora il camionista più tenace non voleva sentire ragioni.
Dopo molte ore di trattative estenuanti, fermi allo Stadio Comunale di Forlì, riuscimmo a spuntare la situazione e ad avere ragione.
Però si era fatto molto tardi e dovevamo tornare a casa, andammo per strada molto piano, e arrivammo a casa un po’ di notte e i miei nonni erano molto preoccupati.


***


Il ricordo incomincia che ero una ragazzina, stavo in vacanza, era una calda estate ed ero con la mia sorella, nel Salento, da mia zia: stavamo molti mesi da lei e da suo marito, un professore di greco e latino; io ero affascinata da queste strane lingue antiche, poi, crescendo, ho compreso che queste lingue sono una buona base per una buona cultura letteraria.
Mi raccontava sempre di strani personaggi: Catone, Cicerone, Aristotele, Omero, Virgilio, Seneca.
Mi soffermo su una avventura che coinvolseanche mia sorella, mentre si andava al mare, in un posto mitico che si chiamava “Isola”.
Ci svegliavamo la mattina molto presto, e ci portavamo dietro tutto l’occorrente per stare al mare tutto il giorno.
Ci si incamminava per tutto il paese, poi scendevamo per una discesa e si finiva su una strada in aperta campagna, dove sentivamo il frinire delle cicale e passavamo accanto a una chiesa abbandonata “la chiesa del Diavolo” che a me faceva tanta paura.
Molte volte incontravamo anche un contadino in bicicletta che ci salutava.
Si arrivava al Borgo dei Pescatori del porto, c'era  una grande discesa e io la percorrevo a zig zag, mi divertivo molto.
In lontananza si ammirava Punta Cannone.
Dopo ci attendeva una lunga camminata per arrivare all’Isola.
Quando si arrivava, si trovava un muro con canne molto alte, la terra rossa, e una scaletta stretta di tufo, e una mega distesa di scogli.
In mezzo al mare c’era “l’Isola”.
Attendevo qualche ora per buttarmi in mare e a fare un bagno, fino a farmi diventare le dita morelle dal freddo.
Nell’Isola c'erano anche gli amici del mare: la Gabry, Silvia, Marcella, Edo, Tommaso e Giuseppe sempre con la fiocina a pescare i ricci e i polipi.
L’isola era piena di ricci, patelle e polipi.
Le patelle sono delle piccole cozze molto piccole; molto buone; come i ricci di mare.
Una volta ho avuto la brutta disavventura di essere aggredita da un branco di meduse: mia zia mi curò con potenti antinfiammatori e antibiotici.
Nell’Isola facevo tanti tuffi.
L’isola è stata galeotta anche nella storia d’amore, mi piaceva e mi ero innamorata di un bambino laziale che si chiamava GianDomenico.
Però in questa vacanza finì male; mi ruppi un braccio e dovetti tornare a casa, portare il gesso, e andare a scuola con il gesso al braccio che poi tutti i compagni scarabocchiarono.
Ricordo sempre “l’Isola” con il suo mare magnifico, invece qua a Rimini il mare fa veramente schifo!

lunedì 11 aprile 2011

Vincenzo D'Alessio con gli alunni di Montoro Inferiore

Vincenzo D'Alessio, il giorno 6 aprile, alle ore 10.00 ha incontrato gli alunni delle terze
elementari della scuola "Madre Teresa di Calcutta" di Montoro Inferiore e abbiamo
insieme tenuto una lezione sulla "Preistoria e Protostoria" nella valle dell'Alto Sarno su invito la dirigente scolastica dr.ssa Stella Naddeo, e le insegnanti di terza (le foto sono state realizzate da Michele Caliano del Gruppo Guarini). Ospite il dr. Pietro Ottavio Fiore, storico che ha scritto sulla valle di Montoro.



 

venerdì 8 aprile 2011

La resurrezione di Lazzaro, segno della nostra resurrezione

Omelia del giorno 10 Aprile 2011
V Domenica di Quaresima (Anno A)



C'era un tempo in cui la Chiesa, per affermare l'avvicinarsi del prezioso tempo della morte e resurrezione di Gesù, per invitarci a 'entrare' in questo grande, terribile, divino momento, con la massima serietà, copriva nelle chiese crocifissi, statue, come invito alla riflessione sull'essenziale. Ora non più. Ma resta sempre la necessità, per chi veramente vive la fede e sa che la sua vita dovrà conoscere questo stesso tempo di morte e resurrezione, di accostarsi a questo tempo con fede più viva e consapevole, con una partecipazione attiva.

È il tempo più prezioso della presenza di Gesù tra noi: un tempo in cui Lui ha davvero tracciato le orme per la nostra esistenza. Camminare, non vedendo e non seguendo le Sue orme, è vivere spensieratamente, forse, ma restando in superficie, rischiando di perdere il senso di tutto. Per nessuno deve essere così.

Abbiamo vissuto e viviamo tempi di paure per gli sconvolgimenti politici nel Mediterraneo, che hanno cambiato e stanno cambiando la storia di tanti Paesi. Per molti è in gioco soprattutto l'economia di tutti, ma lo è soprattutto la pace per tutti. Non si può ignorare il peso storico degli avvenimenti, vivendo da spettatori. Siamo stati invitati ad accogliere migliaia di profughi, che fuggivano dalla loro terra, per non essere vittime della violenza. Li abbiamo accolti. Ma avremo il cuore di ospitarli con amore?

Davvero questo tempo di Quaresima, in preparazione alla Pasqua, ci invita ad un atto di responsabilità e carità, che potrebbe diventare 'una nostra resurrezione'.

Saremo capaci di essere uomini autentici, che sanno anche dare un volto umano alla nostra terra?

O vivremo con indifferenza, e magari un senso di paura o, peggio, di ostilità, il dramma di tanti che si affidano alla nostra accoglienza?

Ci auguriamo vi sia una Pasqua di pace per tutti e non un dramma senza soluzioni.

Il Vangelo di oggi sembra proprio un ammonimento di Gesù sulla nostra vita. E' la vicenda della morte di Lazzaro, grande amico di Gesù, e delle sue sorelle Maria e Marta.

Proviamo a viverla con fede.

«In quel tempo un certo Lazzaro di Betania, il villaggio di Maria e di Marta, sua sorella, era malato. Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli. Suo fratello Lazzaro era malato. Mandarono a dire a Gesù: 'Signore, ecco, colui che tu ami è malato'. Gesù pare non scomporsi, anzi assume un atteggiamento quasi di distacco. ? ' All'udire questo Gesù disse: 'Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato'.»

L'evangelista, che ben conosceva Gesù, a questo punto afferma: 'Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro'. Appare dunque strano il comportamento del Maestro e può sembrare indifferenza, perché `quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava'.

Noi ci saremmo precipitati presso l'amico, colpiti dalla preoccupazione e sperando con ogni nostra forza dì poter fare qualcosa.

Ma Gesù certamente sapeva la grandezza dell'annuncio che Lui avrebbe trasmesso a noi, attraverso la malattia dell'amico. Noi, infatti, quando andiamo da una persona cara gravemente ammalata abbiamo solo la paura e ci aggrappiamo alla speranza. Gesù è la potenza di Dio, che sa quando è bene intervenire e quando è necessario attendere.

Non vi è nessun interesse nell'agire di Gesù, solo il vero Amore lo spinge. Nonostante le resistenze dei discepoli, che temono per la sua vita - 'Poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?' -quando è giunto il tempo di Dio, è deciso: 'Andiamo di nuovo in Giudea.'....'Lazzaro, il nostro amico, s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo. Il 'nostro' amico... chi ama Gesù, ama anche ogni creatura, da Lui amata.

«Venne Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro. Marta, come seppe che veniva Gesù gli andò incontro. Maria invece stava seduta a casa. Marta disse a Gesù: 'Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! . Ed esprime una speranza che è in lei certezza: 'Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, Egli te lo concederà. Gesù le disse: Tuo fratello risorgerà. Gli rispose Marta: 'So che risusciterà nell'ultimo giorno'.»

E Gesù dà il solenne annuncio, non solo riguardo la sorte dì Lazzaro, ma di tutti noi: l'annuncio che dà senso alla vita, che sappiamo tutti non ha grande durata sulla terra, per la sua stessa fragile natura. Un annuncio che è il grande Evento della Pasqua, quando Gesù stesso, Figlio di Dio, per toglierci dal castigo della morte senza domani, dopo il peccato originale, mettendosi nei nostri panni di creature, come Figlio dell'uomo subisce la passione e, per dare piena conferma della sua morte, non solo si fa crocifiggere, ma permette che un soldato gli apra il costato con la lancia. Verrà poi sepolto. Ma il terzo giorno fa dono a tutta l'umanità di una vita che ha recuperato la ragione per cui era stata donata, ossia l'eternità con il Padre: la Sua resurrezione, che diviene la nostra resurrezione!

Veramente qui Dio svela quanto sia grande il Suo Amore, quanto sia importante la Pasqua di Gesù e nostra.

Ma sappiamo entrare in questo amore e accoglierlo, o inconsciamente viviamo senza pensare che anche per noi ci sarà sicuramente la nostra resurrezione, la nostra pasqua?

Pare che tanti vivano come se tutto dovesse avere un termine con la morte: una vita senza futuro!

Una follia per chi sa che la vita è dono di Dio e non può dunque avere fine. Finirà il nostro corpo – così come lo sperimentiamo – ma non la vita, che con la risurrezione 'recupererà' lo stesso corpo.

Gesù risorto è il Vivente: '... non sono un fantasma' dirà ai discepoli: 'Sono proprio io!'.

Se ci pensassimo, quanto diverse sarebbero le nostre decisioni, le scelte... per lo meno forse più prudenti!!!

Ed ecco l'annuncio di Gesù a Marta, a noi: 'Io sono la resurrezione e la vita: chi crede in me, anche se muore, vivrà, e CHIUNQUE CREDE IN ME NON MORIRÀ IN ETERNO. Credi tu questo?

La risposta di Marta è immediata, per la totale fiducia che pone in Gesù: 'Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo.' E noi... crediamo questo?

Marta manda a chiamare Maria... «Gesù, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei, che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: 'Dove lo avete posto?'.» Gesù, il Figlio dell'uomo, si lascia immergere nel loro dolore, come uno di noi, e non nasconde la sua commozione, non si vergogna di rivelare la profondità dei suoi sentimenti.

«Gli dissero: 'Signore, vieni a vedere!: Gesù scoppiò in pianto".»

Egli rivela tutta la sua umanità, che non si sottrae al dolore, come a volte accade a noi. Che preziosa lezione ci dà Gesù e di questo Lo ringraziamo.

Una lezione che fa dire ai presenti: 'Guarda come lo amava!' Ma vi sono anche sempre altri, più `realisti' o, speriamo di no, cinici: 'Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?'.

Intanto Gesù «profondamente commosso, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: 'Togliete la pietra!: Gli rispose Marta, la sorella del morto: 'Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni. Le disse Gesù: 'Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?' Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: 'Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato. Detto questo, gridò a gran voce: 'Lazzaro, vieni fuori!' Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: 'Liberatelo e lasciatelo andare. Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in Lui.» (Gv. 11,1-45)

È un fatto evangelico che, ripeto, costringe tutti a ripensare alla nostra vita troppo terrena, con troppa superficialità e distrazioni, che ci impediscono di pensare al 'domani' che ci sarà, per ciascuno! Del resto, se siamo onesti, dovremmo chiederci: Che senso ha questa vita racchiusa in un corpo così fragile che, se va bene, può conoscere solo le brevi stagioni della nascita, giovinezza, maturità e tramonto? Perché morire? Ma soprattutto che senso ha questa stessa vita che ci sentiamo 'dentro', e che rifiuta ogni idea di fine, che aspira a vivere per sempre, oltre la morte?

Sono le domande che evidenziano la maturità di ciascuno di noi e, le risposte che diamo, qualificano anche tutto il nostro modo di vivere.

Si può, anzi si deve vivere intensamente, consumando giorno dopo giorno il tempo che ci è dato, nell'attesa di entrare nell'eternità che ci attende nella resurrezione,

Ma purtroppo si può – Dio non voglia – vivere svuotati da ogni senso di eternità, tanto da avere la sensazione di morire giorno dopo giorno, per il nulla che contengono le scelte e i fatti che sono la nostra quotidianità.

Non resta, in questo ultimo scorcio di Quaresima, che rientrare in noi stessi, chiedere allo Spirito di Dio, di raddrizzare ciò che è storto e di aiutarci a vivere come Lui vuole:

Piega ciò che è rigido, drizza ciò che è sviato.

Dona ai tuoi fedeli, che solo in Te confidano, i Tuoi santi doni.

Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna
.

Facciamo nostra la preghiera elaborata da Mons. A. Maggiolini, chiedendo a Dio di poter vivere con Lui la gioia di essere risorti:

Signore, non ho pretese da accampare, né meriti da far valere,
perché tu mi conceda il tuo perdono.
La tua misericordia è soltanto grazia.
Grazia che non si arresta davanti a nessuna colpa,
davanti a rivolte o dimenticanze,
davanti ad una vita aggrovigliata che ti fronteggia,
deturpata e poi affondata nelle tenebre angoscianti,
poggiata sul nulla.
Non c'è peccato che tu non possa rimettere.
Le tue parole rendono il cuore puro e affidato a te,
come nei giorni della verità.
Fra me a tradirti e tu a perdonarmi,
sarò io il primo a desistere,
ma tu vuoi avere - per grande grazia -l'ultima parola:

– Ti sono rimessi ì tuoi peccati.
Va' in pace e non peccare più.
Grazie, o Gesù, per questo tuo gran Cuore. Amen.



Antonio Riboldi – Vescovo –
Internet: www.vescovoriboldi.it
email: riboldi@tin.it

Premiazione Concorso Insanamente, Rimini 30 aprile (con medaglie Presidente Repubblica)

Sabato 30 Aprile dalle ore 9,00 alle 12,30
presso la sala del Buonarrivo della Provincia di Rimini
in Corso d’Augusto 231
ingresso libero

anteprima della «Settimana della Salute Mentale 2011» con operatori del Dipartimento di Salute M
entale, psichiatri, poeti e scrittori impegnati in una manifestazione artistica dedicata alla lotta allo stigma sociale e all’emarginazione che colpisce chi ha una patologia mentale. Poeti e scrittori da sempre si occupano del dolore mentale trasformandolo artisticamente da accadimento alienante in esperienza condivisibile. In streaming la cerimonia ripresa da Icaro TV  qui http://bit.ly/p29CPA


programma

saluti 

Dott. Carlo Bulletti, Vicepresidente della Provincia di Rimini
Dott.ssa Daniela Ghigi, Direttore Dipartimento Salute Mentale Rimini
Dott. Riccardo Sabatelli, dirigente della Riabilitazione DSM Rimini
Stefano Pompei, Presidente Lions Club Cattolica
 


Presentazione della raccolta di poesie La fata fatua e lo psichiatra, CFR Edizioni, scritta dal Dottor Claudio Roncarati. L'opera, vincitrice del concorso letterario nazionale Premio Fortini 2011 sarà presentata da Gianmario Lucini, editore scrittore e critico letterario.

Cerimonia di premiazione dei vincitori del concorso Insanamente 2011 per opere a tema libero in qualche modo legate al tema della scrittura come terapia, come elaborazione del disagio, come espressione dialogante, ludica ed anche ironica di affrontare le difficoltà, concorso organizzato da Fara Editore in collaborazione con il Dipartimento Salute Mentale di Rimini e con il contributo del Lions Club Cattolica.





I vincitori saranno premiati da Alessandro Ramberti, editore scrittore e critico letterario e dai giurati   del Concorso. È stato chiesto il patrocinio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha inviato queste medaglie per i primi classificati (Luca Astolfi per la sez. Racconto a sx e Stefano Sansoni per la sez. Poesia a dx) : complimenti e un grande grazie al Presidente!





Il libro con le opere vincitrici
Buonissime cose da
Edizioni Fara sas di Alessandro Ramberti & C.
  twitter.com/#!/faraeditore
tel. 0541.22596 fax 0541.709327
Sede operativa: Via Dario Campana, 62
47922 Rimini (RN) - Italia
P.IVA e C.F. 03 729 980 403 
Notizie sui 10 vincitori ai seguenti link
farapoesia.blogspot.com
narrabilando.blogspot.com/

Azienda Unità Sanitaria Locale di Rimini - Via Coriano, 38 - 47900 Rimini - T. +39.0541.707.702 - F. +39.0541.707.079 - Partita IVA 02329590406
A cena: a destra con la maglia rossa Gianmario Lucini, poi Claudio Roncarati, Alex Celli,
Caterina Camporesi e di fronte a lei Anna Elisa De Gregorio ed Ermanno Cottini





parte del pubblico presente

Gianmario Lucini e Claudio Roncarati


Gianmario Lucini e Claudio Roncarati