giovedì 23 settembre 2010

Intervista a Crescenzo Fabrizio

di Antonietta Gnerre

Crescenzo Fabrizio, giornalista pubblicista, è nato in Irpinia nel 1968: di formazione cattolica, ha collaborato con diverse testate giornalistiche locali e ha curato la riscrittura di un testo teatrale sulla Passione e morte di Cristo. È stato lungamente impegnato in ambito politico e sociale. Con la Book Sprint Edizioni ha pubblicato il suo primo romanzo Ombre, penombre, e luci nascoste (Aprile 2010). Nel tempo del racconto c’è una continua ricerca della luce. Lo sfondo nel quale si concretizza, è Castel Ombrosa. Un luogo sospeso come nel sogno, che alterna ricordi e memorie. L’intreccio viaggia con molti personaggi famosi sulle spalle del tempo. I tre protagonisti sono ben tracciati e pettinano con intrighi e retroscena, le pagine. Una penna – quella di Fabrizio – che di sicuro ci regalerà altre emozioni e magari altri enigmi da risolvere e mascherare. Uno scrittore che usa la fantasia accanto al presente, con la seduzione della storia accanto al futuro.              


Scrivere vuol dire spostarsi su quel confine affilato che separa la realtà dalla fantasia.

“Scrivere un romanzo dall'intreccio complesso mi ha convinto che non sempre è l'autore a prendere  per mano una storia e condurla secondo la propria fantasia e le proprie intenzioni, ma spesso è una storia complessa che attendeva soltanto di essere scritta a condurre per mano verso luoghi, tempi e personaggi inaspettati e sorprendenti  chi ha provato a mettere insieme i pezzi del mosaico.”

Scrive  Vladimir Nabokov in un piccolo libro dal titolo Cose trasparenti: “Quando noi ci concentriamo su un oggetto materiale, ovunque esso si trovi, il solo atto di prestare ad esso la nostra attenzione può farci sprofondare involontariamente nella storia”. Lei è d’accordo con questa affermazione?

“Nel mio romanzo sono spesso oggetti materiali a suggerire ipotesi e risposte, e quindi a guidare i protagonisti in una vicenda molto più  profonda di quanto essi stessi immaginassero. Mi piace pensare che possa essere così anche per i lettori.”

Lei ha pubblicato da poco il suo primo libro, come sono nati i personaggi della storia?

“Qualcuno sicuramente dal mio vissuto quotidiano: dalle esperienze maturate nel tempo a tratti caratteriali e suggestioni colti in persone reali che ho conosciuto.”

Qual è la più grande  soddisfazione per chi si accosta alla scrittura?

“Mentre  si scrive, poter abbattere le barriere del tempo e dello spazio. Successivamente, scoprire di aver avuto tre lettori.”

Quali sono i suoi scrittori preferiti?

“Umberto Eco su tutti, ma dopo aver letto un libro scritto bene resto affascinato dalla capacità dell'autore di coinvolgermi ed emozionarmi. E di libri scritti bene ne ho letti davvero tantissimi.”

Quali sono i suoi maestri di riferimento?

“Nel mio romanzo sono evidenti e talvolta espliciti i riferimenti a Robert Harris.”

Chi scrive che ruolo ha nella società?

“Mi rifaccio a  un'espressione molto bella ed efficace utilizzata da Erri De Luca in un recente incontro con gli studenti irpini: i libri sono stati la migliore forma di resistenza del Novecento.”

La scrittura è necessaria in questa società?

“Sono persuaso che l'affermazione di De Luca sia valida anche per il tempo che stiamo vivendo.”

Perché?

“Occorre trasmettere e far amare alle nuove generazioni questo importante strumento di resistenza etica e civile. I libri hanno avuto e devono ancora avere la capacità di attivare anche altre forme e strumenti di resistenza etica e civile.”

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