martedì 13 luglio 2010

Su Io, Lei e la Romagna di Guido Passini

recensione di Marcello Tosi

Io, Lei e la Romagna, dedicato a una terra e una donna amata. Versi di Guido Passini che nascono dall’esperienza della malattia (la Lei del titolo), vissuta come un irto e nel contempo esaltante percorso di viaggio che ha come meta la conoscenza di sé, e la forza di divenire canto di vita, amore e speranza.
L’autore, ammalato di fibrosi cistica, canta una condizione di sofferta crescita interiore. Come nella lotta di un Davide che alla fine batterà Golia (“perché vuole la vita”), la quotidiana convivenza con la malattia fa crescere nell’autore la dolorosa consapevolezza con cui spiega che “la fibrosi cistica probabilmente mi ha più dato che tolto”.
Sentendosi stretto al “vigoroso cordone ombelicale della poesia”, con i ricordi sbiaditi che martellano e pressano, senza scampo, Passini sente il difficile respiro della poesia divenire tutt’uno con il suo dolente respiro umano, che “preme il costato soffocando / il mio nome, la forza, il coraggio”. Ma erompe la forza di ricomporre l’anima come una pioggia di frammenti che la pervadono goccia a goccia , mentre s’inarca la sete, “la sete del respiro.. timido come una preghiera.. ”.
Un respirare che è come quel “foglio di carta crespa accartocciato, / che piano si riconcede, / al suo interno, / le tue parole (poeta)”. Riflessione quindi lungo un difficile cammino di vita: “l’uomo si misura dalla capacità di assimilare il dolore?”: E l’anima asciutta e scavata, appare ungarettianamente consumarsi “come roccia levigata dall’acqua, disorienta come polline al vento… fiera di esistere”.
E non è più Romagna mia, ma “La mia Romagna”, la terra che diventa un tutt’uno d’amore con la donna incontrata ed amata: “che aveva vagato nei sogni, la donna che mi conosceva … e con piccoli / sguardi veloci imparò il mio passato, / vivendomi nel morbido presente”.

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