lunedì 29 dicembre 2008

Incontri a Rimini 15 e 23 gen 2009

Presso il vivace e accogliente spazio di

Indipendente|mente Interno 4
Libreria - Sala Lettura - officina Culturale
Via di Duccio, 26 (a 50 mt da Piazza Malatesta)
47900 Rimini (Rn)
Tel. e fax 0541/784948
email: indipendentemente@interno4.com

Giovedì 15 gennaio 2009 ore 21

Storie e versi: autori che avvincono

incontro con Maristella Olivieri da Cagli (PU) e il suo pungente e umoristico romanzo Il mio cane di Gino, con Francesco Accattoli da Osimo (AN) vincitore di e inserito in Pubblica con noi 2007 con la raccolta Un tramonto sommario, e con Alessandra Carlini, riminese, che con il suo Il bianco e il rosso ha vinto il concorso Pubblica con noi 2008 ed è stata inserita in Storie e versi. Modera l'incontro il poeta e critico riminese Fabio Orrico. Come sempre è previsto il dialogo con il pubblico.


Venerdì 23 gennaio 2009 ore 21

Contesti adversi. Poeti a confronto

leggono, performano e interloquiscono fra loro e con il pubblico

Colomba Di Pasquale da Recanati (MC) legge da Il resto a voce assieme all'attore Luigi Clapis

Alberto Mori da Crema, poeta, fotografo, perfomer presenta i versi-rifiuto di Raccolta


Guido Passini da Meldola legge sue poesie (e non solo) da Senza fiato. Poesie e testimonianze (sulla fibrosi cistica)

Alessandro Assiri da Terzolas (TN) presenta l'opera scritta con Chiara De Luca sui passi per non rimanere

Stefano Leoni legge dalla raccolta Madre e Padre vincitrice dell'ultima edizione del concorso Pubblica con noi e inserita in Storie e versi (come Alessandra Carlini di cui sopra).


FaraEditore
L’universo che sta sotto le parole
www.faraeditore.it









mercoledì 24 dicembre 2008

La grande benedizione di Dio nel tempo: il Natale del Signore Gesù


di Dom Bernardo Gianni

Natività di Gesù Cristo, «l’iniziatore della nostra fede» (Eb 12,2)
San Miniato al Monte 18 dicembre 2008

1Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, 2in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio (Eb 1,1).

Natività dell’humanissimus Jesus, Dio rivela il suo amore in Gesù, suscita la nostra fede dalla vita umana di Gesù: Dio ha già operato nella storia di un popolo e adesso, compiutamente, nella vita di un uomo. La fede di Israele generata da eventi nella storia, mentre la nostra fede, la fede dei credenti in Gesù Cristo, nasce dalla sua vita umana, Lui, “immagine del Dio invisibile” (Col 1, 15), gesto vivo, dalla culla fino al sepolcro, dell’amore di Dio, manifestazione potente della sua salvezza nella Risurrezione. Accogliere, fin da questo freddo, dalla culla vuota, dalla “gronda” di cui parla Mario Luzi il paradosso dell’umanizzazione di Dio in Gesù, anteriore e previa ad ogni sua più o meno indebita “deificazione”: vogliamo partire da questa necessità, salutare contro ogni idolatria e contro ogni separazione o diminuzione dell’humanum dal divinum di Gesù. Partiamo dunque proprio dalla mangiatoia, giacché resta valido l’avvertimento di Ireneo: “il Signore Gesù ha portato ogni novità portando sé stesso” e ancora quella di Ignazio di Antiochia: “chiudete le orecchie di fronte ai discorsi di quelli che non parlano di Gesù come discendente della stirpe di David e figlio di Maria, come colui che è veramente nato, ha mangiato e ha bevuto, che ha veramente sofferto la passione sotto Ponzio Pilato, che è stato veramente crocifisso ed è morto, che è veramente risuscitato dai morti…”.
Due sono le conseguenze fondamentali di tutto questo, una, più volte sottolineata da tutti i Padri: Dio ha assunto la nostra umanità, la nostra carne, perché la nostra carne fosse resa divina: scrive Agostino in un Discorso: “È nato per noi oggi liberamente nel tempo, per introdurci nell’eternità del Padre. Dio si è fatto uomo, perché l’uomo diventasse Dio”. E ancora San Leone Magno: “Riconosci cristiano la tua dignità e reso partecipe della natura divina non voler tornare nell’abiezione di un tempo con una condotta indegna”; la seconda ce la dice un pensatore francese J. Moingt: “Dio si è rivelato nella carne di Gesù. Ecco perché il rapporto, il legame indissolubile con quest’uomo fa parte dell’identità stessa di Dio: questa è la singolarità del cristianesimo. Ciò che Gesù ha di eccezionale non è di ordine religioso, ma umano: siamo condotti a Dio attraverso i cammini di umanità che Gesù ha tracciato.”
La prima traccia di questo cammino parte proprio da Bethlemme, dalla notte santa, una traccia di assoluta novità anche nel tempo che in quella notte si è inaugurato.
Affrontiamo il tempo come enigma che nella luce della fede vogliamo vivere come mistero non di maledizione, di usura o consunzione, né di illusorio o mitico progresso (le “magnifiche sorti e progressive” degli illuministi), ma come mistero in cui si attua la nostra salvezza, esemplata ed esperita prima nell’ambito della storia di Israele poi, nella luce dell’Evangelo, nell’ambito della vita di Gesù.

Cosa è il tempo? Il tempo nella percezione di tre poeti:
Francesco Petrarca, Hugo von Hoffmansthal e Mario Luzi


Petrarca R.V.F 272

La vita fugge e non s’arresta un’ora,
e la morte vien dietro a gran giornate,
e le cose presenti, e le passate
mi dànno guerra, e le future ancóra;

e ’l rimembrare e l’aspettar m’accora
or quinci or quindi, sí che ’n veritate,
se non ch’i’ ho di me stesso pietate,
i’ sarei già di questi pensier fòra.

Tornami avante s’alcun dolce mai
ebbe ’l cor tristo; e poi da l’altra parte
veggio al mio navigar turbati i vènti;

veggio fortuna in porto, e stanco omai
il mio nocchier, e rotte àrbore e sarte,
e i lumi bei, che mirar soglio, spenti

Von Hoffmannsthal finale dell’atto primo del Der Rosenkavalier (cfr fotocopie)
Mario Luzi Villaggio (cfr fotocopie)

I poeti capaci di cogliere e intuire la forza vorace del tempo, la sua consunzione su tutto: bellezza, vita, città, eventi…, i poeti capaci anche di evocare una dimensione di pace nel tempo: Petrarca nel porto, la Marescialla del Rosenkavalier nel “wie”, nel “come” cioè il vivere il mistero dell’esistenza e del tuo trascorrere nella intuizione che il tempo è “creatura del Padre”, lo stesso Luzi in questi mirabili versi che aprono il nostro cuore a una interpretazione altra del tempo:

Tempo sospeso ad alcunché tra oscuro
E manifesto quando pare certo
Che il vero non sia in noi, ma in un segreto
O un miracolo prossimo a svelarsi

Mario Luzi usa un termine chiave in questo nostro momento di riflessione quando dice come il tempo si riveli in un mistero che ci svela il miracolo segreto dell’esistenza. Verità dunque come svelamento (secondo l’etimologia della parola greca che indica la verità) e verità come dono da accogliere, secondo un tratto tipicamente cristiano e biblico della verità: accogliere la natura, la creazione, le parole e infine la Parola suprema, Cristo Signore come manifestazione, più ancora come rivelazione dell’amore divino che cerca l’uomo, lo interroga, lo prende con sé in cammino con lo stupore (per la triplice venuta del Logos nella creazione, nella parola profetica e in Cristo stesso cfr. lo stesso Prologo del Vangelo di San Giovanni, Gv 1, 4-14). Agostino si è sempre interrogato circa il mistero del tempo, Confessioni XI 14, par 16-17

13. 16. Ma non è nel tempo che tu precedi i tempi. Altrimenti non li precederesti tutti. E tu precedi tutti i tempi passati dalla vetta della tua eternità sempre presente; superi tutti i futuri, perché ora sono futuri, e dopo giunti saranno passati. Tu invece sei sempre il medesimo, e i tuoi anni non finiscono mai. I tuoi anni non vanno né vengono; invece questi, i nostri, vanno e vengono, affinché tutti possano venire. I tuoi anni sono tutti insieme, perché sono stabili; non se ne vanno, eliminati dai venienti, perché non passano. Invece questi, i nostri, saranno tutti quando tutti non saranno più. I tuoi anni sono un giorno solo, e il tuo giorno non è ogni giorno, ma oggi, perché il tuo oggi non cede al domani, come non è successo all'ieri. Il tuo oggi è l'eternità. Perciò generasti coeterno con te Colui, cui dicesti: “Oggi ti generai”. Tu creasti tutti i tempi, e prima di tutti i tempi tu sei, e senza alcun tempo non vi era tempo. 14. 17. Non ci fu dunque un tempo, durante il quale avresti fatto nulla, poiché il tempo stesso l'hai fatto tu; e non vi è un tempo eterno con te, poiché tu sei stabile, mentre un tempo che fosse stabile non sarebbe tempo. Cos'è il tempo? Chi saprebbe spiegarlo in forma piana e breve? Chi saprebbe formarsene anche solo il concetto nella mente, per poi esprimerlo a parole? Eppure, quale parola più familiare e nota del tempo ritorna nelle nostre conversazioni? Quando siamo noi a parlarne, certo intendiamo, e intendiamo anche quando ne udiamo parlare altri. Cos'è dunque il tempo? Se nessuno m'interroga, lo so; se volessi spiegarlo a chi m'interroga, non lo so.

Non trova risposta adeguata Agostino alla domanda sul tempo giacché intriso di mistero è il tempo stesso anche per noi credenti: noi individuiamo nel tempo stesso la profonda inerenza fra manifestazione di Dio nella creazione e la stessa salvezza. Dio crea infatti il tempo ma soprattutto crea nel tempo, “in principio”, “immettendo nella nostra povera durata qualcosa dell’eterna assoluta presenzialità di Dio” (C. Massa) Dio ha scelto il tempo per portarvi dentro l’eternità, Dio ha scelto il tempo perché fosse l’alveo del nostro agire, la misura del nostro giorno, creando “Il cielo e la terra” “rimanendo tuttavia, come anche ci ha detto Agostino, “in eterno” (sal 117,2), e ancora “In principio tu hai fondato la terra, i cieli sono opera delle tue mani, essi periranno ma tu rimani! Sal 102 Ritmo settimanale della creazione che dura anche oggi, ritmo del tempo realizzato anche con la creazione degli astri segni dell’armonia temporale con cui Dio realizza e vuole il cosmo educandoci a gradualità e alternanza, obbedendo lui stesso a quell’alternanza, pazientando coi tempi dell’uomo, fatti di lavoro e di riposo, così come Lui riposa il sabato! È in questo tempo cosmico, per sua natura ciclico e ripetitivo, entro questo avvicendarsi incessante di giorni e notti, stagioni e anni, il Padre, dopo aver parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, non ha disdegnato di mandare “ultimamente in questi giorni” il suo Figlio, la grande benedizione di Dio sul tempo e nel tempo. Egli donandoci il Figlio del suo Amore, coeterno e generato prima di tutti secoli, ha avuto tempo per noi (B. Forte), ha scelto il tempo per noi, ha obbedito al tempo attendendone la pienezza (cfr Gal 4, 4) e ponendo sotto la legge del tempo l’umanità di Gesù e lo stesso fulgore della divinità del Suo Verbo. Dio nel Figlio suo ha benedetto il tempo con una benedizione eterna e gloriosa: noi dunque partecipi della sua umanità gloriosa e ammirati dal fulgore nascosto della sua divinità beata siamo fatti capaci di vivere il tempo non più come maledizione o enigma ma come mistero di salvezza: da qui la liturgia delle ore, la santificazione del tempo, l’anno liturgico, l’intelaiatura orante della giornata monastica ma in generale del credente; nel tempo si dà il kairòs per incontrare la salvezza che viene (cfr Luzi, Opera poetica meridiani mondadori p. 1041, preghiera al tempo).

“L’inedita serietà dell’incarnazione del Logos introduce nell’orizzonte del divino l’ordine degli umani affetti e la pregnanza dell’accadere storico” (P. Sequeri). La nuova dignità del corso temporale degli eventi, non più indeterminato e fluttuante verso una caducità o una ciclicità irrimediabili, chiede una esperienza dell’umano capace di raccontare: in grado di dare cioè il senso dell’intero – inizio, sviluppo, cadenza conclusiva – all’irriducibile singolarità di ogni frammento che vale un’esistenza. L’evento del Logos incarnato in Gesù fa fede di questa verità, per ciascuno di noi! Non a caso abbiamo dei Vangeli che sono narrazione, certamente teologica, della vicenda di Gesù, dalla sua nascita alla sua morte. Da qui, da questo tratto centrato sulla dignità dell’umano, del biografico che premia la singolarità di una vita, la rilevanza dell’evento natalizio del Cristo, colto come epicentro di mirabili conseguenze nella nostra vita, investita anch’essa di inaudita dignità. Esso è invito alla piena conoscenza del mistero della volontà di Dio (Ef 1,9-10) , “secondo quanto egli aveva prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno di ricapitolare in Cristo tutte le cose”. Ritroviamo in questa affermazione capitale di Paolo come in Cristo, nella pienezza del tempo della Sua venuta, si abbia la massima espressione e al contempo la massima contrazione nella sua fisica persona, di carne fragile e infreddolita, delle tre manifestazioni rivelative dell’amore di Dio: a) creazione, b) storia santa e profezia, c) Cristo Gesù. In Lui ogni realtà umana e cosmica è assunta e trasfigurata: la creazione compiuta dal Padre mediante il Figlio, la storia sacra ordinata alla Sua venuta – passaggio da Israele alla chiesa, Cristo nuovo Mosè, Cristo adempimento delle attese profetiche, Battista-Gesù etc. – tutta la nostra storia – i tempi ultimi che ormai sono i nostri – completamente inscritti nella sua Signoria inaugurata con la Risurrezione: Cristo ricapitola tutta la storia umana, la passata e la futura e con essa gli stessi cicli cosmici assumono chiaramente un altro significato che supera definitivamente non solo l’antica visione greca dell’antico ritorno di età bronzee, argentee e auree, ma la stessa inquietudine messianica dell’antico Israele, la sua dolente attesa. La pienezza della Rivelazione è proposta al cuore dell’uomo in Cristo spezzando il cerchio di una storia che troppo spesso la nostra poca fede e il nostro peccato è tentato di vedere come ciclicità senza senso, maglie di catene che soffocano la nostra libertà e il nostro amore per la creazione alimentando rassegnazione e disperazione. In realtà la ciclicità del tempo e delle stagioni è apparente, reale e autentica è la linea di una spirale che riportandoci ai consueti tornanti del tempo naturale e del tempo lirico essa ci solleva su ali d’aquila verso il mistero della divina Presenza.
Cristo del resto è sceso nella pienezza del tempo, sino alle depressioni estreme del tempo, nel tempo vuoto e inerte degli inferi per unire all’eternità divina ogni frammento di ogni istante di ogni tempo! Evento unico questo, l’Incarnazione, zenith della nostra storia, di cui a Natale celebriamo la memoria non come ciclicità nostalgica priva di speranza ma come irruzione nel tempo e negli spazi del rito e del cosmo di un hodie, di un oggi che lo Spirito Santo feconda per la salvezza di tutti e per la benedizione del nostro tempo sempre nuovo e rinnovato.
Il problema di vedere il tempo come eterno ritorno è antichissimo, antica è la tentazione di vedere il tempo come anello senza senso: cfr De civitate Dei capo XII 14-15

Comunque secondo le norme della retta fede non dobbiamo credere che con le parole di Salomone furono indicati i cicli con cui si hanno, come pensano costoro, i medesimi ritorni di tempi e di avvenimenti nel tempo; ad esempio, come il filosofo Platone in quel tempo ha insegnato agli allievi nella città di Atene, nella scuola detta l’Accademia, così il medesimo Platone, la medesima città, la medesima scuola, i medesimi alunni sarebbero tornati attraverso le infinite successioni di tempo nel passato a fasi molto lunghe ma determinate e tornerebbero nelle infinite successioni che verranno. Non dobbiamo, dico, credere a queste fandonie. Infatti Cristo è morto una sola volta per i nostri peccati, ma risorgendo dai morti non muore più e la morte non l’assoggetterà più nell’avvenire, e noi dopo la risurrezione saremo sempre col Signore, al quale nel tempo presente diciamo quel che ci suggerisce il sacro Salmo: Tu, o Signore, ci custodirai e ci difenderai dalla generazione presente, fino nell’eternità. Penso infine che a questi filosofi si adatti molto bene il versetto seguente: Gli empi si muoveranno in giro, non nel senso che la loro vita ritornerà ai cicli da loro immaginati, ma perché nel tempo presente la via del loro errore è un circolo vizioso, cioè una falsa dottrina.
Contro I ritorni ciclari unità e bontà originaria dell’uomo [14-27]
Ineffabile l’opera di Dio.
14. Non c’è da meravigliarsi poi se, vagando per questi cicli, non trovano né l’entrata né l’uscita perché non sanno come hanno avuto inizio e quale fine avranno il genere umano e la sua esistenza terrena. Non possono infatti conoscere la trascendenza di Dio, perché egli, pur essendo eterno e senza inizio, da un determinato inizio ha dato origine al tempo e all’uomo, che prima non aveva creato e che ha creato nel tempo non con un disegno subitaneo, mai avuto prima, ma immutabile ed eterno. Nessuno può indagare su questa trascendenza di Dio perché è arcana, né esprimerla perché è ineffabile. Difatti nel rispetto ad essa Dio, con volontà non diveniente nel tempo, creò nel tempo l’uomo, prima di cui non era esistito alcun uomo, e da un solo individuo fece moltiplicare il genere umano.


Dall’antica tentazione di rivivere il tempo come ciclicità l’urgenza di scoprire il nostro cuore bisognoso di invocazione cfr. Luzi di Invocazione negli auguri di San Miniato per il Natale 2008.

Tante volte viviamo il Natale custodendo – ed è bene – preziosità del tempo ma senza coglierne la fecondità ultima in ordine alla nostra salvezza.

A proposito di attenzione al tempo, alla storia, alla inerenza fra storia, tempo, natura e alleanza cfr. due voci ebraiche, ovviamente formate sulla meditata riflessione sul Dio biblico che agisce nel tempo:
Liana Millu e Franz Roszenweig:

«Tra venti settimane è Natale. Mi viene in mente tutta la contabilità del tempo che tenevo nel Lager, i 180 giorni a Natale, i 70 dalla battaglia d’inverno, le dieci settimane a Pasqua. Se al mondo non ci fosse altro di buono, c’è questo scorrere del tempo. L’unica cosa sicura del mondo». (Liana Millu, Tagebuch 1945)

«La vita, ogni vita, deve essere divenuta totalmente temporale, interamente vivente, prima di poter divenire vita eterna. All’esatta temporalità della pura vita, che è sempre esattamente nel punto giusto del tempo e giunge sempre al momento opportuno, non troppo presto e non troppo tardi, deve aggiungersi una forza di accelerazione. L’eternità deve essere accelerata, deve sempre poter venire già “oggi”; solo così essa è eternità» (La stella della Redenzione)

Noi pensiamo che abbia compiuto in pienezza questa “accelerazione” portando l’eternità nel tempo la venuta, l’incarnazione del Cristo, vettore affidabile su quella rotaia “sicura del mondo” che è il tempo:

Pienezza del tempo: dal chronos, all’aion attraverso il kairos! Uno sguardo su Paolo Galati 4,4

1Ecco, io faccio un altro esempio: per tutto il tempo che l'erede è fanciullo, non è per nulla differente da uno schiavo, pure essendo padrone di tutto; 2ma dipende da tutori e amministratori, fino al termine stabilito dal padre. 3Così anche noi quando eravamo fanciulli, eravamo come schiavi degli elementi del mondo. 4Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, 5per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli. 6E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! 7Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio.
L’uomo è nel tempo come divenire cronologico, come stato di frantumazione, di separatezza e il peccato è l’assoggettamento dell’uomo e della storia alla frantumazione dell’essere.
L’Incarnazione è l’entrata di Dio nella dimensione dell’uomo, la kenosi di Dio è proprio questo lasciare la vita come durata eterna e piena – aion – per entrare nella frantumazione cronologica del tempo, come dimensione propria del’uomo. Sottomissione di Dio ai tempi dell’uomo, per arginare la diabolicità del tempo e risaldare chronos, kairos e aion in Cristo, che ricapitola per amore tutto di noi: “Il tempo creato riceve in Cristo Gesù e in ogni atto di fede in lui il carattere e il marchio dell’eternità, la vita vissuta nella fede acquista la dimensione della vita eterna” (Karl Barth).
“Il tempo è redento con l’incarnazione così come la storia sarà redenta con la vita e la morte in Cristo” (Ernesto Menichelli)
Egli riporta la dispersione all’unità dell’essere in Dio: percorso a ritroso dell’uomo già visto in Leone Magno e magnificamente prospettato da Paolo –
l’uomo incarna nel tempo il mistero di Dio del Figlio di Dio per divenire a sua volta il Figlio di Dio, così il chronos passando attraverso il kairos (mistero pasquale) ritorna all’aion, il creato all’increato, la cronologia dispersiva all’unità come pienezza.
Vi è un peculiare esito nel tempo e nella nostra esperienza del tempo la piena consapevolezza dell’essere figli in Cristo: essere figli nel Figlio comporta una qualificazione assoluta della nostra percezione ed esperienza del tempo, con feconde conseguenze “etiche”: il tempo diventa infatti luogo mirabile di relazione, di simbolicità, di apertura, vedi il ladrone sulla croce: estremo della solitudine della morte-maledizione in Cristo si fa esperienza salvifica di relazione con il condannato, cui condivide partecipazione ai frutti dell’amore che riceverà dal Padre: suo frutto immediato è infatti oggi sarai con me in Paradiso!

1E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. 2Egli dice infatti: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza! (2 Cor 6,1-2 che corrisponde a Rm 5 ,6 Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito kata kairon!)

Pienezza del tempo dunque è il pieno compimento della nostra antropologia in Cristo, una antropologia dell’amore che ci invita a divenire strumenti di relazione in un tempo riconsegnato alla sapienza di Dio,
E’ Natale e in fondo il regalo più prezioso che possiamo fare tutti noi è un tempo, un tempo liberato, un tempo di qualità per una umanità di qualità, quella che ascolta, ama, perdona, spera, condivide etc. Senza tempo, un tempo liberato dal peccato e dall’egoismo, non si dà spazio all’alleanza di Dio con la storia sancita con la Pasqua di Cristo, alleanza che attende nostra testimonianza negli spazi della vita!
Ritroviamo così il tratto “humanissimum” del Signore Gesù, volto dell’uomo che Dio vuole salvare e volto del Dio che salva (Karl Barth). In Gesù l’umanità è sempre trasparente: il divino è velato ma nello spessore della sua umanità Dio è raccontato (E. Bianchi)
Ritroviamo così la parola chiave da cui abbiamo iniziato: l’umano, l’altro fuoco dell’Ellissi in cui e entro cui Dio pare lasciarsi immaginare: un fuoco divino, un fuoco umano per porsi in relazione all’alterità creata non al modo di una circonferenza ma di una dinamica ellissi che ha di Cristo e del tempo in Cristo e del mistero del suo ritorno alla fine del tempo la sua mirabile e inesausta tensione!
L’uomo è al centro della natura, destinatario della Natura stessa e pienamente immerso nel tempo come partecipe della signoria di Dio sul tempo e nel tempo!
Con questa consapevolezza l’uomo può e deve guardare alla natura recuperando uno sguardo eucaristico e fiducioso di mistero, ascolto e attesa:
Cosmo e Cristo, ritrovata armonia simbolica di senso e significato per l’uomo, altro dal meccanicismo muto della natura estranea all’umano o dall’umano ridotto a mera natura o a mera tecnica: «il tempo ci avverte che il Natale di Cristo Signore è vicino […]. Il mondo con le sue stesse angustie dice l’imminenza di qualche cosa che lo rinnoverà, e desidera con un’attesa impaziente che lo splendore di un sole più fulgido illumini le sue tenebre. Mentre, per la brevità delle ore, teme che il suo cammino stia per finire, con una certa qual speranza scopre che l’anno sta trasformando il suo corso. Quest’attesa della creazione persuade anche noi ad attendere il sorgere di Cristo, nuovo Sole, perché illumini le tenebre dei nostri peccati… E poiché possiamo presentire il Natale del Signore dagli stessi segni della natura, facciamo anche noi quel che essa fa: come in quel giorno sulla terra comincia ad aumentare la durata della luce, così anche noi allarghiamo la misura della nostra virtù…»: così San Massimo di Torino.

Ma nel nostro cuore inquieto potrebbero riaffacciarsi altri interrogativi sofferti, constatando con angoscia il gelo silente dell’immane cosmo spaziale:

tempo e pioggia tempo e profusione di mondo a se medesimo. Ci assorbe in sé o ci dissolve quell’afflusso di vita alla vita che risorge? Che n’è di noi, siamo chiamati o esclusi Dalla rigenerazione Dell’aria, degli elementi?
La risposta a queste domande umanissime ormai la conosciamo: più che risposta essa si fa ulteriore, accorata e orante invocazione, sempre magnificamente evocata dalla poesia di Mario Luzi:

Non startene nascosto nella tua onnipresenza. Mostrati, vorrebbero dirgli, ma non osano. Il roveto in fiamme lo rivela, però è anche il suo impenetrabile nascondiglio. E poi l'incarnazione - si ripara dalla sua eternità sotto una gronda umana, scende nel più tenero grembo verso l'uomo, nell'uomo... sì, ma il figlio dell'uomo in cui deflagra lo manifesta e lo cela... Così avanzano nella loro storia.


martedì 23 dicembre 2008

2 microracconti

di Marco Bottoni

Trecentocinquanta parole compreso il titolo. In coda.

- Allora, hai deciso?
- Sì, ho deciso. Stasera esco.
- Perché proprio stasera?
- Danno Ben Hur.
- È un mattone, dura tre ore.
- Appunto.
- Esci da solo?
- Perché, secondo te insieme a chi dovrei uscire?
- Mah, non so… con un amico.
- Amici non ne ho.
- Se lo dici tu…
- E poi, meglio solo che male accompagnato.
- Per carità, io non dico niente… Se mentre sei fuori ti cercano, cosa devo dire?
- Che non sai niente, neanche da quanto tempo sono uscito.
- Va bene, d’accordo. Piuttosto, prima di uscire… hai guardato se hai tutto?
- Ho tutto quello che mi serve.
- Il fazzoletto?
- Ce l’ho.
- Qualcosa di pesante… il lenzuolo…
- Ho tutto.
- Non dimenticare le chiavi…
- Uffa, quanto rompi!
- Ma io lo dico per te, per il tuo bene…
- Da quando in qua ti interessi del mio bene?
- Beh, stiamo insieme da tre anni… non fosse altro che per questo…
- Appunto perché sono tre anni, ne ho le palle piene.
- Sì, non posso darti torto… ormai ne ho quasi le palle piene anche io…
- E allora, esci anche tu, qualche volta.
- A me piacerebbe uscire con te…
- No, esco da solo.
- Fa un po’ come vuoi, io non dico niente.
- Ecco, non dire niente che è meglio.
- Ciao, allora.
- Ciao.

Rocambolesca evasione dal carcere di massima sicurezza di Trani. Un detenuto del terzo braccio si è calato da una finestra con il classico lenzuolo poi, usando un fazzoletto imbevuto di cloroformio, ha narcotizzato un agente di polizia penitenziaria, gli ha sottratto le chiavi ed è uscito dal penitenziario. Una volta fuori ha rubato un’automobile dopo averne forzato il finestrino con un oggetto pesante ed è fuggito sottraendosi alle ricerche di polizia e carabinieri. La fuga è stata scoperta con alcune ore di ritardo perché l’evaso, per darsi alla macchia, ha approfittato dell’occasione favorevole rappresentata dalla settimanale proiezione del film per i detenuti: per la cronaca, il kolossal Ben Hur.


Quattrocentonovantun parole compreso il titolo. In coda.

Il Signore dall’alto ruggisce
e dall’abitazione sua santa emette la sua voce.

E uno!

Ruggisce minaccioso contro la sua prateria,
grida gioiose come i pigiatori emette
contro tutti gli abitanti del paese.

- Dove è?
- Diciassettesimo piano, un interno dell’ala Ovest. Abbiamo già mandato su una squadra.

Giunge lo strepito ai confini della terra
poiché è in causa il Signore contro le nazioni
è in giudizio con ogni uomo:

E due! E tre!

gli empi li consegnerà alla spada:
oracolo del Signore.

- A chi risulta intestato l’appartamento?
- È a nome di una società immobiliare, risulta sfitto da oltre un anno.

Così dice il Signore degli eserciti:
“Ecco, la sventura si propaga da nazione a nazione;

E quattro!

perché un turbine grande si sveglia dalle estremità della terra.”

- Chi ci vive? Voglio notizie precise, per Dio!
- È un ambiente di tre locali più il bagno.

In quel giorno gli uccisi del Signore saranno da una estremità all’altra della terra;
non saranno compianti, né saranno raccolti, né saranno seppelliti;
ma saranno quale letame sulla superficie della terra.

- Voglio sapere chi era l’ultimo inquilino. Chi ci abitava realmente, non il solito prestanome. Voglio una scheda completa: attività, precedenti penali, ricoveri in ospedale, parenti, amici, tutto! E subito! La squadra è in posizione?
- Ci mettono un po’, l’ascensore risulta fuori uso e stanno salendo le scale.

Urlate, pastori, e gridate
ravvoltolatevi o potenti del gregge,
perché sono compiuti i giorni per il macello;
e per tutto ciò che avete disperso,
voi cadrete qual vaso prescelto.

E cinque! E sei!

È scomparso il rifugio dei pastori
e lo scampo per i potenti del gregge.

- Scale o non scale li voglio operativi entro cinque minuti.

Voce schiamazzante dei pastori
e ululato dei potenti del gregge,
poiché il Signore sta distruggendo il suo pascolo.

E sette!

Sono sconvolti i prati tranquilli
di fronte all’ardente ira del Signore.

- Quanto ci mettono a isolare la zona? Non voglio più un anima viva nel raggio di trecento metri da qui!”
- È già tutto chiuso, tutto l’isolato è off-limits. Il problema grosso sono quei due rimasti dietro il pick-up, nel parcheggio”

Ha lasciato come leone la sua tana
perché la loro terra è divenuta una devastazione

E otto!

- Squadra in posizione e pronta al suo ordine, Signore.
- Si va dentro al mio via.

di fronte all’ardore che è violento,

E nove!

- Si va dentro! Ora!
- Via!

di fronte all’ardore della sua ira!


Dramma della follia a Minneapolis (Minnesota). Un uomo di 47 anni, armato di fucile di precisione, si è trincerato in un appartamento al diciassettesimo piano di un palazzo ed ha fatto fuoco contro i passanti che si trovavano in strada, colpendone mortalmente nove prima che le forze speciali riuscissero a fare irruzione e ad arrestarlo. L’omicida, in evidente stato di alterazione psichica, ha dichiarato di agire in adempimento a un preciso ordine del Profeta Geremia.

venerdì 19 dicembre 2008

[TRILOGIA DEL DOLORE]


di Sebastiano Adernò


[TORMENTO]

Ho un tutto mio studiato disagio da poeta che interpongo alla
vita perché una sottile scorza di felicità difenda la mia intimità
ontologica e con cura, nutra il mio infinito. E questo ogni
giorno, fino a che, perché nessuno la dimentichi, la notte mette
in scena una domanda: e se sul cerchio montassero uno
scambio? E il tempo, andasse a sbattere su un binario morto?
Perché ora che gli alberi indolenziti diramano solitudine
l’inverno chiede ascolto e, approfittando di una parola slogata
compila dei miei sentimenti un foglio bianco E io sosto così
nell’algoritmo di varie stratificazioni, nel tiepido che urta
contro la paura di, e se un giorno la mente per distrazione,
potrebbe perdere le gerarchie del pensiero per assumere
l’ingombro di un giorno piovoso? Un giorno da vecchia
cartolina sgranata dove nelle strade di una città fitta di
ombrelli dalle spalle lo sguardo caschi incapace di far
cambiare direzione ai propri piedi?
Così l’attesa coagula in un vetro su cui niente scivola più, e
tutto è trattenuto, forzato a sostare nel momento, come io e le
gocce di pioggia alla finestra, appesi alla nostra incapacità di
afferrare questo sordo e liscio cielo di latta.
Questo anche nei giorni in cui l’impressione del petto scambia
il pozzo per un sospiro, e dal tuffo in una tazzina sbeccata la
noia mi prende a sorsi la mente, che persa in un calcolo senza
miracolo, mi slega le mani allo scrivere. Perché da suoni
arcani mi tormento di coniare un nome grezzo per il mio
sentimento e voglio che siano le tue labbra a levigarlo. Come
vorrei levigare ogni giorno versato dal sole al di là del mare.
Ogni giorno che può avere una resa, per i nomi con cui lo
sacrifico. Perché per ciò che sento sotto le dita l’arte non si
impara, si subisce. E col silenzio, in comunione, l’aurora fa
sempre da altare al cielo e il mio labbro si contrae in un
apostrofo che d’ora, mentre questo sentire mi parassita, il mio
chiedere pace si versa sul mare come un'immagine su uno
specchio in cui smetto di ricompormi perché gli occhi, mi
sfuggono a loro stessi inciampando in ogni prospettiva che fa
da difetto alla comprensione. Così che distendermi a cogliere
le mie irregolarità, diviene per gli occhi essermi subaffittato
anche il nascosto. Il nascosto della notte. Perché è come dura
ogni volta la luna, a spezzarmi la lingua, sillabando lo sconto
ad ogni stella, un'altra per ancora, un'altra per sempre portare
le labbra al pozzo, levandomi con la voglia, lo sgocciolo,
dell'ora tarda che sempre mi tiene il petto.


[TRADIMENTO]

Fu un altro giro di manovella. Giusto il tempo di imbottigliare
i mie sbagli negli sbadigli. Poco prima di pulirmi le labbra
sporche del bicchiere del miglior vino che era stato versato per
brindare alle lacrime del giorno di festa. Giusto così mi
strofinai la bocca sull'orlo della tua veste.
E non era abbastanza. Mi sentivo già che il cuore non
sopportava che il tuo amore ne richiedesse altrettanto, e
contemplando lo slancio, per la carta che restava da girare alla
tua amica dalle dita unte, giustificavo che il mio destino si
adulterasse di fallimento.
Ma già mi chiedevo, ma prima, prima avevo pesato i tuoi
sentimenti, prima di barattarli con un solo piacere che mi stava
rendendo quest'ora, che restava ora, che nulla è già più, e tutto
è perso?
Adesso che vorrei piovesse sul come ti ho tradita, e renderti
meno leggera la pietra che ti ho messo al collo. Adesso che mi
vergogno anche di chiedere al cielo lo sforzo per cancellare le
tracce di come sarà il tuo piangere.
Il vino mi consiglia ancora di morire. Di lasciare che ti morirò
per il tuo avermi da sistemare dove faccio meno male. Lì dove
il mio peso e la mia vergogna scandiscono silenziose le sillabe
di tutti i rimpianti e tu piangi per stanchezza e non per
perdonarmi.
Che strana sensazione. Mentre là fuori il vento accarezza la
primavera, mi sorprendo a immaginare che passeggerei con le
tasche piene di petali. Ma non mi riesco a liberare dall'errore.
Ripetutamente ripenso ai passi di un continuo sbucciarsi di
ginocchia sempre su quel dove si è appuntata la mia colpa. E
lo slancio di leggerezza diviene come portare meridiani sulla
schiena, che riconducono tutti al principio di un eterno
raccogliere le pietre su cui inciampo, per offrirle alla carestia
della mia anima. Giusto per giovarmi di un'aurea di sacralità,
forse, che per un istante mi allontanerebbe dal quel sentire
come io stesso mi rifiuto, che è un sentire che m'appesta.
La mia pena è il pensare al mio corpo che si ritrae come una
lumaca all'idea viscida che il tuo possa mai essere stato
profanato da un altro. La mia condanna è il dolore che mi ha
investito, di una parola, amore, che per il resto che mi rimane
sentirò vuota da gridarla a piena voce in un pozzo.
Perché ancora quest'oggi che siamo insieme, e tu non sai nulla,
non mi rimane che ripiegare le stelle nella stiva. Per via delle
tante promesse che le mie parole non sarebbero cadute un
agosto. Le promesse di quei giorni in cui cercavo la luna per
stabilire il tempo dei granuli d'argento di un altra foto assieme.
Foto a cui ripensando il cuore mi suona vuoto come la moneta
alla prostituta, e gli occhi mi lacrimano per la naftalina dei
vestiti che mi vergogno già di aver indossato.
Ti lascerò. Almeno quello. Perché il mio essere dai molti
nascondigli, per occhi, ha due feritoie sul mare di tutti gli esili.
E dalle fessure di una verità disonesta ricambio di uno sguardo
ogni abbraccio che già mi sono negato. Perché ora, agli angoli
della bocca, sulla smorfia verso cui mi si ammalano le parole,
la voce mi si fa sporcizia di una cella dove muoio di ogni
voglia. Voglia che non sia mai successo. Voglia di una voglia
che mai fossi schiavo della debolezza di una voglia. Ma
brancolo. E come un cieco leggo già le pareti fredde del
rimpianto per il tuo corpo nell'amore. E lì mi confesso del mio
difetto che dicono peccato, condannato, a tradimento.


[DISPERAZIONE]

È domenica mattina e non ho niente da fare. Tranne che il
pensarmi nato da una preesistenza di colpe. E vivo per la
distrazione di un giudice. E sorpreso di non provare stupore
nel confidare che la morte, almeno, mi sarà assoluzione.
Anche in me è domenica. Lo sento nelle parole che sto
impegnando alla disperazione perché so per certo che non mi
verranno restituite. Mi accendo una sigaretta per chiamare
questo tempo quello del dolore. Guardo il pacchetto quasi
vuoto e accuso come una somma di dolori fanno un'esistenza
a cui mi sono dovuto adattare nel rubare istanti. Sento il
pungere della consapevolezza di scacciare quella poca felicità
che ho sempre usato come esca gettandola negli abissi, per
mantenermi abbastanza illuso da continuare ad aspettare. Un
colpo di tosse mi ricorda essere vivo, passibile di altri dolori.
Ho ancora un cuore. Un cuore dove le cose lo sanno, le cose
conoscono per come si muore abbandonati da ogni giustizia.
E' mattina e sono già stanco. Tornerei a letto, solo per mettere
a decantare il facile entusiasmo delle persone che sento
parlare avvicinandomi alla finestra. Manderei a dormire i loro
sogni e li inietterei degli incubi che mi porto sotto le palpebre
inquiete. Vorrei che tutti loro, per una notte, lasciassero il
calco delle loro teste sulle pietre che si sporgono in quel
pozzo, in quell'abisso che chiamo anima. Mi verso del vino.
Il poco rimasto. E mi diverte l'idea di avere assunto un dio
per leggere i fondi del bicchiere. E trovo allegro il rumore
che mi viene dalle tasche, quello dei quattro spiccioli che
tentennano di solitudine senza lasciarmi, neanche ora,
ubriacare dalla vita. E' domenica e anche le campane ormai
mi infastidiscono per la loro richiesta di pensare in modo
impreciso all'infinito. Per l'invadenza nel pensiero di quel
rintocco che potrebbe toccarmi. Orfano di ogni consolazione,
mi scopro senza stupore vivo per la conseguenza dei miei
pensieri pagati al prezzo delle mie azioni. Incastrato in una
formula che, piegandosi alle lusinghe della mente, dà sempre
il risultato sbagliato.
Chiudo le imposte, non voglio la luce. Cerco la notte, quella
notte che mi chiama padre quando gli incubi mi si appendono
alle tasche. Quando io mi sento il bambino che al buio chiede
l'aiuto di chi alla luce vorrebbe calpestare. Così mi appunto,
imbrattandomi di un altro pensiero, di essere un disordine che
aspetta il vento, la stanza piena di carte su cui hanno sbarrato
le imposte e chiamo la notte sbattendo le palpebre come le ali
di una falena che attratta dalla mia luce, lascia del suo corpo
sulle pareti, il teatro delle ombre di una danza macabra, a cui
la mia mente tiene il ritmo battendo le mani. Perché ormai, di
fronte ad un cielo invalicabile, vivo sapendo smarrito il dono
che mi darà il sereno.


Noto, 18/12/08


martedì 16 dicembre 2008

Lettera a Diego (di Maria Di Lorenzo)

Carissimi amici,

Natale si avvicina ed anche questo 2008 se ne va. Se ne va anche con un ricordo, un ricordo personale che io oggi voglio condividere con voi. Nel 1988, quindi quest'anno sono caduti venti anni tondi tondi, scompariva in modo tragico e in circostanze mai chiarite dalla giustizia umana, un mio insegnante molto amato. Si chiamava Diego Rossi ed era ricercatore all'Università di Urbino, cattedra di Storia della critica. Le sue lezioni erano formidabili, la sua voce mi ritorna ancora nelle orecchie e non ho scordato nessuno dei suoi insegnamenti. Il mio ricordo e' affidato all'ultimo numero della rivista "In Purissimo Azzurro", il testo si intitola: Lettera a Diego.

Vi segnalo anche un mio articolo dedicato alla filosofa Edith Stein, che divenne carmelitana scalza e mori' ad Auschwitz nel 1942. Chi mi conosce sa che e' una figura che amo moltissimo. Questo mese sul mensile "Madre di Dio" c'e' un mio articolo che parla di lei: E' il cuore della Chiesa .

L’ultimo numero di “In Purissimo Azzurro” ha molti splendidi servizi, che trovate su: www.inpurissimoazzurro.info . Ve ne raccomando caldamente la lettura e, se volete, collaborate anche voi.

A tutti voi, carissimi amici, un augurio affettuoso, Buon Natale e un felice Anno Nuovo!

Maria Di Lorenzo

lunedì 15 dicembre 2008

Le Forme del tempo

Su Bluarte la mostra Internazionale:
espongono: Alessandra Bonoli, Gilberto Carpo, Andrea Erdas, Giovanni Greco, Antonella Marchesoni, Franco Meloni, Ann Nyberg, Ricardo Passos, Enrico Pinto, Rini Widmer

http://www.bluarte.it/Content/529/le_forme_del_tempo.aspx
Grazie

La Redazione
www.bluarte.it

Su Diversità apparenti

recensione a cura di Annalisa Brunelli pubblicata su «Acca parlante», dicembre 2008, www.accaparlante.it

(le ultime due righe a p. 83: «letto da tanti e perché possa “aiutare altri a trovare il tempo per leggere altri libri”.»)

scheda del libro qui


Amicizia in bliblioteca 20 dic

giovedì 11 dicembre 2008

È uscito Il segreto del poeta di P.G. Kien


scheda del libro qui

€ 14,00 pp. 262 (Sia cosa che)
ISBN 978-88-95139-54-8

«Un manoscritto ritrovato nell’archivio della Cattedrale di Poitiers si rivela un documento unico nel suo genere: la narrazione in prima persona delle esperienze giovanili di un poeta del secolo XII, forse identificabile nel grande Chrétien de Troyes. Créstien, così si firma l’autore, lascia la città natale per un viaggio avventuroso alla ricerca dei cantori tradizionali custodi degli antichi carmi dedicati a Tristano e Artù. Il suo viaggio, un’iniziazione alla vita, alla poesia e all’amore, lo porterà prima in Bretagna, poi alla corte d’Inghilterra e infine in Cornovaglia, al cuore delle lontane e misteriose vicende di Tristano e Isotta. Quello dei due innamorati non è l’unico mistero con il quale Créstien dovrà confrontarsi. Il suo cammino incrocia, infatti quello di inquietanti personaggi che ordiscono trame oscuramente intrecciate con i personaggi delle leggende cantate dai bardi. I misteriosi bassorilievi di alcune chiese sembrano narrare episodi di una medesima storia che coinvolge Artù, Tristano e Giuseppe di Arimatea. Tutti i fili si riannoderanno in faccia all’oceano, nella rocca di Tintagel, ma un retrogusto amaro accompagnerà Créstien per tutta la vita.» (P.G. Kien)

P.G. Kien (Paolo Galloni) ci conduce in un medioevo in cui il rigore della ricostruzione storica (i personaggi principali sono realmente esistiti e molti fatti realmente accaduti) conduce senza soluzione di continuità alle radici dell’immaginario.
P.G. Kien è l’identità apocrifa di un progetto di scrittura basato su pochi, semplici punti fermi. Lo stile appartiene più alle storie che a chi le racconta; la bellezza del narrare sta nell’esplorare generi e stili di multiforme variabilità atmosferica; i supporti che materializzano la storia appartengono più a chi legge che a chi racconta; le storie, è noto, appartengono a tutti,sono un patrimonio dell’umanità; la creatività è una forma di redenzione dalla mediocrità, per il singolo e per le comunità di cui fa parte.
I lavori di P.G. Kien sono, o saranno, per scelta consapevole, disponibili sia in formato digitale sia in un non ordinario formato materiale in edizione limitata. Visita il sito www.pgkien.net per conoscere i progetti di P.G. Kien e il loro stato di avanzamento. Con Fara Paolo Galloni ha pubblicato Le affinità casuali (2004), Il cuore della colomba (2002) e Donal d'Irlanda (2000).


Primato della pietà a Cerchiate 19 dic



Venerdì 19 dicembre 2 0 0 8 ore 21

presso la Saletta Civica di Cerchiate (MI)

via Donatori del sangue, 1

presentazione del libro Il primato della pietà
di e con Nino Di Paolo

Musiche e letture

Ti aspettiamo!

Info: www.comune.pero.mi.it/comune/biblioteca

martedì 9 dicembre 2008

Su Il fiume senza foce di Gladys Basagoitia


recensione di Vincenzo D’Alessio (scheda del libro qui)

Leggere un romanzo, in gran parte autobiografico, resta una prova feconda per ogni essere umano: dilata gli orizzonti come un nuovo viaggio, anche in luoghi già conosciuti; rimuove gli orgogli personali, riducendoli ad esperienze sul campo; fa dell’esistenza dei personaggi l’abbrivo per una nuova sagace esistenza. Questa ed altre forze ancora si muovono all’interno del fluido racconto di BASAGOITIA.
Diventa forte l’acqua di questo fiume chiamata esistenza quando si mettono in gioco vite piene di esperienze disagevoli, disancorate dai luoghi comuni europei, dagli esempi vividi dei testi pedagogici o sociologici che tanta letteratura e pensiero muovono nella nostra civiltà contemporanea. Allora mi ritornano alla mente le lezioni di Lévi Strauss, sulle diversità etnico culturali; le belle letture di Isabel ALLENDE de La casa degli spiriti (Feltrinelli, 2008) e tanti passaggi autorevoli legati all’esperienza del viaggio nelle terre ingannate dalla civiltà europea qual’è l’America Latina.
Un fiume con acque umane, con volti dispersi nel suo fluire, con vicende circolari che non sboccano nel mare infinito dell’Umanità ma si disperdono, ignorate, nel fango della foresta locale. La foresta, la madre, la Natura, le sue leggi, le sue paure che diventano le nostre quando ci affacciamo nel buio che la foresta nasconde e gli spazi di luce che la stessa rivela: argini di un percorso indicibile. Lo sanno bene molti degli antropologi francesi partiti alla scoperta delle popolazioni interne del Rio delle Amazzoni o di altre foreste lungo la catena delle Ande. Il Perù di BASAGOITIA è solo una piccola tessera variegata di quel mosaico che non ha ancora completato il suo percorso di Democrazia.
L’autrice di questo romanzo/racconto mi ha riportato alla mente il mio amico missionario padre Michele PISCOPO, che operava negli anni settanta/ottanta, nella poverissima regione dell’Ancash, tra vette estreme, povertà estrema, violenza estrema. Allora mi sovvengono le parole: quechua, palomito, Pomabamba, soroche, Lima e altro ancora. Il mio giovane amico missionario dei Padri Giuseppini di Asti si ammalò di “soroche” ai polmoni e ben due volte dovette sottoporsi a interventi ospedalieri in Italia. Oggi è vescovo a Lima e aiuta quanti sono scampati a “Sendero Luminoso”, alla schiavitù dei nuovi padroni indigeni pagati dai ricchi della città, e i bambini sempre indifesi.
In queste pagine, che ai miei occhi sono apparsi come un sogno interminabile, sono ricomparsi più di trent’anni di epistolario; grazie all’Amore incontenibile di quella bambina “fortunata” che oggi è Gladys, ho potuto abbracciare gli anni più belli della mia tormentata esistenza di mancato missionario, di scrittore incapace di aiutare con una buona economia i sogni infranti di tanti bambini che nelle missioni italiane in Perù e in ogni parte del pianeta stentano un’esistenza normale.
Una stupenda prova di scrittura, con qualche imperfezione dovuta alla non perfetta conoscenza della nostra lingua, contrapposta ad una forza di raccontare che non ha nulla da invidiare ai nostri più bravi autori italiani. Sono comparse le figure di Lara CARDELLA del romanzo Volevo i pantaloni, nell'episodio delle suore a pagina 110; le figure femminili di Maria Teresa DI LASCIA, di Passaggio in ombra (Premio Strega); di Emilia DENTE della poetica dello specchio nel volume Cuore di donna (1997) nel mentre scrive BASAGOITIA: ”Quella sconosciuta che si burla di me / dallo specchio è / nel centro del vortice / che arde. Dormo sopra la nebbia.”
Pluralità di donne. Pluralità di eventi. Inaccessibilità dei sentimenti portati all’esasperazione dall’urto violento del fiume umanità verso gli argini deboli della figura femminile. Mamme: ”Mamma, non tutte le madri amano i loro figli?” (pag. 97) a questa domanda non c’è risposta. Né per me né per Saverio STRATI del romanzo Mani vuote. Non so dare come la Nostra autrice una risposta tanto bella ed esemplare, alla fine del racconto, dalla figura emblematica della propria madre. Restano i chiari e gli oscuri segni di ogni diversità umana. La Foresta Madre è un intrigo di forze, a volte, anche misteriose. Non tutto è spiegabile. Non tutti i debiti possono essere pagati con una bellissima e commovente prova di scrittura come in questo caso. Gladys c’è riuscita. Qualcun altro aspetterà ancora.

Dicembre, 2008


Vincitori del premio "Democrazia nelle Regole"

www.democrazianelleregole.it è un'associazione di promozione sociale funzionale alla realizzazione di un obiettivo prioritario: la creazione di una cittadinanza maggiormente consapevole tanto dei propri diritti inviolabili quanto dei correlati doveri inderogabili; più edotta, dunque, del ruolo attivo che essa può svolgere nella Nazione in un contesto generale di legalità, rispetto reciproco, libertà e solidarietà. L'associazione bandisce annualmente un Concorso letterario nazionale.
I premiati del secondo concorso letterario “Dante i Libri …Le regole" sono:

Per la sezione Poesia:
Primo classificato , con “Preghiera di un venditore di borsette”, Rita Garzetti Chianese.
Secondo classificato, con “Frammenti”, Mariela Ramos Criscuoli.
Terzo classificato, con “Er vigile e er vu’ cumpra”, Alba Venditti.

Per la sezione Narrativa:
Primo classificato, con “Andate e ritorni”, Laura Vicenzi.
Secondo classificato, con “Figli di un cielo” Marco Managò.
Terzo classificato, con “La casa gialla”, Cristina Lastri.

La premiazione si terra durante il Cocktail per la Legalità che l’Associazione organizza a Roma il 19 dicembre 2008.


Visita il suo Spaces! Scopri le novità di Doretta…

venerdì 5 dicembre 2008

Cinquecentosettantotto parole compreso il titolo. In coda


di Marco Bottoni


- Attivazione procedura numero 578 di erogazione alcaloide liquido ad alta temperatura in dose singola. Check list di inizializzazione processo. Indicatore di volume:
- attivo.
- Indicatore di temperatura:
- attivo.
- Indicatore di densità:
- attivo.
- Opacimetro reflettometrico:
- attivo.
- Manometro flusso in entrata:
- attivo.
- Manometro flusso in uscita:
- attivo.
- Check list completata. Primo operatore prepararsi alla manovra di trasferimento polveri inerti.
- Primo operatore pronto.
- Secondo operatore prepararsi alla manovra di aggancio sistema a blocco statico.
- Secondo operatore pronto.
- Terzo operatore prepararsi alle manovre di starting di flusso componente liquida.
- Terzo operatore pronto.
- Supervisore di processo prepararsi a rilevazione e trasmissione dati.
- Supervisore pronto.
- Team operativo trasferimento materiali pronto ad attivarsi entro trenta secondi. Inizio count-down immediato in condizione on degli indicatori di avanzamento processo.
- Indicatori di avanzamento processo attivati e pronti.
- Rilevamento parametri e registrazione dati relativi al processo ai secondi 20 e 13; attivazione automatica.
- Sistema rilevamento parametri e registrazione attivato.
- Check list completata. Dare conferma assenza anomalie.
- Check list completata. Confermo assenza anomalie.
- Attivazione immediata: count down start. 30, 29…trasferimento polveri.
- Trasferimento polveri completato.
- Aggancio sistema a blocco statico.
- Sistema a blocco statico agganciato.
- Erogazione flusso componente liquida.
- Flusso componente liquida in erogazione.
- Rilevamento parametri al secondo 20; volume:
- Volume OK.
- Temperatura:
- Temperatura OK.
- Densità:
- Densità OK.
- Opacità:
- Opacità OK.
- Flusso in entrata:
- flusso in entrata pressione nel range.
- Flusso in uscita:
- Flusso in uscita pressione nel range.
- Rilevamento parametri OK. Team operativo trasferimento materiali attivo fra 18 secondi. Rapporto operatività strumenti di supporto.
- Supporto discoidale ceramico posizionato e pronto.
- Utensile metallico a bassa conduzione termica posizionato e pronto.
- Disaccaride cristalliforme predosato disponibile e pronto.
- Termine erogazione componente liquida entro cinque secondi. Team operativo prepararsi al trasferimento materiale a completamento count down.
- Team operativo pronto.
- Meno tre – due – uno: processo completato. Dare conferma rilevamento parametri di fine processo.
- Rilevamento parametri di fine processo OK. Esito di processo: nella norma.
- Esito di processo: OK. Autorizzo trasferimento materiale in stato di assetto controllato.
- Trasferimento materiale in stato di assetto controllato eseguito.
- Report condizioni materiale trasferito:
- Materiale trasferito in condizioni di assetto stabile.


- Supervisore al processo dare conferma di completamento processo.
- Supervisore conferma processo completato.
- Report anomalie di processo:
- report confermato negativo per anomalie.
- Attivazione dispositivo di rimozione automatica residui di processo.
- Dispositivo attivato e pronto.
- Dare conferma registrazione dati di termine processo a rimozione automatica completata.
- Registrazione dati di termine processo correttamente eseguita.
- Dichiaro processo completato in un minuto, 17 secondi e 22 centesimi.
- Confermo concordanza dati di durata del processo.
- Processo completato. Sistema operativo pronto per nuova attivazione.


- Bel lavoro, ragazzi! Complimenti a tutti!
- Grazie, e alla prossima!
- Alla prossima!


Non si placano le polemiche provocate dall’entrata in vigore delle nuove leggi riguardanti le procedure di preparazione, conservazione e distribuzione al pubblico di numerosi beni di consumo.
Gli esercenti lamentano l’eccessivo aggravio di oneri che determina inevitabilmente un incremento dei costi, mentre le associazioni dei Consumatori gridano allo scandalo sostenendo che la normativa, apprezzabile nei contenuti, ha dato il via a fenomeni speculativi che hanno provocato una impennata dei prezzi. Una tazzina di caffè al bar, oggi, costa in media 278 Euro.

mercoledì 3 dicembre 2008

Mimesi letteraria a Bologna 6 dic

Simone Felici ad Harissa 7 dic

L’Osteria di Harissa Via Tonini 16/a Rimini
Domenica 7 Dicembre ore 21.30

Presenta :
Brani da un manoscritto
di e con Simone Felici.
Tratti dalla raccolta di testi dal titolo “19 Agosto 2007”



“Il denaro è il flusso della collettività. Esiste.
Ma non esiste. Un po’ come lo spirito.
Il denaro è il grande spirito” da “19 Agosto 2007”


(la foto si riferisce a uno spettacolo giullaresco)

Senza fiato in Fibrosi Cistica-Italia

recensione di Guido Passini, scheda del libro qui

la rivista è scaricabile qui:
www.fibrosicistica.it/upload/users/file/FC-Italia_01.pdf

Fare pace a Venezia 5-8 dicembre


Latini e Crociani in Libromondo n. 12, 2008



schede dei libri Sorrisi da una Striscia in gabbia
L'Isola continentale

Un ringraziamento particolare a tutti coloro che hanno collaborato alla
realizzazione di questo numero della newsletter.
Ricordiamo a chi volesse segnalarci iniziative ed eventi riguardanti le
tematiche trattate dal nostro Centro di documentazione, di inviarci un
email all'indirizzo: libromondo@aifo01.191.it

Inoltre chi fosse interessato a ricevere aggiornamenti sulle iniziative
di cooperazione internazionale ed educazione alla mondialità che si
tengono nel savonese, è invitato ad iscriversi alla mailing list della
Provincia di Savona visitando la pagina web:
http://www.provincia.savona.it/Comunicazione/MailingList/iscrizione.asp


Grazie per l'attenzione,
Anna Maria Bertino
Davide Delbono

Centro di Documentazione "LIBROMONDO"

lunedì 1 dicembre 2008

Viaggiare con bisaccia & penna


Un NON CONCORSO letterario gratuito tutto da sperimentare - scad 15 gennaio 09- Prose, prose poetiche, racconti brevi ("corti"), un'iniziativa che si svolge nell'ambito delle attività di valorizzazione dell'itinerario storico-religioso della Via Francigena rivolta a scrittrici e scrittori di tutte le età che si misurino in un "viaggio" comune e corale.
Maggiori informazioni qui www.lietocolle.info o su www.sigerico.it

Proviamoci! bisaccia e penna... al lavoro!

redaz. LietoColle - www.lietocolle.com

Primo meeting dei media interculturali dell'Emilia Romagna




Venerdì 12 e Sabato 13 dicembre si tiene a Bologna il primo Meeting dei media interculturali dell’Emilia Romagna: “Ad alt(r)a voce”.
La due giorni vuole essere sia una vetrina per queste nuove presenze nell’editoria italiana così come un’occasione per ragionare, anche insieme a testate mainstream, su diversità e minoranze, ruolo dei media, stereotipizzazione dello straniero.

La prima giornata si terrà all'Oratorio San Filippo Neri, in via Manzoni 5. I lavori si apriranno alle 14 con i saluti delle autorità che saranno seguiti dalla presentazione della Rete dei Media Interculturali dell’Emilia Romagna. A seguire si discuterà invece del Protocollo deontologico sulla comunicazione interculturale, che verrà siglato in Regione, con i principali protagonisti, tra cui l’ordine dei giornalisti, il segrateriato Rai, la scuola di giornalismo di Bologna.
La sera, a partire dalle 20, il meeting si trasferirà all'Aterìa, in vicolo Broglio 1/E, e diventerà "Ad alt(r)a voce by night". Spazio dunque a cibi e bevande, a reading teatrali e alla musica dal vivo con il gruppo Les Hardonik.

Il sabato "Ad alt(r)a voce" si traferirà alla Cappella Farnese, Palazzo D' Accursio, in Piazza Maggiore 6. Dalle 10.30 si terrà una trasmissione radiofonica live in cui si discuterà di media e immigrazione con, tra gli altri, il direttore di Diario Massimo Rebotti, Valentina Loiero del Tg5, il direttore di Corriere.it Marco Pratellesi, Francesco Pasula del Sole24ore, Marcello Maneri dell’Università Bicocca di Milano.

Il Meeting è promosso dal Cospe in collaborazione con la Regione Emilia Romagna e la Rete dei Media Interculturali dell’Emilia Romagna.

Per il programma completo: www.mmc2000.net

Ionoltriamo ivito per l'importante due giorni che si terrà a bologna il 12 e 13
dicembre

p/Città Meticcia
fracesco bernabini

www.perglialtri.it/meticcia

Auguri in prosa e versi confezionati da Morena Fanti

ccoci qui di nuovo. Quest'anno la pagina natalizia è particolarmente bella (forse tutti gli anni si migliora?) e ricca di contributi. Ho chiesto a tanti amici di aiutarmi e, sembra impossibile, ma mi hanno ascoltata e mi hanno regalato questi loro testi "natalizi".
Come sapete io difficilmente scrivo per questa pagina - in passato sarà capitato due volte - e mi limito a 'confezionare' il tutto e a dare una veste colorata e accogliente, "rubando" grafica e colori qua e là in rete.
Spero di esserci riuscita (non a rubare, ma a colorare degnamente la pagina).

Lo "spirito natalizio" è cosa assai difficile da definire: credo che abbia significati diversi per ognuno di noi e credo perfino che questi significati cambino secondo il momento che stiamo vivendo.

Quando mi accingo a 'costruire' questa pagina penso sempre alla mia idea di Natale, quella idea che avevo e che ora non ho più così ben definita e che, comunque, racchiude l'idea della famiglia e dell'affetto vero, dell'amore. Fine. Non credo serva altro per fare Natale.

Allo stesso modo, quando vado in giro ad elemosinare contributi per questa pagina, non chiedo di ricevere Natali preconfezionati, non chiedo buonismo ad oltranza ed emozioni preconfezionate.

Chiedo il Natale così come lo vedono in quel momento. E questo Natale può contenere sentimenti alterni e anche contrastanti, ma è ciò che vorrei. Non credo nelle cose 'imposte'. credo nel vero, nell'immediato, l'istinto che fa sollevare la penna per scrivere una lettera, fosse anche d'insulti ma sinceri, credo nella mano che solleva il telefono e nel piede che offende gli stinchi ma lo fa con sentimento.

Perciò ecco il Natale che abbiamo confezionato in questo 2008 di grande confusione mondiale, di recessione e d'incertezza. E' stato un anno difficile e duro, pesante da digerire, ma mi piace pensare che tutti noi abbiamo tre cose da salvare. Su, almeno tre ci saranno, no?

D'altronde, se per Buzzati nemmeno il panettone bastò, a noi cosa potrebbe servire per sapere che è Natale?

[...] qui, nella bozza della pagina c'erano alcuni ringraziamenti che ora ho tolto perché siete in tanti e la lista diventerebbe troppo noiosa.

Vi ringrazio tutti, siete stati deliziosamente accondiscendenti con i miei capricci natalizi. Mi avete ascoltata anche se non avevate tempo e io mi sono sentita un po' in colpa (non è vero. sto mentendo per farvi contenti). Mentire, però, non si adatta al Natale... passatemi il panettone allora. E che la festa cominci!

Morena

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Su Il primato della pietà di Nino Di Paolo



recensione di Oreste Bonvicini

Racconti narrati due volte. Questa la sensazione colta durante una rilettura de Il primato della pietà. Due volte e non per parafrasare il narratore americano Hawthorne, benché l’inevitabile parallelo che porta ai quei racconti mi abbia consentito di cogliere questo aspetto recondito nelle pagine di Nino Di Paolo. Due volte insomma, in quanto alla prima parte chiaramente autobiografica, segue una seconda che sposa la cronaca quotidiana del cinquantennio in cui ci è stato dato vivere. E tanto mette in risalto l’autore in questi racconti più apertamente volti all’osservazione della realtà. E nell’osservare e trarne auspicio c’è la rabbia di chi si sente parte di una maggioranza impotente eppure parte di una società che ha scelto di gestire la cosa pubblica come strumento di tornaconto per pochi, generando disparità su disparità, a dispetto di un Novecento che, almeno in Europa, ha chiuso l’epoca delle ideologie e dei regimi autoritari che da esse inevitabilmente conseguirono. Ma qualcosa ancora qui non va, con il passato che ha lasciato impronte dei suoi errori nell’anima delle attuali generazioni, come un vento irriducibile, che se muta direzione, s’inforra, squassa le cime degli alberi, al contrario mai si cheta.
In realtà quando si chiude la copertina di questo moderno “ciclo dei vinti” eppure mai domi, ci domandiamo come e perché sia già concluso, mentre guardando oltre i vetri il mondo cammina, senza soluzione di continuità e la realtà supera ogni fantasia, e le parole divengono specchio del dolore che invade l’anima ed il cuore. Consola solo la speranza ovvero la fede, per domani o domani l’altro, quando la pietà e l’amore dovranno trionfare.
I racconti della seconda parte svelano inoltre la volontà dell’autore di guardare al mondo benché già evidente appaia la disillusione nei nostri giovani. Disillusi, talvolta depressi, sconfitti prima ancora di ingaggiare battaglia, ora dibattono temi importanti, ora fanno spallucce e via, vanno lontano da tutto e da tutti. E non sarà l’effetto recente dei media a dire quanti e per quanto ancora i nostri giovani, spesso i migliori, lasciano e lasceranno il paese non solo per studiare, ma anche per lavorare e credere ancora nel domani. E in una società organizzata secondo schemi di reciproco rispetto.

Ammesso ma non dimostrato che non esista verità obiettiva, i racconti di Nino Di Paolo hanno in corpo sangue e rabbia. Perché siamo figli di un tempo che nutriva idee ed ambizioni presto mitigate. Ed oggi, nel rischio sempre più concreto che la scienza e la tecnologia siano succedanei alla negatività delle ideologie tramontate di cui abbiamo già detto, rischiamo di banalizzare il pensiero travolgendo le istanze recenti del nostro cammino, volte a discernere una verità plausibile per acquisire la conoscenza.
Ci scopriamo insomma dinanzi a mille verità scomode che generate dalla società in rotta con se stessa, si svela immersa in un mondo capovolto, mentre prosegue la marcia nelle tenebre appena attenuate da rari bagliori di consapevolezza eppure accerchiata da quell’ignoranza che si identifica come fonte di errore, di non conoscenza svelando l’irrazionale sensazione di un disegno del maligno annodato tra le pieghe del mondo. E se da qualche parte si leva ancora solenne la voce che invoca la fede, nel puro segno del credo e della pietà, ci scopriamo spesso incapaci di alzare la testa verso il Golgota di pietre e sabbia.

"Esasperatismo al Gamen. Il Riscatto del Bidone"



Franco Santamaria
www.modulazioni.it
frasmari_fs@alice.it

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Collaboriamo tutti per una nuova umanità senza ingiustizie e violenze sull'uomo, sugli animali, sulla natura!

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COMUNICATO STAMPA

Napoli - Centro d'Arte e Cultura "Gamen"
Mercoledì 3 dicembre 2008, alle ore 17.30, a Napoli, presso il Centro d'Arte e Cultura "Gamen" in Via Pontenuovo 26, si inaugura la seconda mostra collettiva di pittura "Esasperatismo al Gamen. Il Riscatto del Bidone", organizzata da Adolfo Giuliani, fondatore del Movimento dell'Esasperatismo e direttore del Centro d'Arte e Cultura "Il Bidone" di Napoli (Via Salvator Rosa 159; cell. 338 5628365). Espongono gli artisti: Mario Barrotta, Stella D'Amico, Antonio De Chiara, Giuseppe Di Franco, Maria Rosaria Di Marco, Stefania Frigenti, Stelvio Gambardella, Rita Lepore, Michele Marciello,Carmine Meraviglia, Simona Mostrato, Susy Provenzale, Antonio Pugliese, Sandra Ravallese, Alfredo Sansone, Franco Santamaria, Anna Scopetta, Imma Sicurezza, Tavani, Florinda Laura Uttaro.
La mostra resterà aperta fino al 19 dicembre 2008.
Info: adolfogiuliani@libero.it, oppure cell.347 8172426
Allegato: Franco Santamaria, Sole rosso sul deserto
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Il Centro d'Arte e Cultura "Gamen" ospita dal 3 al 19 dicembre 2008 presso la sede di via Pontenuovo, 26, a Napoli, la seconda mostra collettiva di pittura "Esasperatismo al Gamen". Espongono gli artisti: Mario Barrotta, Stella D'Amico, Antonio De Chiara, Giuseppe Di Franco, Maria Rosaria Di Marco, Stefania Frigenti, Stelvio Gambardella, Rita Lepore, Michele Marciello,Carmine Meraviglia, Simona Mostrato, Susy Provenzale, Antonio Pugliese, Sandra Ravallese, Alfredo Sansone, Franco Santamaria, Anna Scopetta, Imma Sicurezza, Tavani, Florinda Laura Uttaro.
Inaugurazione: Mercoledì 3 dicembre, alle ore 17.30.
Nelle personali interpretazioni simbolistiche dell'icona del Bidone, gli artisti aderenti al Movimento dell'Esasperatismo hanno saputo cogliere di frequente quell'analogia con l'essere umano, che il fondatore Adolfo Giuliani aveva individuato osservando le vicende del contenitore originario, abbandonato in Via Salvator Rosa, quando iniziarono i lavori di costruzione della locale stazione della metropolitana di Napoli. La similitudine era nelle continue prove, sofferenze, negli strascinamenti ai quali era sottoposto e nelle ammaccature che gli erano inferte quotidianamente dagli esercenti e dagli automobilisti della zona, ciascuno dei quali se ne serviva quale dissuasore o come segnaposto, mortificando la sua naturale funzione di contenitore. Ad oltre un decennio di distanza da quell'intuizione, tanto acuta quanto singolare, quel Bidone si conferma la migliore metafora dell'uomo contemporaneo. Negli ultimi periodi l'uomo è stato profondamente mortificato nella sua mansione morale di depositario di valori e di esperienze da diffondere tra i suoi simili, e soprattutto tra le nuove generazioni, per essere continuamente sballottato in dei ruoli e in degli spazi nei quali non ha avuto il tempo di radicarsi e quindi anche di colmarsi di quella saggezza legata alla propria funzione, alla cultura che ne deriva e al territorio nel quale si opera, come invece era avvenuto con una certa regolarità per le altre generazioni del secondo novecento. Oggi l'essere umano, proprio come quel vecchio Bidone ispiratore del simbolo dell'Esasperatismo, è scosso dall'una all'altra posizione professionale, dall'una all'altra area geografica, in molti casi addirittura dall'uno all'altro nucleo familiare, con la grave conseguenza di acuire nell'uomo quel senso d'incertezza della vita e di alimentare una continua angoscia del futuro. Se quegli impropri utilizzi del contenitore lasciavano il segno nella sua struttura sotto forma di schiacciamenti, fenditure, striature, ossidazioni, l'utilizzo improprio di un'umana esistenza lascia segni indelebili nel nostro spirito. L'animo umano, alla stregua del metallo in cui è realizzato il Bidone, conserva i segni di tutti i colpi che la vita gli infligge. Delusioni, perdite, tradimenti, possono incidere fino a distorcerne la forma, come molti artisti aderenti all'Esasperatismo negli anni passati hanno saputo rappresentare, sul piano simbolico, nella rielaborazione dell'icona del movimento. Ma come è stato sempre precisato, sin dalla sua fondazione, il Movimento dell'Esasperatismo non può prescindere dalla speranza di recuperare quella dimensione umana che la civiltà del progresso ha finito per smarrire. Anche sotto il profilo fonetico, la denominazione Esasperatismo in qualche modo è assonante con la parola speranza. E la speranza è che proprio da quei torti subiti individualmente, si possa trarre la forza per rimuovere i colpi che sono stati inferti al genere umano, da atteggiamenti dissennati dei singoli come della stessa collegialità. L'impegno è che attraverso l'attività artistica del Movimento si possa contribuire alla costruzione di una rinnovata coscienza che recuperi la centralità dell'uomo rispetto alle stesse attività umane. Come già affermato in una precedente mostra collettiva dell'Esasperatismo, la decadenza che attualmente la civiltà moderna sta conoscendo a livello planetario, e nella quale la recessione economica è soltanto l'effetto di una ben più grave e profonda crisi dei valori che ha caratterizzato la società del progresso sfrenato, rappresenta per gli artisti aderenti un'opportunità irripetibile per storicizzare il Movimento. Il particolare momento storico che stiamo vivendo e che conferma tutte le intuizioni espresse nel Manifesto del 2000, induce con ogni probabilità a superare la prima fase dell'Esasperatismo, che è stata quella della denuncia, per aprire un nuovo periodo che sul piano dei contenuti potrà già rappresentare la speranza. La speranza di una nuova stagione per l'umanità, a cominciare dal nostro microcosmo, fatta di solidarietà, di lealtà, di rispetto verso il prossimo e per le regole di convivenza che ci siamo imposti. Al Bidone sia offerta un'occasione di riscatto, possa nuovamente assolvere alla sua originaria funzione di contenitore, contenitore di vita, di esperienze, di saggezza.